Il primo tentativo non è andato a buon fine. Mentre provavamo a metterci in contatto con Matteo Angeli, infatti, un problema di…rete ha interrotto momentaneamente la conversazione: “Perché non sono abituato in realtà, sono un difensore!”. A rispondere è proprio Matteo. Che scherza, è felice dopo il secondo gol stagionale (e in assoluto in carriera) con la sua Imolese. Ma non fa voli pindarici il giovane arrivato in Emilia Romagna lo scorso anno, quando la società era ancora sotto la gestione della famiglia Spagnoli. Classe 2002, ma in realtà già molto più esperto di quel che “afferma” la carta di identità. In campo e fuori.
“Sicuramente è un motivo di grande orgoglio aver segnato il gol vittoria a Teramo e quello ad Olbia nell’ultima giornata“, ci racconta Angeli in esclusiva. “Sono contento, ma non per quello che ho fatto e sto facendo io. A rendermi felice è il momento della squadra. Non vince solo il giocatore ma tutto il gruppo. Non dico che preferisco un salvataggio sulla linea rispetto ad un gol, anche perchè il gol ti fa restare lì, nel tabellino, e le persone se ne ricordano. Ma sicuramente l’emozione, alla fine, è quasi la stessa”.
L’Imolese, intanto, ha ricominciato a volare dopo due sconfitte consecutive. Il successo con l’Olbia è risultato fondamentale e ha dato la possibilità alla squadra allenata da Fontana di rinsaldare la propria posizione nella griglia play-off. “Questa squadra ha tutto per far bene, l’allenatore è incredibile e la società è forte. L’obiettivo primario è quello di salvarsi il prima possibile, però credo che abbiamo le potenzialità per ambire a qualcosa di più. Mi aiuta tanto avere la fortuna di giocare con persone come Rinaldi, Vona ed altri compagni. Anche quando non parlano hanno qualcosa da insegnare e da trasmettermi. Mi stanno facendo crescere tanto, forse non lo sanno neanche loro quello che mi stanno dando realmente. Hanno carisma, personalità, sia dentro che fuori dal campo”.
Predestinato potrebbe essere l’aggettivo giusto per questo ragazzo. Il settore giovanile del Milan, la parentesi Torino ed ora la consacrazione all’Imolese. Nel mezzo, diversi allenamenti a Milanello con la prima squadra rossonera. Una vera e propria università. “A Torino ho giocato abbastanza poco, ero piccolo e sono rimasto lì soltanto sei mesi. Il Milan, invece, mi ha dato tanto: essendo più grande, in rossonero ho appreso maggiori nozioni e imparato di più. Mi hanno insegnato la disciplina e dato la possibilità di allenarmi in prima squadra con calciatori incredibili. Un’emozione unica, allenarti con campioni di un certo tipo ti porta a dare il massimo, non sai mai se può ricapitarti poi nel corso della carriera. Ricordo che c’erano Romagnoli, Gabbia, Kjaer, da poco era arrivato Duarte. Non ho avuto il tempo di instaurare grossi rapporti, però in campo cercavo di rubare il più possibile a questi professionisti incredibili”. E, aggiungiamo noi, potrebbe esserci davvero riuscito…
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