Sangue argentino, cuore italiano. I due mondi di Nahuel Valentini: “Ho realizzato il mio sogno”

Nahuel Valentini / Credit: Sestri Levante
Il difensore del Sestri Levante si è raccontato ai microfoni de LaCasadiC.com
Rosario, Argentina, 19 dicembre 1971. Si sta giocando il derby tra Rosario Central e Newell’s Old Boys, valido per la semifinale di Primera Division. Aldo Pedro Poy segna in tuffo, di testa, e regala la vittoria ai suoi. “La Palomita di Poy” verrà soprannominata in un secondo momento, prima di trasformarsi in un appuntamento praticamente annuale per i tifosi ‘rosarini’. Ed è forse la fotografia più nitida dell’importanza rivestita dal match tra le due squadre della città argentina. “Non ricordo adesso quale sia l’età di Poy, ma tutti gli anni i tifosi del Rosario gli fanno replicare quel gol. Ancora ce la fa”(ride, ndr). A parlare è Nahuel Valentini, difensore del Sestri Levante, cresciuto tra le vie di Rosario e con i colori del Central cuciti sulla pelle.
“Ho vestito la maglia del Rosario a partire dall’età di sei anni -afferma il calciatore argentino-, ho fatto tutta la trafila fino ad arrivare in prima squadra. Per noi il derby contro il Newell’s è tutto, se ne parla prima e dopo la partita. In campo si vive come se fosse una vera battaglia”, dichiara ai microfoni de LaCasadiC.com. E pensare che l’esordio tra i professionisti è coinciso proprio con la gara più importante dell’anno. “Avevo 19 anni -ricorda-, e la mia prima volta tra i ‘grandi’ fu proprio nel derby. Giocai da terzino destro (ride, ndr), io che invece sono sempre stato un difensore centrale. Mi tremavano le gambe”. Ed è proprio in quelle prime volte, quando da bambino inizia a giocare con la maglia del Central, che conosce anche uno dei più grandi talenti del calcio argentino. “Di Maria è di Rosario, proprio come me. Siamo stati compagni di squadra -rivela- all’interno del settore giovanile”.
Un’avventura che nasconde anche un aneddoto particolare. “Quando avevamo 15/16 anni non era considerato titolare. In Argentina, a livello giovanile, ci sono due campionati: quello della città dove risiede la squadra e quello nazionale. Non fu convocato per quest’ultimo. L’allenatore, successivamente, gli chiese scusa più volte perché si rese conto che era davvero forte. A quel punto però non poteva più inserirlo in lista”. Un eterno filo rosso, quello che lega Nahuel al Rosario, che nasce già in famiglia. “Mio papà lavorava come preparatore atletico nello staff della formazione Primavera. Io sono cresciuto giocando a calcio per strada, e proprio a pochi metri di distanza dal centro sportivo del Central. Per fortuna direi, perché proprio per questo motivo mia mamma si fidava a farmi uscire da solo (ride, ndr). Lo vedevo come un sogno, per noi argentini questo sport è un po’ una cultura”.
E lo si intuisce anche quando Valentini parla di uno dei momenti più difficili della sua carriera. “La retrocessione in Serie B ha rappresentato un vero dramma, ricordo che non uscì di casa per una settimana. Portavo il peso di essere retrocesso con la mia squadra del cuore”. Lacrime che presto hanno fatto spazio a una bella rivincita. “Il ritorno in Serie A è stata una grande liberazione -afferma-, era stata una stagione emotivamente difficile. E l’ultimo gol che ho fatto, prima di andare via, lo porterò nel cuore per sempre. Da lì, infatti, nasce il mio viaggio verso l’Europa, o meglio l’Italia”. Un viaggio che saprà regalargli legami forti.
‘Petaco’
“Da piccolo mi piaceva tanto Horacio Carbonari, giocava con il Rosario. L’avevano soprannominato ‘Petaco’, calciava delle punizioni incredibili -ricorda Valentini-, crescendo è stato poi attribuito a me perché avevamo lo stesso ruolo e numero di maglia”. Ma gli idoli, o i punti di riferimento, sono stati in realtà diversi. “Ammiravo Maldini, Nesta o Heinze, guardavo tanto calcio europeo e sognavo di giocare in Serie A”. E sarà il Livorno a dargli questa opportunità. “Avevo appena vinto il campionato con il Central e si palesò questa opzione. Accettai subito”.
Un’avventura, quella italiana, condita da momenti indimenticabili. È il 16 dicembre 2015, Roma e Spezia sono in campo per gli ottavi di finale di Coppa Italia.“Quella partita -afferma il difensore del Sestri Levante-, mi ha fatto vivere emozioni incredibili. In campo c’era gente come Dzeko o Salah, vincere quel match è stato un po’ come rivivere la famosa storia della Bibbia in cui Davide batte Golia. Ogni tanto mi capita anche di riguardare le foto di quella magnifica giornata”. Una citazione non casuale, perché tra Nahuel e la fede persiste un rapporto intenso e sincero. “Cerco di vivere un rapporto reale con Dio. È la strada che seguo quando sono in difficoltà -dichiara l’argentino-, ‘Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica’. È un versetto contenuto nella lettera ai Filippesi e l’ho spesso applicato al calcio. Mi aiuta a pensare che in ognuno di noi ci sia la forza necessaria per affrontare le sfide che la vita ci mette davanti”.

Legami
Nell’ultima vittoria del suo Sestri Levante, intanto, c’è stata anche la sua firma. “Pensa che la mia prima doppietta in carriera l’ho realizzata proprio contro il Pescara (ride, ndr). Ci voleva questo risultato. Ho trovato una passione pazzesca, è una realtà piccola che ci tiene tanto. Il presidente -ribadisce-, è molto presente. Vedere i nostri tifosi a Campobasso mi ha emozionato, abbiamo una grande responsabilità verso questa città. Magari a fine campionato organizziamo un asado per festeggiare”. E tornando indietro, forse, avrebbe fatto qualche scelta diversa. “Chi dice di non avere rimpianti mente. Sicuramente non avrei mai lasciato lo Spezia per andare a Oviedo, mi trovavo bene con l’ambiente. Ho trascorso un anno difficile”. Sul futuro, invece, il pensiero è netto. “Vorrei ancora giocare, penso intanto a godermi questo momento, ma di sicuro mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio. Ho già conseguito il patentino di allenatore UEFA B -rivela-, partirei volentieri dai settori giovanili”.
Le tappe finali ci riportano poi al legame forte e puro con l’Italia. “Amo questo Paese, e mia moglie è italiana. Quindi è stato tutto più semplice (ride, ndr). Ci sono tante affinità tra argentini e italiani”. Mentre fuori dal campo la vita di Valentini è assolutamente scandita dalla musica. “Suono chitarra e tastiera, e ascolto soprattutto brani Gospel. Ma sono anche un grande fan di Masterchef e Sanremo”. E quindi il Fantasanremo…“Sì, l’ho fatto (ride, ndr). Il mio capitano era Giorgia, ma è andata male”. E se dovesse rivolgersi al Nahuel bambino. “Gli direi di stare sereno, odiavo perdere (ride, ndr). Ma ho capito che tutto è realizzabile se lavori con dedizione”. Dalle strade di Rosario al sogno europeo. L’amore per il Central e l’Italia, spinto sempre da un’unica grande passione: il calcio.