Se c’è una parola che descrive più di tutte la storia di Nicolò Brighenti è “resilienza“. La Treccani, cercando questa parola, fornisce 3 spiegazioni. Una legata alla capacità di resistenza alla rottura dei materiali, la seconda fa riferimento all’attitudine propria dei tessuti di riprendere la forma originale dopo un mutamento e l’ultima alla capacità di reagire a traumi e difficoltà della vita. Comunque la si guardi, è proprio la sua parola. Non si diventa professionisti in un giorno, e non basta nemmeno un giorno per togliersi questa nomina, neanche in uno di quelli più bui. Il classe 1989 ha imparato presto a difendersi in campo come nella vita, combattendo spesso contro nemici ben più tosti. I problemi di salute e gli infortuni non hanno mai fermato Brighenti, che dopo 6 stagioni al Frosinone ha deciso di ripartire dalla Serie C sposando il progetto del Catanzaro.
Inferno e paradiso, andata e ritorno. Un loop che Nicolò Brighenti ha vissuto anche troppo nella sua carriera, piena di momenti magici e di altri molto difficili. Da difensore protegge i pali di numerosi portieri, ma ha imparato troppo presto a mettere grinta e tenacia anche in altri campi. La sua storia inizia nelle giovanili del Chievo, per poi continuare con Mezzocorona e Pergocrema in Lega Pro di seconda e prima divisione. In quest’ultima esperienza, a soli 20 anni, riceve la terribile notizia: la presenza di un tumore al cervello che, seppur benigno, non gli avrebbe consentito di mantenere l’idoneità sportiva. A gennaio 2010 rescinde il contratto ma non molla. Riacciuffa il campo con le unghie e con i denti a Viareggio nella stagione 2010/2011, tornando subito tra i titolari.
Nel 2012 ad acquistarlo è il Vicenza, in Serie B. Riprende posto in squadra e l’anno successivo si riconferma. Diventa uno dei migliori nel suo ruolo in cadetteria, ma nuovi stop lo fermano. Spalla e ginocchio lo costringono ai box, ma Brighenti ritorna ancora, e ritorna al top. Nel settembre del 2015 una nuova caduta: lacerazione del pancreas in seguito a uno scontro di gioco. Si opera, guarisce, ma la sua carriera vacilla.
La parola “arresa” non esiste nel suo vocabolario. Brighenti torna alla carica, e si trasferisce a luglio 2016 al Frosinone. I problemi ai legamenti della spalla tornano a bussare, e il difensore conclude in anticipo la stagione. In estate si opera a causa di alcune cisti al pancreas, ma torna in campo da titolare nella nuova stagione, riprendendo posto e sicurezza fino alla conquista della Serie A ai playoff. Nella stagione 2019/2020 il Frosinone retrocede in Serie B e Brighenti si allaccia al braccio la fascia da capitano, diventando il perno inamovibile della squadra allenata da Nesta. Altri alti e bassi, il covid, e il ritorno alla normalità, sempre con la grinta che lo contraddistingue.
Quella grinta non gli è mancata nemmeno dopo l’ennesima prova che il destino gli ha proposto all’inizio della scorsa stagione. Intervento di “ricostruzione legamentosa esterna della caviglia sinistra“, un nuovo lungo stop che lo ha rivisto in campo solo nel febbraio 2022. La salute lo ha messo alla dura prova ma la passione è sempre stata il motore della sua vita, una vita dove il calcio è presente e lo sarà ancora. Il Catanzaro ha creduto in lui, e ha chiuso la trattativa per portarlo in giallorosso. Fortemente voluto da Vivarini e Magalini, il centrale difensivo porterà esperienza, giocate e tanta qualità. Si apre un nuovo capitolo per il difensore, che riparte dalla Lega Pro e dalla Calabria per dare ancora una dimostrazione di forza. Sotto le spiegazioni di “resilienza” c’è ora una quarta voce: Nicolò Brighenti.
A cura di Lucia Arduini
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