A volte incidentali, altre cercati, ambiti e trovati. Sia per uno scopo preciso o per la curiosità di conoscerne i risvolti. Viviamo di incontri. Persone, cose o luoghi. Riempiranno l’anima e cambieranno il nostro modo di rapportarci con ciò che ci circonda. Saranno i momenti e lo sfondo ad accendere i riflettori della memoria. Perché la vita è fatta di istanti. E gli incontri sono il frammento più rilevante. Essere Emanuele Adamo. Relazioni: la forza del centrocampista del Cesena. Riscatto e gratitudine segnano un presente forgiato dai vigili ricordi del passato. I motori di un viaggio che in Romagna trova la sua sosta più appagante. Il gol nella difficile trasferta di Gubbio è liberazione e riconoscenza verso la sua nuova vita.
Soddisfazione e sogni che prendono il sopravvento. Ma piedi ben saldi a terra. In quella polverosa e sconnessa dei campi della Serie D dove tra Hercolanum, Cerignola e Fidelis Andria comincia a prendere confidenza con l’ostico mondo dei dilettanti. Sudore, fatica, sportellate e assist: essere Emanuele Adamo. La voglia di costruire qualcosa di nuovo si mischia alla presa coscienza di sé. Tenacia, sudore e fiducia in sé stessi. Traguardi frutto dell’esperienza. Radici: la forza di ciò che siamo e saremo. Il centrocampista classe 1998 del Cesena si affaccia al suo futuro lì dove cuore e testa sono una cosa sola: in Campania. Casertana e Avellino le prime esperienze in Lega Pro. Monterosi il saluto che vale un nuovo inizio. Tenere duro. “Warriors”: una carriera riassunta in un tatuaggio. Costruire e plasmare un futuro. Fiducia negli altri unita al desiderio di riscrivere una storia dal prologo fuorviante. Incontri e luoghi. Sulla sua strada: Cesena. Il calore della Romagna e il rapporto con i suoi compagni la conferma che cerca. Il gol al Gubbio la serenità per raggiungere l’obiettivo. Una Serie B che sia riconoscenza verso il bianconero che oggi è una famiglia. Adamo: la forza di scegliere.
Incontri. Esperienze che colorano un viaggio. Ci aiutano a comprendere il senso di ciò che facciamo e crediamo. Mostrano lati di noi stessi che da soli non vedremmo. Qualità e difetti impercettibili che si palesano limpidi e naturali agli occhi degli altri. A noi l’incombenza di selezionare i migliori. Per trasformare l’apparenza in realtà. I fari che illumineranno un percorso sino a quel momento troppo buio. Pieno di domande e incognite. Quelle che attanagliano anche un giovane Emanuele Adamo. Fare a spallate con la vita per non farsi sopraffare dall’avversario. Farsi spazio in un futuro che cancelli il passato. Il pallone? Il “primo incontro”. Fra le strade e i vicoli dei Quartieri Spagnoli dove emergere non è cosa banale. Nemmeno per chi all’età di nove anni viene catalogato come “il migliore”. L’amico di sempre Danilo non ha dubbi.
Nessuno sui marciapiedi di quella Napoli, in quel periodo, ha il talento di Emanuele. Giocare a calcio permette ai ragazzini di tenersi lontani da una realtà difficile. La fantasia fa il resto. Sbandare, seguire consigli sbagliati o farsi manipolare è più che un rischio. Nella più totale incoscienza. Anche per chi come “Manolo”, soprannome del classe 1998, esprime un visibile dono. La forza del destino. Lei sceglie chi debba imbattersi in noi quando stiamo per prendere la direzione sbagliata. Da un quartiere all’altro. Danilo, l’amico della strada, accompagna Emanuele a Posillipo. In una scuola calcio dove conosce Gianluca Sommella. Il primo allenatore. Colui che riesce ad estrapolare da un burbero e introverso adolescente un cuore e una caparbietà che oggi sono la benzina di un motore inesauribile che viaggia sulle fasce dell’Orogel Stadium. Tra gol e assist che sanno di riscatto.
Il calcio inizia a farsi sempre più spazio nella quotidianità di Emanuele, ma quella sottile linea rossa rischia sempre di essere oltrepassata. A 15 anni – afferma sulle colonne del Corriere di Romagna – farsi influenzare dalle amicizie e dalle cattive compagnie è un attimo. Mancanza di mezzi, appoggi o forse semplice ingenuità. Poi, gli incontri. Quelli che cambiano la vita. Che non cerchi, ma ti seguono e si palesano da soli quando lo ritengono opportuno. Ancora una volta il destino estrae dal mazzo la sua carta. Sulla quale è raffigurato il suo presente: la fidanzata. La dolcezza dell’inaspettato che si sostituisce alla realtà. È lei a convincere Adamo delle sue capacità. Lo sprona a farle fruttare, a metterle in pratica. Ci riesce. L’esterno bianconero si convince e parte per il suo viaggio. Consapevolezza e forza d’animo: “Warriors“. A 17 anni il Foggia acquista a titolo definitivo il ragazzo.
Foggia è la prima esperienza fuori dai confini del capoluogo campano. In una realtà dove può concentrarsi su sé stesso e coltivare quel sogno che late nel suo animo. L’incoscienza che prova a farsi spazio, ma viene soffocata dalla razionalità. Oggi è un grazie a chi rende possibile tutto questo. Accade anche in Puglia dove, nonostante la sua destinazione sia la formazione Primavera, si aggrega alla prima squadra. A guida della quale c’è Roberto De Zerbi. Aggettivi e parole si sprecano: per Adamo è “padre”. Un riferimento capace di far sentire uno “scugnizzo” della Napoli più umile “grande tra i grandi”. L’esterno percepisce la stima dell’attuale allenatore del Brighton: due presenze nella Coppa Italia Serie C vinta dai rossoneri ne sono la dimostrazione. Il fatto di essere il più giovane della rosa non pesa. Si allena, ruba ogni minimo dettaglio a De Zerbi per farlo suo e porlo a base del suo avvenire. Che, oramai, è cosa nota. Adamo: quando gli incontri cambiano la vita.
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