Vi abbiamo raccontato dell’arrivo a Catania di Marcos Curado, il primo argentino dell’era Pelligra. Un acquisto che, inevitabilmente, ci riporta con la testa a più di dieci anni fa. A quel tempo, di argentini il Catania ne aveva diversi a disposizione. Una vera e propria colonia dell’albiceleste in Serie A, che fece divertire i tifosi rossazzurri e non solo. L’apice si toccò nella stagione 2010/11, in cui il Catania contava in rosa ben tredici argentini e anche l’allenatore.
Un’altra caratteristica di Curado che ha il sapore di deja vù è il passato all’Arsenal de Sarandì. Nell’estate del 2010 un altro ex di questo club sbarcò in Sicilia, diventando simbolo del Catania. Arrivava dal San Lorenzo, un giovanotto alto 1,67 che quando partiva palla al piede era spesso imprendibile. Oggi tutto il mondo lo chiama “Papu“, allora qualcuno lo chiamava ancora col suo nome di battesimo, Alejandro: ma in campo era già devastante. A Catania Gomez rimase fino al 2013, totalizzando ben 111 presenze con 18 gol e 17 assist. Un talento cristallino che rischiò di perdersi andando in Ucraina al Metalist. Il ritorno in Italia con l’Atalanta e le vittorie di Mondiale e Copa America con l’Albiceleste ci hanno confermato che il Papu Gomez era più che una promessa non mantenuta.
Un anno più anziano del Papu, arrivato a Catania l’anno prima. Maxi Lopez era un talento purissimo che in Sicilia trovò le migliori stagioni della sua carriera. Aveva alle spalle le esperienze da giovanissimo con River Plate e Barcellona, con cui aveva collezionato partite in Liga e in Champions League: vinta nel 2006. In maglia blaugrana la concorrenza era, però, alta. Messi e Ronaldinho prevalevano, giusto per dirne due di nomi. Fu, quindi, a Catania che divenne protagonista. Non a caso, è quella rossazzurra la maglia con cui ha giocato e segnato di più, con 83 partite e 27 gol in tre stagioni e mezzo. Ha giocato e segnato poi anche con altre maglie, ma mai come quando con la sua lunga chioma bionda faceva innamorare Cibali.
Bergessio arrivò nel gennaio 2011, rimanendo fino al 2014. Fu un altro degli attaccanti argentini che fece innamorare i tifosi rossazzurri a suon di gol. Anche per lui i numeri parlano da soli: 113 partite, 37 gol e 14 assist. Provò a replicarsi in Italia alla Sampdoria ma non vi riuscì. Fu l’unica altra squadra italiana in cui giocò, rifiutando in diverse occasioni il Palermo per amore del suo Catania. Decise allora di tornare dall’altra parte dell’oceano, dove oggi, a 39 anni, gioca ancora al Tristan Suarez in Serie B argentina.
Nella stagione ’10/’11 a Catania giocò solo due partite in Coppa Italia, partendo poi in prestito. Le annate in cui il suo talento si impose furono le tre successive. Simile al Papu per ruolo e caratteristiche, un centrocampista offensivo in grado di fare praticamente tutto, non ha avuto le sue stesse fortune in carriera. A Catania però non si dimenticano dei suoi lampi, un giocatore di fantasia che spesso era in grado di cambiare le sorti delle partite. Insieme al Papu incantò la Serie A seminando il panico sulla trequarti. Non a caso Pietro Lo Monaco, AD del club di allora, lo prese puntandoci fortemente nonostante un grave infortunio e lo definì spesso “il calcio”, perché espressione della pura poesia del gioco. Dopo gli anni a Catania non ha mai più giocato in Europa. Vinse comunque una Libertadores col San Lorenzo, trofeo forse più adatto al suo talento sregolato e discontinuo.
Dopo tanti attaccanti, ecco anche un centrocampista centrale. Mariano Izco u tra i protagonisti di quel bellissimo Catania, ma non solo. Dopo la prima lunghissima avventura dal 2006 al 2014, decise di tornare nel 2020. Dopo aver vissuto il paradiso, è stato disposto a scendere all’inferno col suo Catania, giocando per due stagioni in Serie C da capitano. L’obiettivo di tornare in alto insieme fu negato dall’ultimo fallimento del club, che ne ha separato le strade. Niente può, però, cancellare 258 partite con questa maglia per uno dei suoi fedelissimi.
Altro fedelissimo del Catania dal 2009. Vi rimase, infatti, fino al gennaio 2015. Indossò anche la fascia di capitano, diventando sempre più idolo dei tifosi. Gli anni in Sicilia furono i migliori della sua carriera. In una squadra che funzionava alla grande, lui fu sempre al suo posto al centro della difesa. Rimase anche quando la squadra si avviava alla fine del suo ciclo, terminato con la retrocessione in Serie B. Passò poi alla Roma, prima di Carpi, Chievo, Genoa e Crotone. In Italia, fino al suo ritiro, non ha più trovato tifosi che lo ricoprissero d’affetto come accaduto negli anni a Catania.
Non si può che concludere con lui, Diego Pablo Simeone, che quella squadra la allenò per sei mesi nel 2011. Fu il trampolino di lancio verso una carriera in cui ha vinto di tutto in panchina, entrando e diventando leggenda dell’Atletico Madrid. Nonostante siano passati 12 anni, oggi ci si ricorda ancora del suo Catania: un club indimenticabile.
Oltre ai già citati c’erano molti altri argentini agli ordini del cholo: Andujar, Carboni, Silvestre, Ledesma, Llama, Ricchiuti e Alvarez. Una piccola nazionale, che anche dopo l’addio di Simeone continuò a far divertire i tifosi rossazzurri ma non solo. Erano anni d’oro per il Catania, che ancora adesso vengono ricordati con nostalgia. Chissà che Pelligra con l’acquisto di Curado non speri di ridare inizio al rapporto magico tra Catania e l’Albiceleste.
A cura di Simone Solenghi
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