“Perché siam liberi di sognare, noi figli dell’alba”, canta Grignani nella sua, appunto, “Liberi di sognare”. “È la canzone che assocerei al mio Renate”, ci racconta Celeghin, centrocampista numero dieci della squadra di Cevoli, terza in classifica. La misticità di una nota e il suono di un pallone toccato. La sua vita si colloca al confine di queste due dimensioni. E noi siamo andati a Renate per farcela spiegare. Per farci entrare nel suo mondo in cui musica e calcio si incontrano in un coerente disegno. Enrico è una di quelle personalità in grado di unire la razionalità alla fantasia. “Venite, vi racconto la mia storia… a ritmo di musica”. E noi siamo pronti all’ascolto. Sedetevi comodi. Suona Enrico Celeghin.
Enrico Celeghin. 22 anni ma, sentendolo parlare, ne dimostra molti di più. Consapevolezza nel percorso da dover compiere per raggiungere gli obiettivi prefissati. Maturità e coraggio nelle scelte prese: “Penso di essere uno che sta crescendo facendo i giusti passi. Credo fortemente nell’impegno quotidiano”. Due le chiavi: “Tempo e lavoro”. Coscienza di chi si è e di cosa si vuole essere. Come dimostra la decisione di questa estate: “Sarei potuto rimanere in B a Como, ma ho insistito per fare un altro anno di C. Per ora questa è la mia dimensione”. Ve l’avevamo detto. 22 anni, ma solo sulla carta d’identità.
E in questa sua giovane maturità dei consigli arrivano anche da Lei. Dalla musica. La musica per Enrico è un affare di famiglia: “I miei genitori sono musicisti. A loro devo tanto per l’educazione che mi hanno dato”. Precisione, concentrazione, cura dei dettagli. E le parole del papà, professore al Conservatorio di Venezia: “Mi fa spesso paragoni tra la musica e il calcio. L’allenamento, l’attenzione per la tecnica, il ritmo”. E oltre all’allenamento, c’è la domenica: “La partita è come un concerto. In quel momento devi pensare di essere il più forte. Più forte degli errori e delle difficoltà”. E quel dolce incontro tra note e pallone. E la domanda è venuta spontanea: “Per il giocatore che sei che strumenti saresti?”. “Bella domanda, interessante. Chiedo a mio padre”. Arriva presto la risposta. Pochi i dubbi. “Un violoncello, elegante e nobile”.
Una carriera iniziata nel giardino di casa con gli amici. Calvi Noale, Treviso e Giorgione, dove incontra un allenatore per lui fondamentale “Maurizio Marchesini. Mi fece crescere molto sotto l’aspetto mentale”. A quattordici anni la chiamata dell’Inter: “Un passaggio vissuto in modo naturale. Era quello che volevo. Sono stati anni molto belli. Jovetic il giocatore che più mi ha impressionato”. Con dolori: “La finale persa contro l’Atalanta negli Allievi Nazionali. Prendemmo gol da Bastoni e Melegoni”. E gioie: “Lì è nata l’amicizia con Pinamonti”. Il primo incontro: “Davanti alla nostra futura scuola”. La stessa casa e “i tanti momenti trascorsi con lui”. E poi il calcio balilla: “Quante partite e prese in giro”. Un legame profondo e genuino, nato tra il campo di calcio e le emozioni condivise: “L’anno scorso ero a Como e lui all’Inter. Spesso veniva a casa mia per staccare. Lunghe chiacchierate e qualche partita a carte”. Con un rammarico: “È l’unico anno in cui non l’ho preso al fantacalcio e sta segnando sempre”.
Un anno a Torino con Flavio Bianchi e la vittoria della Coppa Italia a San Siro e poi nel 2018 il passaggio tra i grandi: “Andai a Como in D. Non la vidi come la fine, bensì come un’occasione importante per crescere. Ero disposto a tutto per raggiungere i miei obiettivi”. E l’unico modo per andare in C era vincere il campionato. E fu così: “Un anno in cui sono cresciuto tanto”. Una canzone per quella stagione? “Una vita spericolata di Vasco”. Poi i due anni in Lega Pro e la vittoria del campionato dello scorso anno. Una vittoria dal sapore diverso. Anzi, dalle note diverse: “Più un Glory Days di Bruce Springsteen”. E la scelta di Renate: “Sono convinto della decisione presa. Qui si sta bene”. Due, “no, sono tre, domenica ho segnato io”, i gol fin qui. Grandi prestazioni e continuità: “Sto crescendo molto. Concentrazione e forza mentale”. E ora a Renate si è “liberi di sognare”.
“Sto studiando Sport and Football Management”, ci racconta il numero dieci nerazzurro. “È un modo per tenere allenata la mente e occupare bene il tempo. Più fai più riesci a fare”. E poi quella passione per Lei: “Ascolto musica dalla mattina alla sera e suono la chitarra. Ho iniziato alle medie”. “Vedrai che bello quando suonerai la chitarra davanti a un falò in spiaggia con gli amici”. Parola di papà. E ora è uno dei passatempi preferiti di Enrico. A volte deliziando anche i compagni: “Una sera suonai Rewind di Vasco”. La conferma sul fantacalcio: “Lo vince sempre Anghileri”. E, infine, i suoi obiettivi: “Il sogno è arrivare in A. A breve termine, con il Renate fare un punto in più dell’anno scorso. A livello personale, superare i 5 gol ed essere in B il prossimo anno”.
E chissà che non possa farlo con il Renate. Ma a Enrico non piace fare troppi piani. Il futuro se lo costruisce lui, adesso. Nel presente. Perché a Enrico piace scriversela, la colonna sonora della sua vita. Suonando tanti altri Glory Days e continuando a ‘vivere la vita’ nella sua essenza in quel delicata dimensione tra la musica e il calcio.
A cura di Nicolò Franceschin
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