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La Pianese, il campetto con papà e le partite con Pazzini. La storia di Frey: “Ho reso la mia passione il mio lavoro”

Dianel Frey in azione con la maglia della Pianese . credit: Pianese - www.lacasadic.com

Dianel Frey in azione con la maglia della Pianese . credit: Pianese - www.lacasadic.com

Dal campetto al calcio professionistico: il racconto di Daniel Frey tra carriera, difficoltà e legame con il padre. 

Quando il DNA è lo stesso di un padre e uno zio protagonisti della storia del calcio italiano, è quasi inevitabile che il pattern sia lo stesso. Daniel Frey, le orme di famiglia, le sta seguendo alla lettera. Classe 2002, ora centrocampista alla Pianese, il “piccolo – non più da qualche tempo – di casa” è ormai cresciuto. E il gol, da appena entrato, all’88’ con il Pescara ne è la dimostrazione.

La sua storia ha avuto inizio in un campetto a Firenze: Quando ero bambino andavamo a giocare in questo posto con uno suo caro amico, Roberto. Mio padre si incappucciava e facevamo le partitelle lì. Una costante. Il campo da gioco è sempre stato casa per Daniel, e non solo: “mi piaceva tanto anche andare in spogliatoio: c’erano Luca Toni, Gilardino… Avevo un bel rapporto con tutti e li vedevo come idoli. In realtà mio papà di più rispetto agli altri (ride)”.

E i trucchi del mestiere li imparava anche in questo modo: “Pazzini veniva spesso a casa nostra. Al tempo era appena uscita una delle prime Play Station con FIFA. A me piaceva tanto giocare solo che “il Pazzo” non mi lasciava mai vincere una partita e io andavo a letto piangendo perché le partite finivano sempre 7 o 8 a zero.

Una volta asciugate le lacrime, quel bambino si guardava dentro. La delusione lasciava spazio alla smania di farcela e ora “quando ci sono momenti in cui sono tranquillo mi siedo e rifletto: sì, sognavo di fare questa vita. Da piccoli non si sa bene che strada intraprendere, ma ci sto riuscendo. Al me piccolo direi di tener duro e di essere positivo”.

Le tappe di Frey Junior

Dal campetto di Firenze, a palcoscenici diversi. Frey Junior è cresciuto in rossonero: “A Milano ero piccolo, sono arrivato a 10 anni e sono rimasto lì 4 anni. Quel periodo rimarrà sempre nel mio cuore e simpatizzo per il Milan anche per questo motivo. Poi il viaggio è proseguito a qualche chilometro di distanza: La parentesi al Chievo è stata speciale. I primi passi con i big li ho fatti al fianco di mio zio Nicolas. Lui giocava lì e a 17 anni mi allenavo con la prima squadra”.

L’approdo alla Cremonese nel 2021, poi il turno della Carrarese dove si è messo in mostra con 4 assist in 15 presenze, il Gubbio e la Pro Vercelli. Nel calcio professionistico ci naviga ormai da tempo, nonostante i suoi 22 anni. Ora è il turno della Pianese: Qui l’ambiente è sano. C’è umiltà nell’attitudine sia dentro che fuori dal campo. Sappiamo quello che dobbiamo fare e lo stiamo facendo bene”.

Daniel Frey in azione con la maglia della Pianese – credit: Pianese – www.lacasadic.com

Buon sangue non mente

Un infortunio lo ha costretto a rimanere fermo ai box per quasi due mesi “quindi non sono riuscito a trovare continuità. Ora voglio mettere la mia qualità a disposizione della squadra. E nella gara interna con il Pescara lo ha dimostrato: è entrato in campo e ha lasciato il suo marchio di fabbrica, quello decisivo, allo scadere del 90′. “Lo aspettavo da tempo, specie dopo questo momento di difficoltà”, ha confessato. Il gol è arrivato in una partita cruciale: lo terrò nel cuore.

E il messaggio di quel tifoso che lo portava nel campetto di Firenze non è tardato ad arrivare: Papà mi ha scritto subito: mi ha detto di continuare su questa strada e che sto dimostrando grande carattere, personalità e forza. Non è da tutti entrare in campo con quella cattiveria”. D’altronde è sempre stato questo l’obiettivo: rendere la mia passione il mio lavoro.