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L’Hellas con Jorginho, il Mantova, l’idea di smettere e l’Arezzo: Guccione, un papà “nel pallone”

Sorrisi. Non c’è descrizione migliore per spiegare chi sia Filippo Guccione. Non esiste un’immagine nella quale l’esterno destro dell’Arezzo non appaia così. Con quell’espressione gioiosa e sincera. Quella di un calciatore che realizza una tripletta? Come accade al classe 1992 nella partita contro la Fermana? Sì, anche, ma non solo. Quello di Guccione è il sorriso di chi ama quello che fa e che ne coglie a fondo il valore e il significato. Consapevole del percorso che genera quei sorrisi. Oggi ben visibili e impreziositi dalla soddisfazione personale, ma non scontati. Sono il frutto di sacrifici e ambizioni spesso soffocate dalle circostanze. Che portano ad arrendersi e rinunciare anche solo a sognare. Ci torneremo. La forza d’animo e l’affetto di chi ci circonda saranno l’ancora di salvezza che imprimerà la spinta per riprendere a navigare. Filippo Guccione, una carriera cercata, persa e ritrovata: la forza dei sentimenti.

Credit: S.S. Arezzo

Guccione e la tripletta “perfetta” contro la Fermana

Tre: il numero perfetto. Una regola che non vale solo nel pensiero della Scuola di Pitagora, ma in qualsiasi contesto. Dubbi? Non di certo per Filippo Guccione, ala destra dell’Arezzo, che intorno a quel numero costruisce uno dei pomeriggi più gratificanti della sua recente esperienza calcistica. Fermana-Arezzo = Guccione al cubo. L’equazione che riassume il match tra marchigiani e toscani. Il giocatore classe 1992 si erge a protagonista della sfida. E lo diventa nel modo più naturale e soddisfacente che un calciatore possa immaginare: segnando. Tripletta, vittoria degli amaranto e pallone sotto il braccio. Una giornata a dir poco perfetta per l’ex Pro Sesto che con questa exploit si porta a quota 5 gol in stagione. Un avvio di campionato difficile da pronosticare anche per lui che arriva in Toscana dopo quattro anni speciali nella sua Mantova.

Dove indossa la fascia di capitano e instaura un forte e intenso legame con tutto l’ambiente. Lui, che nella terra dei Gonzaga nasce e cresce sempre con la stessa ambizione: giocare a calcio. Di fare di quel pallone la sua vita. Dal piccolo comune di Ostiglia fino alla nuova esperienza ad Arezzo. La carriera di Guccione è costernata di vicende che, vuoi o non vuoi, influiscono in maniera netta sulla sua crescita. La continua ricerca di stimoli, di riferimenti ai quali aggrapparsi per non smettere di rincorrere la propria realizzazione. Mamma e papà: i fari sempre accesi e presenti. Le luci inconfondibili di un viaggio avvolto dalla nebbia dei dubbi e delle insicurezze che continueranno a brillare a indicare la rotta. Il primo pensiero quando l’arbitro fischia tre volte in quel di Fermo. La famiglia che oggi assume anche altri visi, altre sfaccettature, ma che rimane l’ossatura portante del Filippo uomo e professionista. Sempre nel segno di un numero: il tre. Perché, in fondo, è il numero perfetto.

Dagli inizi all’Hellas con Jorginho all’Eccellenza fino al pensiero di mollare tutto

Tre: il numero della memoria. La metafisica inquadra questa cifra come il centro; la chiave dell’emisfero sinistro della mente. La zona del cervello nella quale risiedono i ricordi. Negativi e positivi. Quelli utili per valutare la strada intrapresa. Per confrontarsi con la realtà e chissà, magari farsi anche una risata ripensando agli ostacoli del passato. Così ci piace immaginare Filippo Guccione. Sorridente e felice per quello che è il suo presente. Possibile grazie alla piena consapevolezza di quello che accade qualche anno prima. Nel 2014, quando dopo un prolungato periodo da svincolato, iniziano a barcamenarsi per la testa i pensieri di addio. Smettere. Mollare tutto e ripartire da qualcos’altro. Salutare per sempre sogni, desideri e promesse con sé stesso. L’ultima esperienza prima del “black out totale” – come lo definisce Guccione stesso (LEGGI QUI) – lo vede protagonista di un’importante scalata dalla Serie D alla Serie C2 con il Bassano. In quel Veneto che per Filippo è fonte di calcio.

L’origine del suo legame con il pallone. Le giovanili dell’Hellas Verona la porta d’ingresso. Gli scambi di passaggi con un giovane centrocampista di origini brasiliane, ma dal sentimento tanto italiano da condurlo sul tetto d’Europa la cornice di un quadro che raffigura un periodo formativo e spensierato: Jorginho. Il trasferimento al Cerea per guadagnarsi la fascia di capitano della Rappresentativa Serie D e sbancare come miglior marcatore della squadra al Torneo di Viareggio. Prestazioni, giocate raffinate e risultati che valgono il passo più importante. Quello verso il calcio professionistico. Con il Casale nel 2012 è Lega Pro 2. Seguiranno stagioni altalenanti fino a quel 2014. Quando la mente si trascina in un’unica direzione. Il buio davanti a sé. La demoralizzazione, l’attribuzione di colpe a sé stesso e il fisico che si lascia andare portano alla desolazione. Guccione medita di salutare il calcio. Ma non viceversa.

Credit: S.S. Arezzo

La famiglia, il Mantova e quel “cambio di ruolo” che segna la svolta

Tre significa razionalità. Consapevolezza e piena percezione della realtà. Gli occhi dell’attaccante vedono qualcosa di fuorviante. Il pensiero di smettere non rispecchia il suo desiderio. Il calcio è tutto. E per riconquistare questa concezione serve trovare i supporti giusti. Quelli non scardinabili. Che ci saranno sempre. La banalità della necessità di tornare a divertirsi. Anzi, a sorridere facendo quello che ama come giocare a calcio. Magari ricominciando dall’Eccellenza anche se la carta d’identità riporta 24 anni. Oppure nella più profonda e intensa presa di coscienza di ritrovarsi a dover svolgere il più difficile dei ruoli. Ma che rimane per Filippo il più bello mai rivestito. E il campo non c’entra. Quello di genitore. La nascita del figlio è la molla decisiva. Responsabilità, amore e ambizioni ritrovate.

Guccione torna a correre e inventare fra i campi dell’Oppeano e del Vigasio. Un anno e mezzo per tornare in condizione e ricostruire quello spirito battagliero che lo accompagna di tempi del Casaleone. L’ingaggio della Pro Sesto per due anni è la dimostrazione di una relazione col pallone interrotta, ma mai finita. 68 presenze, 28 gol e la promozione in Serie C a Sesto San Giovanni sono la scorta verso la parentesi professionale e morale più bella: Mantova. Consacrazione? Forse. Per Guccione il riconoscimento più significativo. Quattro stagioni consecutive sul prato del Martelli, oltre 130 presenze, 45 gol e 26 assist. E una fascia di capitano che, oggi, è cucita nel cuore e non sul braccio. Nel mezzo il ritorno in Lega Pro nella stagione 2019-2020 insieme alla nascita e al rafforzamento di legami di amicizia che colorano lo sfondo. Ganz e “WallCheddira sono ciò che rimane dell’esperienza più dolce. Uno, due…tre Filippo Guccione: la forza dei sentimenti al servizio dell’Arezzo.

Alvise Gualtieri

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