“Facciamo un passo alla volta”. Nessuna fretta. Nessuna pretesa di bruciare le tappe. Questo è essere Tommaso Berti. Il bello di una salita è affrontarla. Sudare, percepire la fatica. Provare la sensazione del limite. Acquisire, passo dopo passo, la forza per continuare a scalare. Non guardarsi indietro. Testa alta e busto dritto. Spingere, pedalare e attendere la fine. L’esito sarà il destino a determinarlo. Quello che conta è ciò che si prova durante il percorso. A volte è troppo ripido e prova a condurti verso la resa, altre è proprio da quella sensazione di mollare che si ricava l’energia per proseguire. Salire. Sempre più in alto, ma senza fretta. Il trequartista classe 2004 del Cesena è l’intreccio fa razionalità e irrefrenabile entusiasmo dei sogni. “D’altra parte se ci priviamo anche i sogni che senso avrebbe andare avanti?”. Parole forti, intense e tutt’altro che banali. Dette da un ragazzo, anzi “Un burdel”. Lo sguardo “sbarazzino” dei neanche vent’anni dietro al quale si cela una maturità invidiabile.
Educazione, rispetto e consapevolezza. Nessuna pretesa. Nessuna richiesta particolare al futuro. Solo la ferma convinzione che “Mollare? Perché? Quando arrivi a un certo punto ci devi provare. Dai tutto quello che hai. Se hai le possibilità perché sprecarle o non sfruttarle. Il lavoro, vuoi o non vuoi, ripaga sempre. È lì e si vede”. Mentalità fuori dagli schemi. Concetti complessi, diversi e di alto profilo. Ma sempre con umiltà. Accompagnata da tanti sorrisi. “Muri” è così. Semplice come la piccola frazione di Calisese. Dove fra ulivi e vigneti che si alternano ai campi a maggese nella stagione invernale e d’estate si colorano del rosso intenso delle distese di fragole è conservata tutta la sua tradizione. La sua intimità e gli aspetti più teneri di un giovanotto di 19 anni che ragiona già da adulto. Questo è Tommaso Berti. Fare tesoro delle piccole cose e “Vivere e al cento per cento”.
Origini. Lo specchio del nostro essere. Incontrovertibili. Momenti, ricordi, episodi che mettono a nudo la personalità. C’è chi cercherà di cancellarle. Chi proverà invano a cambiarle. E chi non riuscirà mai a staccarsi. Perché racchiudono emozioni, sentimenti e certezze che nulla potrà mai replicare. Vessilli di vita e storia personale che riempiranno i vuoti dell’imprevedibile futuro. “Vedi, responsabilità, quando vai in campo, ce ne sono sempre. La pressione c’è e si sente. Io sono di Cesena, sono nato qui e mi sento romagnolo e cesenate al cento per cento. Quando la domenica scendo in campo e so che sugli spalti dello stadio ci sono tutti i miei amici più che responsabilità io provo una sensazione di orgoglio incredibile”.
Immedesimarsi, calarsi nel contesto e concepire con lucidità quello che il destino sta disegnando per te. Gli occhi al presente e il cuore all’infanzia. A quelle radici che sono pagine di una storia tutta da scrivere, ma che riporta già capitoli intensi. “Poi mi giro, guardo la gradinata e so che lì c’è seduto mio babbo. Nel settore N. E ne vado fiero. Penso e ripenso a tutti quegli anni, alle centinaia di partite del Cesena viste con lui proprio in quella zona dei distinti. Ammirando le punizioni di Ciano. Esaltandomi con gli assist e le giocate di Jimenez e Sensi. Così l’orgoglio aumenta”. Passato: la chiave per comprendere il presente. “Adesso, come due anni fa, sono in campo e lui mi guarda sempre”.
Istanti. Una presa di coscienza che emoziona. Un respiro deciso per lasciarsi andare: “Sì, dai una certa responsabilità la sento. È una bella ‘vergata’ sulle spalle (ride ndr.)”. Spontaneo, schietto, diretto. Romagnolo nel sangue e nell’atteggiamento. Questione d’identità. Dare valore a ciò che ti circonda. E riconoscere i regali del destino. “Quando a otto anni ti chiama il Cesena impazzisci di gioia. Poi essendo nato qui, abitando qui da sempre e frequentando con regolarità e fede lo stadio Dino Manuzzi…beh…ciò tanta roba”. Quella Romagna che ritorna anche nella banalità di una chiacchierata.
Questo è essere Tommaso Berti. Tanto semplice quanto consapevole. La rappresentazione di una cultura che non si arrende. Che si rinnova e trova sempre stimoli. “Passano gli anni. Sei lì, giochi, ti alleni, è la tua passione. Vai sempre più in alto. Passi di Under in Under e poi quando arrivi lassù cosa fai? Molli? Assolutamente no. Ci provi, dai tutto e se va bene tanto meglio. Altrimenti pace”. 19 anni…Il paradosso. “Di anno in anno mi rendevo conto che io le possibilità, forse, le avevo, quindi, ho cercato di non sprecare nessuna chance. E vedi, è come ti dicevo all’inizio. Il lavoro ripaga sempre. Lui è lì e quando c’è si vede”.
Il bello della salita. Quella che oggi sta affrontando da protagonista. “Oggi l’orgoglio è ancora più grande. Siamo una squadra che si è costruita da sola già dal ritiro estivo. Giorno dopo giorno. E la soddisfazione nel vedere dove siamo adesso è qualcosa di unico. La fatica degli allenamenti che facciamo trova sempre il suo riscontro. Vogliamo continuare così”. Ma il Cesena è scrigno di rapporti. “Il valore aggiunto sono i ragazzi come me. Quelli che vengono dal settore giovanile. Penso a Pieraccini, David, Giovannini e Francesconi. È un fattore che fa crescere ancor di più il mio entusiasmo. Prendi il caso di Giovannini. Lo conosco dal primo anno di “Pulcini” nel Cesena. Poi lui ha preso la sua strada perché ha un anno in meno, però resta il fatto che ci conosciamo da una vita. E vale anche per gli altri”.
“Questo ha determinato l’instaurarsi dell’alchimia giusta tra noi. Che poi si è diretta anche verso i più grandi che ci aiutano e ci danno consigli utili in ogni allenamento”. Sincerità: “Anche per tenerci a bada eh (ride ndr.)”. Perché in fondo è giusto anche viverli questi neanche vent’anni. Trovando i punti di riferimento. “Mister Toscano è riuscito a far funzionare questa macchina in maniera impeccabile. Ha creato il giusto mix tra noi giovanissimi e i giocatori più esperti. Ogni giorno, martellando e facendoci dare il massimo in ogni seduta di allenamento. Ma sempre trattandoci allo stesso modo. Senza distinzioni. E questa è dimostrazione di fiducia”.
Campo. Lì dove i riferimenti potrebbero perdersi presi dalla concitazione del momento: “Capitan De Rose e Prestia sono due leader. Due punti di riferimento perché hanno esperienza anche in categorie superiori. Ti insegnano molto e lo fanno anche in maniera vigorosa. Tanti consigli, ma anche la giusta dose di ‘cicchetti’ quando serve. Ogni tanto fa bene (ride ancora ndr.)”. Risate. Sono le uniche espressioni che “Muri” associa al suo essere professionista. Sorrisi che cerca di nascondere quando si pronuncia quella parola: “Io non sono superstizioso, ma in squadra sì e tanto. Il mister in particolare, quindi, meglio tacere. Profilo basso”. Il mantra del Cesena. La cima non si vede ancora, ma il bello del tragitto è immaginare cosa potrebbe riservare il traguardo.
“L’obiettivo è senza dubbio la Serie B. Inutile negarlo. Poi quello che sarà lo vedremo. Un passo alla volta”. Sarà uno sforzo intenso e insidioso. Magari con qualche caduta. Ma con la sicurezza di trovare sempre qualcuno che ti aiuterà a rialzarti. “Un Orogel Stadium con questa passione non si vedeva da tempo. Poi in Serie C non ce l’ha nessuno. Forse giusto il Catania. Ma giocare in un Manuzzi così dà una spinta esagerata. Ci aiuta tantissimo e possiamo solo ringraziare tutti i tifosi. Hanno fatto il tutto esaurito a Pescara. Pazzesco”. Tutto assume una nota di dolcezza: “Segnare sotto la Curva piena con il Rimini è stato qualcosa di esagerato. Wow!”. Tommaso Berti: trovare il proprio ritmo e continuare a salire. Senza fretta. “Un passo alla volta”.
Cesena è sentimenti, professione e passione. È legami. Il pallone l’anello di congiunzione tra essi. “Mio babbo ha giocato fino ai 35 anni tra i professionisti. Mia mamma giocava a calcio a 5 fra i dilettanti. Così come era sportivo mio nonno. Ciclista e corridore. Posso dire che lo sport è sempre stato alla base della mia famiglia”. Una famiglia di atleti quella dei Berti: “Sì poi c’è anche mio fratello Filippo che gioca nell’Under 16 del Cesena. Con cui ha anche vinto il campionato l’anno scorso”. Rapporti indissolubili. Cardini di una vita ancora tutta da plasmare. Nuove avventure che fungano da sostegno del futuro. “Firenze è stata una mia scelta. È stata la prima volta fuori di casa per vivere da solo. Un’esperienza che volevo fare e che mi ha formato parecchio. Era l’età giusta per farlo. Il mio unico pensiero era il calcio in quel momento”.
Andarsene. Lasciare la sicurezza e la pace della campagna per la città. “Ripensando a come è andata la stagione scorsa, con tre finali su tre e una Supercoppa Italiana Primavera vinta non è stato assolutamente un passo indietro”. L’anno prima il trequartista del Cesena fa il suo esordio tra i professionisti in Lega Pro. Maturità. “Poi chiaro, se la scelta è tra fare un anno completo in Primavera senza mai giocare con la prima squadra, anche solo un anno in Serie C tra i grandi è nettamente più formativo. Stai lì ti alleni con loro tutta la stagione, giochi e ti fai aiutare da loro. Così la crescita è assicurata”.
Nessun rimpianto. Non è nello stile di “Muri”. Forse perché quelle sensazioni riesce a viverle. “La prima volta in prima squadra, anche solo per un allenamento è stato allucinante. Che spettacolo. Mi allenavo con gente che gioca in Nazionale. Di un livello altissimo. Serie A sarebbe riduttivo. Tante emozioni”. Un salto quello dal Cesena alla Fiorentina Primavera che è necessario saper gestire. Trovare sostegni di ispirazione: “Aquilani? Mi ha insegnato tantissimo. Credo sia stato facile perché più o meno ricopro lo stesso ruolo che faceva lui quando giocava. È un allenatore con idee molto valide che condivido a pieno. Palla a terra, mai buttarla, giocare sempre e verticalizzare. Io mi auguro che possa venir fuori”.
Esperienze. L’essenza del crederci. Senza dimenticare di sognare. “Tra dieci anni spero di essere nel pieno della mia carriera. Il più in alto possibile. Dove, si vedrà. Si spera in Seria A col Cesena”. Altro sorriso. Il marchio di fabbrica di Berti. “Io seguo moltissimo la Premier League. È un calcio diverso dalle mie caratteristiche, ma il mio sogno è quello. Stadi e atmosfere incredibili. Poi ci gioca Bernardo Silva…”. In fondo è pur sempre un “burdel”. Continuare a salire. Spingere. O meglio, pedalare. A Berti piace così. Come nonno insegna. Di corsa col Cesena verso la Serie B. In sella alla sua mountain bike quado il pallone è fermo. “Quattro anni fa stavo guardando il Tour de France con il nonno e dal nulla ho pensato di prendere in mano la bici. Esco spesso d’estate quando il campionato è fermo e non ci sono allenamenti”.
“I giri sulle nostre colline sono i miei preferiti. Quando posso mi sposto per vedere il Giro d’Italia e quest’anno che il Tour passerà da Cesena sarò in prima fila”. Pedala Tommi, pedala: “Sono un tipo da salita. Durante la stagione evito, ma d’estate in salita tiro come un dannato”. Questo è Tommaso Berti: la naturalezza dello sguardo ‘sbarazzino’ che avvolge uno sconfinato senso di appartenenza che si materializza nella piena consapevolezza. Nella “Terra solatia” che per lui è “Dolce paese”. Inizio e traguardo di una scalata di cui non si conosce la cima. “Se ci priviamo anche dei sogni che senso ha continuare”. “E chi burdel” che non si pone limiti, ma “Un passo alla volta”.
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