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La fascia, l’amore e il calcio: la dolce resilienza di Palma

Antonio Palma, esulta con la maglia dell'Alcione

Antonio Palma, Alcione, credit Photo Agency.AI

Mi è sempre piaciuto essere diverso. Diverso dagli altri”.

Non serve molto per capire Antonio Palma. Basta parlarci un po’, ascoltarne la voce. Pacata ma decisa, riflessiva e consapevole, mai sopra le righe, profonda. E attraversata da un profondo e onesto amore per il calcio.

Se io guardo il mio percorso io ho fallito”, raccontava a gianlucadimarzio.com. Nelle giovanili dell’Atalanta era considerato uno dei prospetti più importanti del calcio italiano. “non ho mantenuto le aspettative. Ma ho capito che valgo per la persona che sono, non per la categoria in cui gioco”.

La persona, prima del giocatore. Antonio l’ha compreso durante il suo viaggio. Perché si può essere felici e realizzati anche in modo diverso da come lo si era immaginato. Anche in una piccola squadra di Milano, portata dalla Serie D alla C.

All’Alcione la pagina più bella della sua rinascita. Una grande stagione con una promozione solo sfiorata due anni fa, poi campionato vinto e ora la Lega Pro. Tre vittorie consecutive, l’ultima con un suo gol. Palma è tornato a sentirsi Palma. Anzi, Totò. Con una fascia al braccio, il numero 10 sulle spalle e un futuro da genitore insieme alla sua Sara.

L’Atalanta, Giurisprudenza e Falcone

Che Antonio Palma non sia un giocatore comune lo si comprende in fretta. Il talento nel calcio, l’amore per lo studio e la laurea in Giurisprudenza, Falcone e Borsellino come riferimenti. Ma andiamo con ordine. Partiamo da quei due colori: il nero e l’azzurro. Da bambino lo vogliono Atalanta e Inter. Lui sceglie i bergamaschi. Un percorso che dura fino ai 19 anni. Nel mezzo una crescita che lo rende uno dei profili più attesi del panorama nazionale. Arriva anche l’esordio in Serie A, seguito dai prestiti in B e C. “In quel momento mi sono mancate un po’ di certezze, ho faticato a reagire”.

Stagioni non facili. Antonio rimane in piedi, anche grazie allo studio: “In qualche modo mi ha salvato”. C’è altro oltre al calcio. La laurea in Giurisprudenza, la passione per la scrittura, una scuola calcio aperta e dei riferimenti da seguire: “Falcone, Borsellino e Saviano”. Strano? No, diverso.

Antonio Palma, Alcione
Antonio Palma, Alcione, credit Photo Agency.AI

Una pagina arancio

All’Alcione ho riscoperto l’amore per questo sport”. Quell’amore che un po’ gli era mancato nel corso della carriera, perso tra il peso delle aspettative e una realtà diversa da quella sognata. Ma è “nei momenti di “fallimento” nascono i nostri successi, capendo gli errori. Il fallimento diventa un’opportunità e non la fine di qualcosa”. Resilienza. E quell’opportunità si è colorata di arancio. L’arancio dell’Alcione. Tornare a sentirsi importanti, tornare a sentirsi sé stessi. Un ruolo da protagonista nel viaggio che ha portato la squadra nei professionisti e che ora sta affrontando la Serie C.

Contro l’Arzignano il gol del vantaggio. Tre punti e terza vittoria consecutiva. Il 10 sulle spalle. Un 10 anche nella vita, trovando ogni giorno il positivo della vita. L’esultanza portando il pollice alla bocca, mimando un ciuccio. All’orizzonte c’è un futuro da genitore con la sua Sara. Amore, una volta ancora.