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Il coraggio del numero dieci, Selvini: “Salveremo la Lucchese, qui ho imparato tante cose”

Alessandro Selvini / Credit: Maurizio Silva-Gazzetta Lucchese / www.lacasadic.com

Alessandro Selvini / Credit: Maurizio Silva-Gazzetta Lucchese / www.lacasadic.com

Il calciatore rossonero si è raccontato ai microfoni de LaCasadiC.com. 

Immaginate di avere poco più di 20 anni, di essere alla vostra prima vera esperienza tra i professionisti e di indossare la maglia numero dieci. Personalità, certo, ma anche tanta voglia di provare a costruire qualcosa di nuovo o di diverso. E adesso provate a pensare se tutte queste cose fossero immerse magari in un mare di difficoltà, senza certezze, navigando a vista di giorno in giorno. Un po’ come il percorso di Alessandro Selvini, tra gli ultimi trascinatori di una Lucchese intenzionata a portare a termine un’altra impresa: “Sto cercando di fare di tutto per la squadra, questa per me è la stagione della continuità. Dal punto di vista sportivo sono sicuramente contento”. 

Sorrisi e prime soddisfazioni che devono però fare i conti con una situazione complessa dal punto di vista societario: “Tutti sanno cosa sta succedendo qui, come squadra cercheremo di fare il massimo fino alla fine perché siamo professionisti. Vogliamo la salvezza e lotteremo per ottenerla, questo club non merita di vivere una situazione del genere”. Un giovane sognatore che è dovuto crescere in fretta: “Sono esperienze che ti fanno maturare, adesso ho molta più consapevolezza. Quando sono arrivato a Lucca in estate ero un bambino, andrò via da uomo. Ho capito tante cose”. 

Gruppo. Forse è questa la parola che più risuona negli ambienti rossoneri, uno sguardo o un abbraccio prima di una nuova ‘battaglia’. Soli, ma insieme: “Nello spogliatoio tutti cercano di dare una spinta in più alla causa, soprattutto i più esperti danno davvero tanti consigli. Io devo ringraziare Magnaghi, gli dico sempre che prima o poi dovrò dedicargli una statuta (ride, ndr). Mi sta dando una mano incredibile sia dentro che fuori dal campo, aiutandomi a intraprendere la strada giusta”. 

E poi la magia, perché alla fine tutto passa quando quel pallone inizia a rotolare: “A fine allenamento mi fermo spesso con lui per provare i tiri da fuori, cerco di rubargli qualcosa perché è uno dei suoi punti di forza”. 

Numeri e legami

Diciassette e dieci. Il primo numero riporta all’età dell’esordio in Serie B, e quindi tra i professionisti, il secondo sta invece accompagnando Alessandro nel suo anno a Lucca: “Ricordo bene la mia prima partita con i ‘grandi’, era il giorno di Pordenone-Frosinone. A fine primo tempo Grosso rientra negli spogliatoi, mi guarda e ripete a voce alta di prepararmi perché sarei entrato in campo. Sono diventato bianco e ho pensato, adesso cosa faccio? Mi ha spiazzato perché non me lo sarei mai aspettato. Avevo solo 17 anni e lo ringrazierò a vita per l’opportunità che mi ha regalato”. E quella sana incertezza, dettata dall’età, con il tempo si è poi trasformata in sicurezza: “Quando sono arrivato alla Lucchese il numero dieci era libero, non ci ho pensato un attimo. Prima ho chiesto un parere ai veterani della squadra, e consapevole del peso ho scelto comunque di indossarlo”. 

Ma non può passare inosservato nemmeno quel particolare filo conduttore che lo riporta alle origini, ritrovato durante la sua avventura in Toscana: “La presenza di Gorgone ha influito sicuramente sulla mia scelta. Abbiamo lavorato insieme al Frosinone, vincendo anche il campionato di Primavera 2. Ho un rapporto straordinario con lui, mi dà sempre tanti consigli e mi spinge a sfruttare al massimo le mie qualità. Lo ammiro per quello che sta facendo, è sempre andato avanti a testa alta nonostante le critiche iniziali”. Nel mezzo, però, anche i primi incontri speciali: “Ho conosciuto Totti nel momento in cui ha aperto la sua agenzia sportiva, ci siamo visti di persona dopo una prima telefonata. Per me è stato un sogno perché sia io che la mia famiglia tifiamo Roma”. 

Alessandro Selvini / Credit: Maurizio Silva-Gazzetta Lucchese / www.lacasadic.com
Alessandro Selvini / Credit: Maurizio Silva-Gazzetta Lucchese / www.lacasadic.com

Esultanze

Se dovessi rivolgermi all’Alessandro bambino gli direi di non mollare un secondo, perché tutto è possibile”. Crederci sempre, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili. Spinto da una passione infinita: “Ho cominciato a giocare a calcio all’età di sei anni insieme a mio fratello Antonio, mi piaceva fare gol. Ma inizialmente lo vedevo come un divertimento e non come un possibile lavoro. Poi la svolta: “Nell’Under 13 del Frosinone arrivai a segnare circa 52 gol, e da quel momento in poi non mi sono più fermato”. E di strada ne ha fatta Alessandro, come testimonia la prima doppietta tra i professionisti: “È il momento più bello della mia carriera. In occasione del rigore sono andato subito alla ricerca della palla, ero sicuro che avrei segnato“.

Ma a proposito di gol: “Esulto sempre mimando le corna, lo facevo da piccolo con mio zio. Lui e un mio amico mi chiamano ‘toro’ e quindi ho deciso di farla mia anche in campo. E poi è anche un richiamo al mio idolo, Lautaro Martinez”. Rituali che, proprio nella sfida con il Campobasso, hanno subito una piccola modifica: “Ero andato a pranzo con Magnaghi e la sua famiglia, da lì è nata una scommessa. In caso di gol avrei dovuto fare il violino. Ha portato bene visto che ne ho messi a segno due (ride, ndr)”. Poi una promessa: “A fine stagione tornerò a Frosinone con tante certezze in più”. Saper cogliere sorrisi e insegnamenti anche nelle difficoltà. Passaggi di una storia che, per Alessandro Selvini, sarà comunque indimenticabile.