“Vedi, ciò che è vintage prevale su tutto per me”. I capelli lunghi ossigenati, con le fascette per tenerli all’indietro. Le divise della serie A anni 2000. Il vinile e il jukebox dentro casa. Poi Bruce Springsteen, The Boss. L’immaginario ideale di Fabio Ceravolo, attaccante del Fiorenzuola, passa da un concetto chiaro: l’amore per il vintage. “Sarà che sono un nostalgico, ma per me prima molte cose erano più belle. Anche la serie A”. Che per Fabio è quella della sua Reggina: Mazzarri allenatore e guardare un idolo da vicino, Nicola Amoruso. Istantanee di felicità, attimi che tornano a trovarti. Ecco che effetto fa la nostalgia. Poi i gol che cambiano il corso di tante storie. La promozione a Benevento, storica, ma anche le delusioni: “Andare in B con l’Atalanta nel 2010 fu dolorosissimo”. Oggi Ceravolo, a 36 anni, guarda al calcio ancora con gli occhi del bambino innamorato. Lo fa attraverso quelli del figlio piccolo Edoardo: “Gioco sopratutto per lui”. Il presente si chiama Fiorenzuola: “Ho trovato una società genuina e che mi ha fatto sentire importante da subito”.
“Sono partito da Locri, un posto non fortunatissimo in provincia di Reggio Calabria. Inizio a giocare in paese, ma dopo poco mi chiama la Reggina nel 2005”. E da lì inizia la carriera calcistica di Fabio. È il papà ad accompagnarlo a tutti gli allenamenti dopo la scuola. Un panino e si parte: “Dovrei fare una statua a mio padre: incastrava le sue ore di lavoro in qualsiasi modo pur di portarmi agli allenamenti”. Pensate, poi, che nel giro di qualche anno Ceravolo fa il suo esordio in serie A con Walter Mazzarri in panchina. A 17 anni e con una maglia speciale, per un ragazzo cresciuto con il sogno di vestirla: “La prima partita in A con la Reggina nel 2006 è un’emozione che non si può raccontare. Esordire con la città più rappresentativa della provincia è stato il coronamento di tutti quei sacrifici”. L’anno dopo, però, il classe 1987 viene girato in prestito alla Pro Vasto e al Pisa in serie C: “Avevo paura di non riuscire a tornare più in A”. Ma si sa, ci sono alcuni gol che possono cambiare una vita: “Venivo da tre-quattro mesi difficili. Giocavo poco, ma poi con il lavoro il mister Braglia decise di premiarmi e di puntare su di me ai playoff. Erano quattro partite, sapevo che non c’era tanto tempo. Ho fatto due gol. Mi ricordo tutto benissimo”. Il premio? La conferma della Reggina. Il sogno può continuare.
“Quando torno alla Reggina c’è Nicola Amoruso in attacco. Forse lui non lo sa, ma per me è sempre stato un modello. Ho cercato di imparare tutto da lui: dai movimenti in campo ai comportamenti negli spogliatoi”. La persona dietro il calciatore, Fabio l’ha conosciuta e gli ha insegnato tanto: “Oggi a volte con i più giovani mi comporto come Amoruso si è comportato con me”. Il primo gol in serie A per Ceravolo? Arriva nella cornice che l’attaccante ha sempre sognato: “Contro l’Empoli nel 2008 davanti ai tifosi della Reggina, la squadra del mio cuore”. Quella, per Fabio, è una serie A generazionale. Che fa scuola. Dallo stile delle pettinature fino alla differenza di valori: “Era proprio vintage. È una parola che adoro. Molti mi ricordano per i capelli lunghi con la fascetta e tanti attaccanti in quegli anni li portavano così. Borriello, Corradi, Vieri e altri. Ma in generale prima c’erano più regole che ti formavano rispetto ad oggi. Si rispettavano gli orari e molte cose erano vietate”. Nella carriera di Ceravolo dopo la Reggina c’è la parentesi Atalanta nel 2009. Tanta è la gioia di vestire una maglia importante come quella bergamasca. Ancora più grande, però, sarà la delusione per l’epilogo stagionale: “Fu un anno travagliato e infatti retrocedemmo. Per me fu un dolore grandissimo, non volevo andare in B con un grande club come l’Atalanta. Non riuscivo ad accettarlo”. Tra i tre allenatori cambiati in quell’anno, c’è anche Antonio Conte: “Sull’allenatore posso dire che già allora aveva una cultura del lavoro incredibile. Quando facevamo fase atletica metteva le canzoni dei Marines in sottofondo. Era tutto il giorno al centro sportivo e aveva una cura maniacale dei dettagli”.
La capacità di attendere, sviluppata col tempo e con l’esperienza. Nella stagione 2016-2017, il classe 1987 è il protagonista assoluto della serie A conquistata dal Benevento: “Eravamo partiti con l’idea di non retrocedere, perché era il primo anno della storia del Benevento in B. Poi abbiamo visto che si era creato qualcosa di speciale. È stata una favola quella stagione”. E se non ci fosse stato Giampaolo Pazzini, il capocannoniere di quella serie B sarebbe stato Ceravolo. 21 reti, tra cui una speciale. Ecco, ancora una volta i gol a cambiare la storia: “Quello a Frosinone ci ha dato la possibilità di disputare i playoff”. Non è tutto: un anno dopo il classe 1987 è protagonista di un’altra promozione in A. Questa volta con la maglia del Parma: “Che onore indossarla. Ma i primi 4 mesi sono stati brutti, ero sempre infortunato”. Lontano dai campi per tutta la prima parte di stagione, Ceravolo si fa bastare la seconda metà per essere decisivo. Il Parma è promosso direttamente in A grazie ad un suo gol contro lo Spezia.
Oggi Ceravolo ha 36 anni ed è l’attaccante del Fiorenzuola in serie C. È il giocatore più esperto della squadra ed è un esempio per i più giovani. Ma sapete perché ha scelto proprio la squadra rossonera? “La loro onestà e genuinità mi ha colpito fin da subito. Mi hanno fatto vedere il centro sportivo e mi hanno detto ‘noi siamo questi’. Da subito mi sono sembrate persone perbene. Mi hanno convinto così”. Una stagione difficile, perché il Fiorenzuola lotta per la salvezza. L’uomo in più? Per Fabio siede sulla panchina: “Non conoscevo Luca Tabbiani, ma mi ha impressionato. È uno degli allenatori più preparati che ho conosciuto in carriera”. Ceravolo da 4 anni è anche il papà di Edoardo. La passione e il fisico non mancano, ma se Fabio gioca ancora a calcio lo fa soprattutto per suo figlio: “Mi sono promesso che avrei dovuto fargli vivere anche il Ceravolo calciatore. L’emozione di vedere suo papà giocare, sapere che Edoardo è sugli spalti o a casa con la mia maglietta. È impagabile”. La playlist ideale per caricarsi prima di ogni partita? Qualunque canzone, basta che sia di Bruce Springsteen: “In particolare però mi piace caricarmi con Born To Run”. In attesa di un gol che possa cambiare il corso di un’altra storia. Magari quella del Fiorenzuola. E magari con il piccolo Edoardo sugli spalti.
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