Capuano racconta i suoi Catania-Palermo: “Piazze da A. Certe sfide le senti dentro”
Il derby di Sicilia numero ottantasette tra Catania e Palermo si avvicina, trascinando con sé la solita meravigliosa atmosfera fatta di calore, passione e senso di appartenenza. Un turbinio di emozioni talmente intenso e particolare da travolgere in maniera indelebile anche chi, sul territorio, era arrivato solo per professione, quella del difensore: “La Sicilia, soprattutto Catania è la mia seconda casa. Con gli amici ricordo spesso le battaglie vissute in giro per l’Italia con quelle gloriose maglie. Giocare al sud certe sfide è diverso, lo si fa perché lo si sente dentro. Gioca la gente nel vero senso della parola: domenica al Massimino sarà spettacolo”. Ce lo racconta Ciro Capuano, napoletano di nascita e siciliano d’adozione. Lui che sulla A19 Palermo-Catania ha plasmato la sua storia calcistica con159 partite in nove anni tra rosanero prima (2006/09) e rossazzurro poi (2009/15).
Capuano, Palermo trampolino per sognare
Il cammino sull’isola dell’ex difensore campano inizia così nel 2006, anno che lo vide sbarcare al Barbera e vivere due stagioni e mezzo piene di soddisfazioni. “Palermo per me è stata una piazza importante. Ricordo soprattutto il primo anno perché arrivammo quinti sfiorando la Champions- Giocavamo in una cornice che esibiva un muro rosa di 40mila persone ed eravamo una squadra coi fiocchi”. I nomi, da Amauri a Cavani non mentono, anche se Ciro non ha dubbi. “Il più forte era sicuramente Miccoli, gli altri avevano enorme potenziale ed hanno fatto un gran lavoro col tempo, valorizzati dal bravissimo Guidolin, uno che con i giovani ci ha sempre visto lungo. Il ricordo più bello? Ne scelgo due: la trasferta a Firenze del 29 ottobre 2006 (vittoria per 3-2) ed il gol all’Ascoli di pochi mesi più tardi che mi permise di segnare la rete numero 700 della storia del club”.
Catania fra lotta e passione
Se l’avventura a Palermo gli ha fatto assaggiare grandi palcoscenici, Catania per Capuano significa soltanto una parola: orgoglio. “Il rossazzurro per me rappresenta la lotta: penso anzitutto alla salvezza raggiunta con Mihajlovic, alla quale credevano soltanto lui, il presidente e Lo Monaco. Penso al mio bel gol a San Siro nel pareggio con il Milan, alle numerose vittorie sulle grandi. Il tifoso deve ripartire da questi elementi ed essere consapevole della sua storia. Guardarla sempre con fierezza”. Una storia che parla anche sudamericano: “Far sentire gli argentini a casa era premura e motivo di grande soddisfazione per tutti. L’esplosione del Papu Gómez me l’aspettavo, così come quella di Barrientos che ai tempi era più pronto. Il talento traboccava perché la società lavorava benissimo. Sento spesso Almiron, Spolli e Carboni. Il fatto che qualcuno di loro viva ancora lì è simbolo di un legame forte e mai spezzato”. Lo stesso legame che per Ciro Capuano passa inevitabilmente attraverso i derby: “Cito Il 2-0 del 2010, doppietta di Maxi Lopez ,con un Massimino sempre pieno d’amore e soprattutto il precedente 0-4 del 2009 giocato in trasferta: sono stati due match incredibili. Peppe Mascara ha tirato fuori una traiettoria meravigliosa, emozionante e difficile da spiegare. In generale queste sono piazze da Serie A”.
Capuano, gli occhi sul presente
Il presente però racconta una realtà diversa. E se il Palermo – dopo il fallimento del 2019 – sembra finalmente vedere la luce (secondo dietro solo al Bari), lo stesso non si può dire per il Catania, alle prese da troppo tempo con problemi extra campo: “A Palermo ripartire dopo il fallimento l’ho trovato sensato. Sono tornati top dopo tre anni e adesso è sfida aperta col Bari per la vetta. Anche a Catania occorre trovare una soluzione definitiva per guardare al futuro e spazzare via le costanti incertezze. Spero sempre si salvi perché Baldini e i suoi stanno dando tutto ed il pubblico lì è speciale. Quella tra Moro e Brunori poi è una sfida affascinante, sono due attaccanti già attualmente di categoria superiore”. Capuano ci tiene poi a fare un appello: “Ero in campo quel maledetto 2 febbraio 2007 quando l’ispettore Raciti perse la vita. Mi auguro che certe scene non si ripetano mai più. Spero che entrambe le tifoserie si abbraccino a fine partita, anche per mandare un bel segnale dopo le recenti belle iniziative verso Catania durante l’alluvione. Lo sfottò deve esserci ma il calcio rappresenta rispetto e sani valori”.
A cura di Damiano Tucci.