Un arcobaleno di colori, di luci, illumina il cielo di Imola al 57′ minuto di Imolese-Carrarese. La firma? Andrea Luci, capitano dei toscani. “Gol importante, è il mio primo a Carrara. Non segnavo da qualche anno e mi mancava, è la cosa più bella che c’è nel calcio”. Ve lo presentiamo così capitan Luci, un ragazzo anzi un uomo dai mille valori che si emoziona e si diverte ancora a 36 anni a giocare allo sport più bello del mondo. Una seconda giovinezza in quel di Carrara, dopo una vita a Livorno: “Lo scorso anno ho fatto di tutto per restare lì. Ho avuto l’occasione di venire qui e non ci ho pensato due volte. Mi ha chiamato mister Baldini e ho accettato subito. Spero di ottenere grandissimi risultati”.
Lasciare casa propria non è mai facile, specie quando si tratta di abbandonare posti del cuore: “Ho provato grossa tristezza al momento dell’addio e ho fatto di tutto per rimanerci. Sono tifoso del Livorno, ho dato tutto per quella maglia. Ora spero che possano tornare il prima possibile nelle categorie che gli competono”. Spazio ai ricordi, la voce trema un po’ e l’emozione è tangibile: “Un ricordo incredibile è la promozione in Serie A, un sogno difendere quei colori nel massimo campionato italiano. Tra i ricordi più brutti invece c’è sicuramente la tragedia di Mario Morosini, ero in campo quel giorno, è stato davvero straziante”. Un sospiro, qualche secondo di silenzio. Inevitabile.
Poi torniamo all’intervista e chiediamo a Luci qualche retroscena sulla sua Livorno: “Ho avuto la possibilità di tornare quest’estate, ma avevo un contratto con la Carrarese. Mi hanno dato fiducia e sarei stato male a fare un torto”.
Cuore di capitano Andrea Luci, innamorato perso del Livorno. Lui, un ragazzo di Piombino, con la fascia al braccio rappresentando la grande città a pochi chilometri da casa sua: “La passione che si respira a Livorno è incredibile. Magari non tutti vanno allo stadio, ma parlano di continuo del Livorno Calcio. Mi sono innamorato subito di questa cosa”.
Una vita da leader dello spogliatoio, passando da Livorno alla Carrarese, sempre con la fascia al braccio: “Sono uno che ha sempre parlato poco. Non ho mai fatto discorsi, ho cercato di dare l’esempio. Sia in campo che fuori. Questa penso sia la mia qualità maggiore, cerco di trasmetterla a tutti i giovani che vedo in prima squadra”. Ritorniamo alle emozioni ed entriamo nel personale parlando del rapporto con suo figlio, affetto da una grave patologia: “Sto vivendo da 6/7 anni consapevole di come sta mio figlio. Con mia moglie cerchiamo di fargli fare una vita normale il più possibile. Il calcio mi ha dato la forza e nello stesso ho trovato persone che mi hanno aiutato. Questo è il mio lavoro e continuerò a farlo anche per lui. Voglio fargli fare una vita normale”. Cuore incredibile, capitano vero, uomo vero: a tutto Andrea, uno che le Luci non vuole mai spegnerle.
A cura di Francesco Marra Cutrupi.
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