“Rieccoci”. Lepore e Lecco, che storia d’amore
Si sa, le storie d’amore, quelle vere, non sono mai razionali e lineari.
Sono fatte di curve, riflessioni, accelerazioni. In loro convivono l’attrazione, il tormento, l’esaltazione, l’allineamento, il ritrovarsi. Un po’ come successo nel rapporto tra Checco Lepore e il Lecco.
Nel 2022 si sono incontrati. Si sono conosciuti, osservati, amati alla follia. Hanno condiviso la gioia di una promozione e il dolore di una retrocessione. Un arrivo, quello in bluceleste, che aveva suscitato qualche dubbio.
Dopo pochi mesi di quei colori ne era diventato riferimento, guida, immagine più bella e fiera. Eroe della cavalcata che aveva portato alla B, esempio di professionalità nella sfortunata stagione successiva.
Poi il cambio di società e l’addio. Lepore è svincolato. La volontà di continuare, con una parte del suo cuore che guarda sempre lì, verso il Lago. “Spero sempre in una chiamata del Lecco”, aveva dichiarato a La Casa di C. Passano pochi giorni. 16 agosto compleanno, 17 agosto annuncio del ritorno a Lecco. Rieccoci.
Immagini
Tante le immagini che tornano alla mente. Una, forse, più di tutta. 18 giugno 2023, al Rigamonti Ceppi è da poco finita la finale tra Lecco e Foggia. I blucelesti sono tornati in B dopo cinquant’anni. Checco Lepore piange, abbracciato con la moglie e la figlia. In quelle lacrime c’è tanto, forse tutto.
I suoi occhi sono attraversati dalla felicità, ma anche dal dolore del ricordo e dell’amore. C’è la gioia per un’impresa. L’ennesima di una carriera. Perché “ci davano tutti per morti. Solo noi ci credevamo”. C’è la dedica al papà, perso quando era bambino, e alla mamma che combatte con una malattia. Ci sono gli abbracci dei tifosi le sue spalle. “Siamo con te”.
Costruire
Ed è in quelle lacrime che si può comprendere la persona, oltre al professionista. Un uomo che ha toccato e conosciuto la sofferenza. “Viverla mi ha fatto diventare uomo”. E così è stato. Una carriera costruita su sacrifici e lavoro. Come quando di giorno lavorava in fabbrica e di sera si allenava o della capacità di ripartire dopo essere rimasto svincolato.
O come a Lecco. Arrivato a 37 anni, con qualche scetticismo. Partita dopo partita è diventato l’idolo di un popolo e il volto di una cavalcata. Un’impresa costruita sul sacrifico e l’unione, appunto. Uomo di valori, professionista esemplare. Anche questa estate, quando una volta ancora il destino l’aveva posto davanti a una fine. “Ma io non mollo, ho troppa passione”. Perché spesso, per chi ci crede, c’è sempre una nuova pagina da scrivere. Magari con gli stessi colori. Il blu e il celeste. Lo voleva lui, lo voleva la piazza. Rieccoci.