Home » “Senza calcio non so stare”. Semplice e spontaneo, Bernat Guiu

“Senza calcio non so stare”. Semplice e spontaneo, Bernat Guiu

Bernat Guiu - Virtus Entella - Credit: Virtus Entella - www.lacasadic.com

Bernat Guiu - Virtus Entella - Credit: Virtus Entella - www.lacasadic.com

Girando per Chiavari potreste trovarlo per le vie con un pallone o attaccato a una rete a guardare dei ragazzi che giocano.

La persona di Bernat Guiu si riassume un po’ in quelle immagini. La semplicità e la passione per lo sport che vive in lui da sempre. “Quando abbiamo dei giorni liberi il mio primo pensiero è di prendere una palla. Non so stare senza calcio”. Calmo, convinto, concentrato. Consapevole del proprio percorso e dei propri obiettivi. Suoi e della sua Virtus Entella.

Un legame indissolubile con le sue origini. Lo si sente nella sua voce, in cui riecheggiano l’orgoglio e il carattere della Catalogna. Una crescita graduale, quella avuta in Italia. “Venire qua è stata una mia decisione. Non è stato semplice all’inizio, ma era la scelta giusta per me”.

Nella sua storia ci sono le partite con i fratelli e un’amichevole con il Barcellona, l’idea di un tatuaggio e l’idolo Lionel Messi. C’è la spontaneità di un ragazzo. Puro nei modi e nella passione per quel pallone, in campo estroverso e imprevedibile.

Un dribbling e una corsa tra le vie e il mare di Chiavari, con un sogno: “La Serie B con la Virtus Entella”.

Origini

Si è figli delle proprie origini. Forse ancor di più se si nasce e cresce in Catalogna. La memoria torna “alle partite con i miei fratelli. È il mio primo ricordo di questo sport”. Il calcio, una questione di famiglia: “Loro giocavano, mio padre allenava… il pallone era di casa”. Un legame, quello con la famiglia, unico: “Per me è tutto. Ho un rapporto molto stretto con i miei fratelli, ci sentiamo tutti i giorni”. Bernat cresce, con lui c’è sempre quel pallone. Diverse le immagini: “Avevo 15 anni e mio fratello giocava nella prima squadra del mio paese. Mi chiamarono per una partita dei playoff, segnai il gol decisivo per la promozione”.

A 17 anni mi ha preso il Gimnàstic de Tarragona per giocare in Primavera. Il primo anno ho faticato, mi sono dovuto abituare a una realtà professionista con livelli più alti”. Da lì alla prima squadra, con un ricordo speciale: “Un’amichevole con il Barcellona”. Guiu incontra il suo idolo, Leo Messi: “Emozione indescrivibile. Ho scambiato la maglia con Coutinho”. E quella di Leo? “Era già stata chiesta da tanti altri”.

Bernat Guiu - Virtus Entella - Credit: Virtus Entella - www.lacasadic.com
Bernat Guiu – Virtus Entella – Credit: Virtus Entella – www.lacasadic.com

Percorsi italiani

La chiamata dall’Italia: “Appena me l’ha detto il procuratore ho detto di sì. Volevo cambiare, vivere una nuova esperienza”. Un inizio non semplice. L’addio alla Spagna, la lontananza dalla famiglia e l’arrivo alla Pergolettese: “Mi mancava, è stata dura nei primi mesi. L’arrivo della mia ragazza mi ha aiutato. Ci sono stati dei giorni in cui mi chiedevo se fosse stata la scelta giusta”. Sacrifici da fare per raggiungere un sogno. Dal primo anno per capire un calcio completamente diverso da quello spagnolo, allo scorso immagine della consapevolezza e della maturità raggiunta da Bernat.

Alla fine della scorsa stagione ho deciso di voler compiere uno step ulteriore per la mia carriera”. In estate diverse chiamate, una arriva da Chiavari: “Il progetto della Virtus Entella mi ha convinto fin da subito”. Serietà e ambizione. Ma focaccia e pesto hanno influito? “No no (ride ndr)”. Un gruppo “unito che sta lavorando per fare qualcosa di importante. Mi sono integrato bene, sia in città che in squadra”.

Sogni

Cerco di rubare qualcosa a ogni attaccante, non ho un riferimento preciso”. A parte Leo: “Naturalmente. Ma lui è irraggiungibile”. A proposito, Bernat ha festeggiato di più per il Mondiale vinto dall’Argentina o per il successo della Spagna all’Europeo? “Non ci sono dubbi, per il Mondiale. Mi sono commosso quel giorno. Per noi catalani Messi rappresenta quasi un Dio”. Tanto da tatuarselo: “Probabilmente lo farò”.

Gli occhi tornano al presente. C’è un campionato da giocare, con un obiettivo da dire sottovoce: “Nel nostro girone ci sono tante squadre forti e attrezzate che sono partite con l’obiettivo di vincere il campionato. Noi ci impegniamo ogni giorno, pensiamo partita dopo partita. Vedremo dove arriveremo. Passa tutto dal lavoro. E sogno di arrivare in Serie A”. È tempo di salutarsi. Il viaggio continua, sempre con quel pallone: “È la mia vita“.