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Alla scoperta di Vavassori, nuovo gioiello dell’Atalanta. L’ex allenatore: “Arriverà in Serie A”

Dominic Vavassori, Atalanta B.C. Credit: Martina Cutrona

Dagli anni tra Buraghese e Tritium alle 7 stagioni nel vivaio dell’Atalanta. La storia del giovane attaccante raccontata dall’ex allenatore.

Talento, sorriso, piedi per terra. Si può descrivere così Dominic Vavassori, protagonista in questo inizio di stagione con l’Atalanta U23. Il classe 2006 italo-brasiliano ha già segnato 5 gol coi nerazzurri ed è stato a disposizione di Gasperini in Supercoppa Europea e in Serie A.

L’ultima gioia è arrivata in azzurro, col primo gol con l’Italia Under 20. Una sorpresa? Non per chi lo conosce fin da quando era bambino. È il caso di Valerio Colace, suo allenatore ai tempi della Tritium: “È stato con noi per 4 anni – ha raccontato ai microfoni de Lacasadic.comfin dal primo giorno ho pensato che potesse arrivare in Serie A”.

Sogno finora solo accarezzato, ma Valerio non ha dubbi: “Non so se arriverà in nazionale, ma in Serie A sì, gliel’ho sempre augurato”.

Buraghese, Tritium, Atalanta: il viaggio di un talento

Sono passati sette anni da quando quel bambino approdava nel vivaio dell’Atalanta. Ma i ricordi per Valerio sono indelebili: “È stato alla Tritium per 4 stagioni. Quando arrivò da noi, l’Atalanta stava osservando diversi giocatori e ci invitarono una domenica mattina a un allenamento congiunto in cui c’erano Atalanta, Tritium e Buraghese, squadra in cui giocava allora, allenata da suo padre. Noi con i 2005 battevamo tutti, ma con la Buraghese perdemmo 5-0 e ci accorgemmo di Dominic, che poi venne alla Tritium”.

In quattro anni la Tritium, storica squadra lombarda ora in Eccellenza, diventa la casa di Dominic. Fino al 2017, quando l’Atalanta si convince delle sue qualità: “Il nostro gruppo 2005 aveva tantissimi giocatori arrivati nei professionisti. Il percorso con me allenatore è durato tre anni, in cui l’Atalanta ci invitava a Zingonia per degli allenamenti congiunti tra i nostri 2005 e i loro pari età. In tutte le amichevoli facemmo molto bene e nell’ultima vincemmo noi 3-1 con doppietta di Dominic. Stefano Bonaccorso, responsabile dell’attività di base dell’Atalanta, mi chiese un consulto e da lì iniziarono le trattative serrate. La mamma di Dominic mi chiamava tutte le sere e anche il papà un giorno sì e un giorno no”.

I nerazzurri credono in lui e sono gli unici a farlo: “Dominic ha sempre avuto una caratteristica che non convinceva le squadre professionistiche: la fisicità. Però io che avevo la fortuna di allenarlo tutti i giorni continuavo a dire che era fuori categoria. Non ha geneticamente una famiglia dal fisico importante, ma ha sempre avuto dalla sua l’intelligenza e la scaltrezza”.

Quel bambino considerato troppo gracile diventerà un rimpianto per molte società: “Non si è mai lasciato abbattere, utilizzava sempre l’arma del sorriso, che non voleva dire sottovalutare gli impegni. Questa è sempre stata la sua forza e spero sia la sua arma da qui in avanti. Io ho allenato tanti ragazzi forti, ma Dominic ha delle caratteristiche innate che altri non hanno. Tecnica, fantasia, estro. All’epoca lo facevo giocare anche come difensore centrale e lui si divertiva a giocare in ruoli che lo mettessero in difficoltà”.

Un giovanissimo Dominic Vavassori ai tempi della Tritium

Il sorriso, la famiglia e il paese: nel mondo di Dominic Vavassori

Il suo è il sorriso di un ragazzo come tanti, legato fortemente a una famiglia che gli ha dato molto: “La sorellina Isabel faceva danza, poi sulle sue orme ha provato col calcio e adesso è la capitana dell’Atalanta femminile 2012. Dominic si è sempre reso conto di avere qualcosa in più, la sua grande capacità è stata quella di tenere i piedi ben piantati per terra. A un ragazzo di 16 o 17 anni magari succede di lasciarsi trasportare dalle fantasie. Lui ha una famiglia che lo ha sempre fatto studiare e non gli ha mai fatto perdere il contatto con la realtà. Ha anche la fortuna di avere un nonno che lo segue sempre e lo porta agli allenamenti. È una famiglia che per lui ha fatto sacrifici e ancora ne farà”.

Così, i successi raggiunti fin qui non gli hanno mai fatto dimenticare le sue origini: “È un ragazzo solare e sempre sorridente. L’ho visto quest’estate alla festa del suo paese, Ornago, dove la sua famiglia dà una mano. Lui stesso era dietro al bancone a servire. Ha la fortuna di essere partito da quel gruppo della Buraghese 2005, in cui tutti sono andati tra i professionisti. Con questi amici andava anche all’oratorio o a scuola e ha condiviso lo stesso percorso. Non c’è stato lo scollamento del gruppetto, hanno sempre condiviso questa passione e si sono sempre trovati sui campi. Tutti sono rimasti legati al territorio in maniera naturale”.

Certe cose non cambiano mai e già in quel bambino c’era molto di quello che ancora oggi è Dominic dentro e fuori dal campo: “Lo notavi perché era piccolino ma non stava mai fermo, lo vedevi da una parte del campo e dieci secondi dopo era dalla parte opposta. Aveva tecnica, un cambio di passo impressionante e, nonostante fosse piccolo, non perdeva mai un contrasto. La cosa unica di Dominic poi era il sorriso. Faceva tutto in maniera naturale. Anche se andava a cento all’ora per lui era un allenamento in cui in una scala da 1 a 10 si sforzava 4”.

Così si è arrivati fino all’inizio di questa stagione: “Adesso è cambiato grazie tanti allenatori che lo hanno fatto crescere. La cosa che mi ha stupito è che sia arrivato tardissimo in nazionale. Forse anche lì non erano convinti della sua fisicità, però ha qualcosa in più”. Qualità che potevano portarlo lontano dall’Italia: “In estate ha avuto offerte importanti dall’estero. Sono contento che abbia deciso di restare, sicuramente consigliato bene dalle persone che ha intorno”. Motivazioni che lo hanno tenuto all’Atalanta, dove ora il suo talento sta brillando, candidandosi per un posto in prima squadra. Ma ora Dominic pensa solo a giocare e, come sempre, a sorridere.