Il senso dell’equilibrio. Angeli: “Sogno la Serie A, dipende tutto da me”
Matteo Angeli, difensore del Bologna, interessa al Catanzaro, che ne sta trattando il prestito. Una stagione da protagonista con il Renate con 42 presenze e 5 gol e ora il possibile salto in B. Questa l’intervista al classe 2002 di qualche mese fa ai microfoni de LaCasadiC.
Sul concetto di equilibrio si muove la nostra esistenza. Nella sua ricerca, nella sua conquista mai definitiva, nella fatica nel renderlo costante. Nella vita. Nel calcio Un delicato confine. “L’equilibrio e la capacità di mantenerlo devi averceli dentro”. Nella voce, le sfumature della gioventù. Nel senso di queste parole, la maturità di un uomo. Tonalità che colorano il presente. Sfumature di un futuro che è già chiaro. Il volto è quello di Matteo Angeli, difensore centrale classe 2002 del Renate. Una stretta di mano, un sorriso sul volto. Ha finito da poco l’allenamento: “Massacranti (ride ndr)”. Ci si siede al tavolo. Poi c’è spazio solo per il racconto. Nel mezzo ricordi, riflessioni, obiettivi e sogni. “Dipende tutto da me”. Lucidità e coscienza. L’umiltà combinata alla sicurezza, senza cadere nella superbia. “Il mio viaggio è partito da Cuneo”. Il Milan, i 7 gol in Serie C con l’Imolese, il Bologna e ora il Renate. Contro il Sangiuliano il primo gol in campionato. Lo sguardo che guarda il futuro. L’orizzonte ha i tratti della Serie A. Voce e sguardi di Matteo Angeli, il numero 4 del Renate. Istantanee di una consapevole maturità.
Partire
Il pallone come compagno. Si parte da Cuneo, poi una parentesi di qualche mese al Torino e due anni al Milan, da tifoso rossonero: “Arrivata la chiamata, ho accettato subito. In quel periodo ho compreso la grandezza della società”. Con lui Lorenzo Colombo: “Fortissimo, lo preferivo a Esposito”. La prima esperienza lontano da casa: “Sei costretto a diventare grande. Mi ha cambiato molto”. Poi l’addio: “Ci fermiamo per il Covid. A fine stagione arriva la chiamata”. “Matteo, se dovessi rimanere sareste tanti in difesa”. Passaggi di vita che scandiscono le tappe della sua crescita. La consapevolezza di una storia che è finita. La consapevolezza di dover compiere un nuovo passo. Necessario, decisivo.
Scegliere. Scegliere significa decidere. Decidere implica lasciarsi qualcosa alle spalle. Rischi calcolati se sai cosa vuoi diventare. Questione di scelte. Era il momento del salto nel mondo dei grandi: “Un altro calcio. È stata una mia decisione. Prima fai questo passaggio meglio è.”. Altre regole, altre dinamiche: “Nelle giovanili non ti giochi niente, un sorriso dopo la partita. In C ti giochi la vita”. Crescere. Come calciatore, come persona.
Sicurezza
La prima stagione a Imola iniziata con le tante panchine: “Ho sempre cercato di impegnarmi al massimo. Lavoro e sacrificio”. Poi l’opportunità data da Catalano e un posto da titolare mai più lasciato. L’anno successivo 7 gol realizzati in campionato e punto fermo della squadra. Confermarsi e migliorarsi. “Non me lo aspettavo. Dopo la prima rete è scattato qualcosa. Il gol lo cerchi, lo vuoi. Sai che la palla arriverà a te”. Mentalità. “Cresce l’autostima. Cambiano le prestazioni. Assumi sicurezza”. Già, la sicurezza: “Senza che questa si trasformi in presunzione. La differenza è grande”. Sicurezza e presunzione. Un delicato confine, due direzioni opposte. Matteo ha sempre saputo quale scegliere. La stella polare? “L’equilibrio”. La consapevolezza di chi si è e di dove si vuole arrivare. L’intelligenza di seguire il proprio percorso con umiltà. “È fondamentale avere la testa giusta”. Diventare grandi, presto. Conoscere il significato del sacrificio. Apprezzare la fatica della crescita. “Trovare una stabilità. Nelle emozioni, nel pensiero, nel comportamento”.
Il sogno di Angeli
“Già a gennaio si parlava della possibilità di lasciare Imola. C’era la Juventus e qualche altra squadra di B”. Nulla di fatto. Arriva giugno. Un messaggio dal procuratore: “Hellas o Bologna”. La scelta ricade sui rossoblù. La firma e il ritiro: “Emozioni uniche. Un sogno realizzato”. Senza abbandonarsi, naturalmente, al fascino dell’irrazionale. Equilibrio. Il gol in amichevole, gli allenamenti e le panchine negli stadi di Serie A: “Un grande gruppo. Ho imparato tanto dai consigli di Medel e De Silvestri. Arnautovic il più forte”. Il contatto con Sinisa Mihajlovic: “L’ho vissuto poco”. Con il Bologna le prime panchine in Serie A. Magia. Il Dall’Ara, l’Olimpico e San Siro, contro il suo Milan. Un cerchio che si chiude. Si apre una nuova pagina: “Quando entri, vivi emozioni uniche”. Stadio pieno, i cori dei tifosi: “Ricordo ancora ‘Pioli is on fire’, vibrazioni clamorose”. Un effetto diverso, quello che si crea a San Siro. Per tutti. Un altro sport per atmosfera e ambiente: “Skorupski ricordo che a fine partita disse che durante il match aveva evitato di parlare. Lo avrebbe coperto la voce del pubblico”.
Consapevolezza
A fine agosto si va in prestito: “Il procuratore mi dice che in B nessuno mi cercava perché ero troppo basso, giovane e non ero adatto per una difesa a 4”. Delusione. Ripartenza. Angeli torna in C: “Così sono arrivato a Renate”. Al suo fianco il procuratore Giovanni Bia. Figura importante, punto di riferimento: “Abbiamo costruito un rapporto fondamentale per la mia carriera”. Fiducia e confronto: “Mi ha aiutato nella scelta di andare in C dopo l’esperienza al Milan”. Tutelare il proprio assistito. Garantirgli il miglior futuro possibile: “Mi ha sempre protetto dalle voci del mercato, parlandomi solo delle trattative effettive e concrete”. Un viaggio insieme.
Ora per Angeli la scelta di Renate: “Un gruppo incredibile”. Dalla A alla C, con l’umiltà di chi sa comprendere l’importanza che può celarsi in un apparente passo indietro: “Ho un forte spirito di adattamento”. Capire dove si è per continuare a disegnarsi il percorso. Opportunità di crescita. In panchina Andrea Dossena: “Un grande allenatore. Andiamo in campo e sappiamo cosa fare”. Il presente di Matteo Angeli si chiama Renate. E nella partita di Coppa Italia contro il Mantova è arrivato anche il primo gol in stagione.
Riferimenti
Uno il giocatore a cui ispirarsi. Eleganza e classe. Abituato a vincere. Sergio Ramos: “Il difensore perfetto”. La passione per lo sport, in particolare l’NBA: “Curry mi fa impazzire”. Due cuffiette alle orecchie: “Adoro ascoltare musica”. Sulla pelle un tatuaggio che bacia ad ogni gol: “Sono le iniziali della mia famiglia”. Già, la famiglia. Legami inscindibili: “Ho dei genitori che mi hanno insegnato tanto. Mio fratello e mia sorella, le zie, i nonni. Rapporti unici”. All’orizzonte il sogno della Serie A: “So che è difficile, ma dipende tutto da quello che c’è dentro di me. La differenza la fanno la testa e la forza di volontà”. Il calcio dentro, nel suo senso più profondo. Significati ed essenze.
Restare ancorati alla “verità effettuale della cosa”, come insegnava Niccolò Machiavelli, senza abbandonarsi e farsi attrarre dalle fascinazioni e dall’emotività degli istanti. Ricercare l’equilibrio e la stabilità. Nonostante le gratificazioni effimere e la fugacità di un mondo, qual è quello del calcio, che vive di attimi istantanei e abituato a dimenticarsi in fretta dei suoi attori. Matteo è diverso. Matteo vuole lasciare un segno. Duraturo, indelebile. Ha deciso il suo destino. Lo costruisce, ogni giorno. Il “suo” equilibrio la stella polare. A lezione dal numero 4. La firma, Matteo Angeli.
A cura di Nicolò Franceschin