Catania-Palermo è un derby che per un siciliano ha praticamente lo stesso sapore del Clásico tra Real Madrid e Barcellona. La partita infatti, prima che sul campo, si gioca quotidianamente su più fronti: lo scontro culinario (con la diatriba arancino/arancina ancora irrisolta nonostante l’intervento dei linguisti) ed il confronto sul differente stile di vita, che secondo il celebre scrittore Giuseppe Fava vede una Catania ‘febbrile, sfottente e litigiosa’ a fronte di una Palermo più ‘appagata, ironica e malinconica’. Proprio queste sfaccettature sul campo hanno dato vita a grandi battaglie fra altrettanto grandi giocatori (i vari Toni, Ilicic, Dybala, Gómez Mascara, Vargas) ed allenatori (Guidolin, Rossi, Mihajlovic, Simeone).
“Ricordo perfettamente il 4-0 con Simeone ed il 2-0 con Montella. Cioè il mio primo derby e quello del mio primo gol sotto la Sud. Un’emozione indimenticabile.” Ce lo racconta Francesco Lodi. Lui che di derby ne ha giocati e vinti. Lui che sentiva salire l’adrenalina giorno dopo giorno. Quanto è difficile restare lucidi. Parole sincere, cariche, vive.
3…2…1 Azione! Siamo al minuto 43 di un primo tempo già senza storia. É il primo marzo 2009 ed il Catania allenato da Zenga sta asfaltando il Palermo di Ballardini con le reti di Ledesma e Morimoto. L’azione a metà campo pare irrilevante ma dopo l’ottima sponda proprio del giapponese accade l’incredibile: Mascara, senza neanche darsi il tempo di controllare la palla, disegna infatti una traiettoria imparabile che di puro istinto batte Amelia e fa il giro del mondo, arrivando, probabilmente persino…a Tonga! (Compagnoni dixit). Di Paolucci il definitivo 0-4, ancora oggi un dettaglio di fronte alla prodezza dell’ex capitano, nato proprio in provincia di Catania e miglior marcatore nella storia del derby con 4 reti. Da lì paragoni artistici e battute goliardiche (‘Amelia ha ancora il Mascara negli occhi’).
Alla meraviglia catanese risponderà pochi mesi più tardi un assolo argentino tutto rosanero. É il 14 novembre 2010. In panchina al Barbera siede Delio Rossi, l’uomo che in seguito porterà la sua squadra a giocarsi un’incredibile finale di Coppa Italia (poi persa) contro l’Inter freschissima di triplete. É il Palermo di Miccoli, Nocerino ed Ilicic. É il Palermo, soprattutto del talento di Javier Pastore. Il ragazzo, cresciuto col mito di Riquelme, che appena atterrato in città, dopo un solo allenamento con tre palloni toccati, fece commuovere dalla gioia Zamparini e che disputò una stagione da sogno. Pensa a tutto‘ El Flaco’, quel pomeriggio. segna il gol del vantaggio di testa su ottimo assist di Balzaretti, frantuma le iniziali speranze di un Catania vivo grazie a Terlizzi con una bella rasoiata che vale il raddoppio e conclude il pomeriggio da applausi con tripletta personale da incorniciare: l’unica, fin qui, nella storia del derby.
Ora un salto nel presente. Il 3 marzo scorso il derby del Massimino che vide l’esordio dell’attuale allenatore Filippi fu sofferto, giocato con spirito (nonostante l’inferiorità numerica) e risolta, sì, contro ogni pronostico, proprio dal capitano del Palermo Mario Alberto Santana al 60’ con una deliziosa parabola che manda in estasi gli ospiti: “Nel momento stesso in cui la palla é entrata ho iniziato a piangere”– racconterà poi successivamente l’argentino che, grazie a questa rete, é diventato l’unico a segnare col Palermo in tutte le categorie. Dalla A alla D, a più di diciotto anni di distanza dalla prima rete. La copertina di competenza, nonostante altri derby rosanero vinti in goleada con firme altrettanto importanti (amatissimi dai tifosi il 5-0 del 2003-2004 con doppietta di Toni ed il 5-3 del 2006 con a segno anche Amauri e Barzagli), é così di diritto sua.
Chi é stato al Massimino di Catania durante gli anni di Serie A, probabilmente ricorderà la vista di un simpatico tifoso munito di corno rosso ed enormi buste contenenti sale da spargere rigorosamente all’ingresso delle squadre in campo o per dare un benvenuto speciale ai nuovi acquisti presenti in tribuna. Pretattica, quella del ‘sale, che porta bene’, utilizzata regolarmente anche allo stadio Barbera, a dimostrazione di come il derby si giochi ovunque ad armi pari. Le due tifoserie si sono divertite anche a farsi il reciproco funerale sportivo, con tanto di festeggiamenti e bare in piazza con i colori avversari, (toccò prima ai rossazzurri ‘esultare’ nel 2013 con tanto di accoglienza allo stadio con fogli bianchi raffiguranti la lettera ‘B’, per poi subire la successiva vendetta dei cugini gli anni dopo con il doppio salto dalla B alla C). Una rivalità che però, soprattutto dopo la brutta pagina del 2 febbraio 2007, ha saputo reagire mostrandosi certamente sempre presente ma anche intelligentemente sepolta di fronte a questioni più urgenti quali le alluvioni del 2018 nel palermitano e quella più recente nel catanese, mostrando ancora una volta grande senso di solidarietà ed umanità reciproca.
L’ottantasettesimo derby di Sicilia adesso non può più aspettare e così, dopo gol degli ex (Lugnan e Caserta unici due a segnare in questa partita con entrambe le maglie), passaggi da una parte all’altra (Zenga, Lo Monaco, Silvestre, Terlizzi, Mascara, Capuano eccetera..), questioni di famiglia (con Giovanni Tedesco al Palermo ed il fratello Giacomo al Catania, Roberto e Stefano Sorrentino padre e figlio e bandiere di Catania e Palermo), é tutto pronto per dar voce alle nuove speranze che da Moro a Brunori in giù non vedono l’ora di scolpire il proprio nome nella storia. Perché al di là dell’ottima stagione rosanero e di quella tempestosa rossazzurra, un derby é sempre un derby. E come canta Ligabue, c’è “tutto da fare e niente da perdere”.
A cura di Damiano Tucci
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