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Dall’infanzia nel ghetto al Milan, il viaggio di Coli Saco: “Il calcio mi ha fatto evitare strade sbagliate”

La prima immagine che Coli Saco, centrocampista 21enne dell’Ancona, riconduce al calcio? Quando da piccolino era con i più grandi del ghetto di Crèteil, nell’Ile-de-France, a guardare la Coppa d’Africa in un bar o in una kebabberia. E tifava a tutto volume per il Mali: la sua nazionale. A quell’età, Coli, non avrebbe mai immaginato che il calcio, poi, sarebbe diventato il mestiere della sua vita. Il Milan gli ha aperto per la prima volta le porte all’Italia, ma sulle sue tracce c’erano già Roma, Juve e Atalanta. Prima però, il classe 2002 franco-maliano, è costretto a vivere un’infanzia difficile a sud-est di Parigi, dove “o diventi un calciatore o sfondi con il rap o probabilmente inizi a spacciare”: perché non c’è altra strada. Vestire la maglia del Le Havre (settore giovanile che ha lanciato tra gli altri Pogba e Mahrez) a 15 anni è motivo di grande orgoglio per Saco. Con lui abbiamo ripercorso tutte le tappe che hanno avvicinato Coli al calcio fino all’esperienza con i colori rossoneri del Milan.

Credit: Pro Vercelli

Coli: “Il calcio mi faceva dimenticare i problemi a casa. Le Havre? Ho pensato subito a Pogba”

Ti dico la verità: dove sono cresciuto io è un quartiere molto difficile”. Voce franca e decisa: impossibile non credergli. Crèteil, capoluogo del dipartimento della Valle della Marna. La regione si chiama Île-de-France ed è suddivisa in 8 dipartimenti, ognuno dei quali è identificato con dei numeri specifici. Per Coli, quel numero è così importante che andrà dietro a quasi tutte le maglie da calcio che vestirà: “Ho scelto sempre il 94 non perchè l’avesse qualche giocatore in particolare ma perché è il numero del mio dipartimento. L’ho fatto perché voglio portarlo con me”. Tornando agli inizi, il suo avvicinamento al calcio è semplice quanto inevitabile: “Dove sono cresciuto io tutti giocano in strada. Ho iniziato così: per noi è naturale. Nella nostra situazione hai 3 scelte: o fai il rapper, o diventi calciatore o inizi a spacciare. Io ho scelto subito il calcio”. Tra palazzi popolari e campetti di quartiere, nel calcio il classe 2002 trova anche uno strumento di riscatto sociale: “Giocare a calcio ci faceva dimenticare dei problemi a casa”. La storia con il pallone, per Coli, non si limiterà ai quartieri di Crèteil. La prima chiamata di una società professionistica, racconta il centrocampista franco-maliano, arriva in un modo particolare: “Avevo fatto tanti provini con squadre francesi, il mio ultimo è stato con il Le Havre. Sono andato a fare il provino ed è andato molto bene. C’era solo un problema: a scuola non avevo un buon rendimento e questo poteva influire sulla scelta del Le Havre. Alla fine il direttore della scuola ha messo una buona parola su di me e mi ha fatto un favore” racconta ridendo.

Le Havre, però, per Coli è anche l’immagine di un frigo vuoto al rientro a casa dopo gli allenamenti. Di un pullman rincorso per raggiungere il centro sportivo dall’altra parte della costa. Momenti e sacrifici che il centrocampista dell’Ancona ricorda così: “Per arrivare agli allenamenti dovevo prendere prima un pullman di un’ora da casa mia e poi un altro treno. Le sessioni di allenamento erano tutti i giorni e non finivano prima delle 19:30. Quindi tornavo sempre a casa a mezzanotte, minimo, e sempre con pullman e treno. Spesso, quando aprivo il frigo al rientro a casa, non trovavo nulla. E’ stato molto difficile. Tutto. Ma questa è la vita di un quartiere e sei abituato fin da piccolo a stare così”. Nel settore giovanile del Le Havre sono cresciuti giocatori del calibro di Payet, Mahrez, Lassana Diarra e Pogba. Quest’ultimo è uno dei due idoli di Coli. Infatti, quando il Le Havre accetta, il primo pensiero del classe 2002 è questo: “Quando mi hanno detto sì, ho pensato subito a Pogba. Sono cresciuto guardandolo giocare alla Juve: è stato un esempio per me, perché anche lui ha giocato tanti anni nel suo quartiere. Poi a 15 anni è stato chiamato da una squadra di Parigi più prestigiosa. E dopo ancora, come me, è andato al Le Havre. Era un percorso simile al mio e questo mi faceva emozionare”.

credit: Ufficio Stampa Ancona

Saco: “Il Mali? Una scelta di cuore”

Coli Saco è nato in Francia nel 2002 ma sul campo ha deciso di rappresentare il Mali. A 17 anni gli si è presentata l’opportunità di vestire la maglia della nazionale dell’Africa Occidentale: “Mi hanno chiamato a 17 anni. Mi sono preso del tempo, ma non perché non fossi sicuro di giocare per il Mali. Solo che non pensavo fosse ancora il momento adatto”. Il primo motivo che lo ha spinto a scegliere il Mali è stato la madre: “Lei viene da lì e mi ha sempre detto che voleva vedere giocare anche me per il Mali. Ha sempre spinto molto”.

Il motivo numero due è per un ricordo d’infanzia che lo lega a Crèteil. E in particolare alle edizioni di Coppa d’Africa passate a tifare per la sua nazionale, in un bar o in un kebab del sobborgo francese: “Quando iniziava la Coppa d’Africa, in Francia ci riunivamo tutti nei bar o kebab della città. Dai più piccoli, come me, ai più grandi del ghetto. Io ho sempre tifato per il Mali con altri miei amici. Quando mi hanno chiamato mi sono tornati in mente tutti questi ricordi. Per me è stato emozionante”. La scelta di vestire i colori di una nazionale diversa da quella maliana, per Coli, è stata un’ipotesi mai considerata: “Non saprei dire se la Francia avrebbe puntato su di me. Ma sono sincero, ho sempre voluto il Mali perché per me è meglio andare in nazionale col cuore piuttosto che solo per il nome. Io sono così”.

Coli Saco Napoli – Credit: IMAGE

Dalla Coupe Gambardella a Milanello: “Kalulu un fratello, Bennacer impressionante. Bakayoko? Non troppo più forte di me”

Dopo il Le Havre la carriera giovanile di Coli prosegue nelle giovanili del Sochaux. Stagione 2019-20: Coupe Gambardella, competizione francese giovanile riservata a squadre di calcio U18. E, come ci spiega Coli, ha una vetrina molto importante perché viene vista da tutto il mondo: “Vengono a vederla dappertutto ma soprattutto da Germania e Inghilterra. Infatti, io ad esempio avevo più visibilità da squadre come il Lipsia”. Un pomeriggio, però, nel periodo della Coppa, Coli riceve una chiamata. Dall’altro lato del telefono c’è un dirigente che lo segue da vicino: “Mi dice che ci sono quattro squadre italiane su di me. E sono Milan, Juventus, Atalanta e Roma. E aggiunge: ‘Adesso scegli tu‘”. Come ha scelto Coli? Proiettandosi al futuro: “Conoscevo poco il calcio italiano e seguivo solo Pogba nella Juve. Non volevo andare lì perché avevo paura di non giocare. Pensavo già al futuro, mi vedevo già in prima squadra. Del Milan invece sapevo che era un grande club e che non era nel suo momento migliore, infatti giocavano spesso in Europa League. Con loro c’era Bakayoko, l’ho anche conosciuto. La verità? Non mi sembrava così più forte di me”, conclude Coli con un accenno di risata.

Da Crèteil si va a Milano, con una valigia piena di speranze. Il primo anno con i rossoneri è di ambientamento. Ma sarà anche l’unico, perché alla fine Coli verrà svincolato. Il centrocampista franco-maliano ci ha svelato alcuni retroscena riguardo a quella scelta del club rossonero: “Avevo tanti problemi con il Sochaux. All’inizio avrei dovuto firmare tre anni di contratto con il Milan, ma la società francese mi bloccava“. Nell’anno con il Milan, Coli riesce anche ad allenarsi con la prima squadra. Conosce Leao, Kessie ma soprattutto stringe amicizia con Kalulu e con buona parte del gruppo di quella stagione: “Pierre era arrivato da poco ma era francese come me. Ci siamo capiti subito. Per me è come un fratello: ancora oggi lo sento. Siccome conoscevo lui, Leao e Kessie, molte volte mi facevano uscire anche con gli altri della prima squadra. Ho bei ricordi”. Durante gli allenamenti con i rossoneri, il classe 2002 ha l’opportunità di imparare da tanti grandi giocatori del Milan. Su tutti, uno lo impressiona più degli altri: “Il livello era molto alto. Ma vedere giocare Bennacer da vicino mi ha stupito: ho capito ancora meglio quanto fosse forte”. Il viaggio con Coli Saco, dalle coste di Le Havre fino al centro sportivo di Milanello, si ferma qui. Ma è solo la prima parte.

Lorenzo Avagliano

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