“Si gioca molto meno per strada. Ed è lì cresce che la fantasia. Nei settori giovanili si dovrebbe pensare meno all’aspetto fisico e più al coltivare la qualità”, parola di Luca Belcastro. Ruolo? Trequartista. Professione? Fantasista. L’idolo Iniesta. E capiremo il motivo. Classe 1991, è partito dalle strade della Calabria, cresciuto nella Juventus, ora gioca nel Trento, nono a quota 24 punti nel Girone A di Serie C. Estro e giocate al servizio dei suoi compagni. Sì, al servizio perché “essere un giocatore di qualità vuol dire essere un supporto per gli altri. Significa assumersi delle responsabilità in più. Nelle giocate, nel cercar palla, nel provare il dribbling”. Una carriera costruita nel solco tracciato da due principi: la fantasia, appunto, e il sacrificio. Da Del Piero agli insegnamenti di Dionisi. Dalle difficoltà ai campionati vinti. La storia di Luca Belcastro. Il fantasista romantico. Gemma rara della nostra epoca.
Nella memoria l’immagine di un giovane ragazzo, cresciuto con il pallone tra le strade e i campi di calcio calabresi, pronto a scrivere il suo futuro. “Sono partito a 14 anni”, direzione Torino, sponda bianconera. Un sogno per uno juventino: “Surreale”. Il settore giovanile fino alla Primavera con Immobile: “Era uguale ad adesso. Testa dura e tanta fame”. I due vincono il Viareggio: “Eravamo una squadra forte. Oltre a Ciro c’erano Pinsoglio, Marrone e Iago Falque”. Belcastro è una dei giocatori centrali in quella Juventus. 4 i gol segnati nel Torneo. L’emozione della vittoria: “Ricordo con piacere la finale. Sugli spalti c’erano anche i miei genitori”.
Poi le esperienze con la prima squadra. Tanti gli allenamenti. La tournée americana il ricordo più bello: “A Toronto giocai titolare contro la Fiorentina di Prandelli e Jovetic. All’inizio pensavo di aver capito male”. E, invece, era tutto vero: “Io a centrocampo. Del Piero, Amauri e Diego in attacco”. Già, il capitano: “Giocava con una semplicità disarmante. E poi era una persona formidabile. Umile, sempre disposto a parlare e consigliare. Un campione in tutto”.
Cadute e risalite. Questione di mentalità. Se si osserva la carriera di Belcastro, lo si comprende bene. Si comprende come nella vita le variabili possano essere tante. Inaspettate. “Dopo la Juventus ho fatto quattro anni a Carrara. Il presidente era Buffon”, racconta Luca. La proprietà nuova fa scelte diverse. Poi Viterbese, Imolese e Trento. Tappe diverse. Tante le cose in comune. Per tre volte Luca scende in D e per tre volte vince il campionato al primo anno, portando le sue squadre in C. Maturità e voglia. Voglia di ripartire e di dimostrare: “Mentalmente non è stato facile. La testa diventa fondamentale per affrontare ciò che ti succede. Sei te a dover indirizzare la tua strada”. Come? “Umiltà, sacrificio e lavoro”. Tre campionati. La forza di saper ripartire.
A Imola tanti ricordi positivi. Dopo sei mesi fuori rosa a Viterbo, la prima stagione con l’Imolese. 15 gol e promozione in C. Il ritorno tra i professionisti è speciale: “Eravamo un gruppo fantastico. Ancora oggi abbiamo una chat su WhatsApp e ci vediamo a Cervia in estate”. Questo grazie anche all’allenatore di quella stagione: Alessio Dionisi. “Fa sembrare semplice ciò che in realtà è difficile. È preparato sotto ogni punto di vista. Idee e gestione del gruppo”, ricorda Belcastro. Una, in particolare, la qualità principale: “Il dialogo. Una persona disponibile a parlare con ogni giocatore e che ha sempre voglia di imparare”. Con lui e lo staff “un legame profondo”. E in questo Sassuolo a chi assomiglia Belcastro? “Raspadori. Per gioco, impegno e duttilità”. Dopo Imola, l’arrivo a Trento: “Ero senza contratto. Arrivai a ottobre. Dimostrare il mio valore era il mio obiettivo, ancora una volta“. E Belcastro si ripete: “Vincemmo la D”. Merito anche del Trento e di Trento: “Qui sto bene. La società è seria e la città è fantastica”.
Il fascino del fantasista romantico. Uno degli ultimi. Perché, anche se rari, esistono ancora, i fantasisti. Resistono. Illuminano. Essere un fantasista è un modo, appunto, d’essere. Una scelta, una visione del campo e del mondo. E noi glielo abbiamo chiesto com’è il calcio visto con i suoi occhi: “Per me il calcio è sacrificio e fantasia. Ora mi annoio un po’ a vedere le partite. Manca creatività”. E non potrebbe essere per altrimenti per uno che la fantasia ce l’ha nel sangue, negli occhi, nei pensieri. Perché la fantasia è così. Ti permette di esplorare e vedere realtà e dimensioni nascoste, agli altri sconosciute. E con le sue parole, Luca Belcastro ci ha transportato (portare oltre, utilizzando l’etimologia latina) e raccontato qualche sfumatura del suo mondo. Maturità ed esperienza. Ma con quell’entusiasmo di quel bambino che giocava per strada. Perché è lì che è iniziato tutto. È lì che è nata la fantasia. La fantasia del fantasista romantico, Luca Belcastro.
A cura di Nicolò Franceschin
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