Dopo l’aritmetica promozione, la Juve Stabia si prepara ad affrontare al meglio il finale di stagione. Le ultime tre partite di regular season e la Supercoppa di categoria con Cesena e Mantova prima dell’estate, che porterà con sè il ritorno in Serie B. Il presidente Andrea Langella è tornato a parlare a proposito proprio del campionato vinto, con un’intervista rilasciata a Tuttosport. Di seguito le sue parole.
Quella della Juve Stabia è stata una cavalcata iniziata già da settembre, nonostante a inizio stagione l’unico obiettivo predicato dalla società fosse la salvezza. Dopo il decimo posto dello scorso anno, i gialloblù sono stati, per la costanza avuta, una rivelazione di questo campionato: “Se penso a quello che spendono club come Benevento e Avellino sicuramente sì, siamo stati la grande sorpresa. Il nostro budget era un decimo del loro. La vittoria è il frutto del lavoro, la resa della busta paga: io ho dato ai miei giocatori quanto promesso e loro me l’hanno restituito sul campo. Poi certo il calcio non è scienza, matematica: ci sono le maglie sudate, la voglia di combattere, di vedere la nostra gente che scende in strada e festeggia. Tutto questo fa la differenza in uno sport dove c’è un pallone che rotola e non è detto che vada dove tu pensi“.
Il presidente ha raccontato la scelta su Guido Pagliuca in panchina, legata a un aneddoto particolare: “Aveva fatto benissimo alla Lucchese con una squadra di giovani, meno al Siena con giocatori esperti. Benissimo: io volevo proprio costruire una Juve Stabia giovane e sbarazzina. Lo chiamai che era sul trattore, lui è un uomo di campo in tutti i sensi. Mi disse che doveva finire un lavoro e che non appena fosse sceso dal trattore mi avrebbe richiamato. Mi colpì anche quello“.
Oltre che dell’allenatore, il numero uno della Juve Stabia ha voluto parlare anche del ds Matteo Lovisa, un altro volto della promozione: “Avevo già scelto un altro direttore poi mi arriva una telefonata di un amico e mi dice di provare a fare due chiacchiere con questo ragazzo, che aveva già fatto calcio a Pordenone con la famiglia ottenendo la B, ma che voleva mettersi in gioco in un altro ambiente. L’ho incontrato a Ischia dove entrambi stavamo ritirando un premio: gli dissi che avevo già scelto l’allenatore e che non gli avrei rivelato il nome, accettò a scatola chiusa. Vidi in lui la voglia di arrivare, la fame giusta“.
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