“Sono un padre severo, ma non troppo. Però ci tengo all’importanza della disciplina e al rispetto delle regole. Come mi hanno insegnato i miei genitori e…l’Atalanta”. Etica e valori, davanti a tutto. A Simone Colombi, attuale portiere del Rimini, glieli hanno trasmessi due grandi famiglie. Una di queste è il settore giovanile bergamasco: “Ci sono insegnanti di vita, non solo di calcio. Per questo funziona”. A 20 anni Simone è il portiere titolare della Juve Stabia che raggiunge la serie B: “La promozione in B è stata indimenticabile”. Il sogno che insegue il classe 1991, però, è quello di esordire in serie A. E nel 2014 sarà il Cagliari a realizzarlo: “Giulini mi chiamò, fui subito convinto. L’esordio? Me lo sono goduto”. Con i rossoblù, Simone viene allenato da Zeman e gioca con Nicolò Barella. Poi ci sono i colori biancorossi del Carpi. La gioia delle 100 presenze con il club emiliano, ma anche il dolore delle due retrocessioni. Ma questa è anche una storia di perseveranza e tenacia. Quanti portieri nella storia del calcio possono vantare di aver condiviso lo spogliatoio con Gigi Buffon? In questa piccola cerchia, c’è il nome di Simone Colombi: “A Parma cercavo di studiare tutto da lui. Vedevo come si comportava, come dosava le parole”. Simone, dopo il fallimento della Regina nel 2022, si è ritrovato svincolato il 29 agosto: “Tutte le squadre erano già al completo. Mi sono allenato alla Pro Palazzolo. Poi, è arrivata la chiamata del Rimini”. Prima del suo arrivo il club emiliano occupava l’ultimo posto della classifica del girone B di Lega Pro. Adesso, però: “Siamo noni e in semifinale di Coppa Italia serie C”, racconta nell’intervista concessa a LaCasadiC.com
Curare allo stesso tempo l’aspetto tecnico e umano, nella formazione di un giocatore, è qualcosa da non dare mai per scontato. Per questo Simone Colombi ringrazia il settore giovanile dell’Atalanta: “Avevano allenatori che erano insegnanti di vita, non solo di calcio. Ti insegnavano la disciplina e ti aiutavano a crescere come persona. È stato troppo importante per me”. Scalata dopo scalata, negli otto anni nelle giovanili bergamasche, Simone colleziona le prime panchine in serie A con l’Atalanta di Luigi Delneri. L’esordio, però, è da rimandare. Ma non c’è fretta: “Sapevo che avevo bisogno di fare esperienza e di giocare. Per questo andai in prestito in serie C. Con la Juve Stabia, a 20 anni, fu la mia prima stagione da titolare”. Il risultato? Un anno da incorniciare: “Ero molto giovane e la piazza era caldissima. Quando giocavi ti sentivi veramente giocatore: c’era tantissimo entusiasmo. Lì c’è gente che vive per la Juve Stabia. La promozione in B la ricorderò per sempre. Poi abbiamo vinto anche la Coppa Italia serie C”. Le prime presenze in serie B arrivano prima con la maglia gialloblù del club campano e poi con il Modena: la prima volta in Emilia. Regione a cui Simone è inevitabilmente legato: “Ho cambiato tante squadre, ma nove anni della mia carriera li ho trascorsi in Emilia. Con quattro squadre diverse, la prima fu il Modena. Adesso, posso dire che si è creato un legato profondo con la gente emiliana. È un popolo solare e che ha voglia di fare. E nel calcio ti lasciano la serenità giusta per lavorare bene”.
Assaporare il percorso. Per Simone, ogni step è stato importante per arrivare a quell’esordio in A che aspettava da tanto: “Mi sentivo pronto e me lo sono goduto. Ero andato a giocare per trovare minuti, prima in C e poi in B. Tutte scelte fatte per accumulare più esperienza possibile e devo dire che ha funzionato”. Sarà il Cagliari a comprare Colombi a titolo definitivo dall’Atalanta. Su espressa richiesta del presidente del club sardo, Tommaso Giulini: “Fu lui a chiamare il mio procuratore e a chiedere di me. Feci un colloquio e fui subito convinto”. Sulla panchina del Cagliari, nella stagione 2014-2015, c’è Zdenek Zeman. La prima esperienza con l’allenatore boemo, Simone la descrive così: “In tutta onestà, non è stato facile. Sopratutto all’inizio. Lui sappiamo che ha sempre fatto un tipo di calcio dove a livello difensivo si è molto esposti. Mi chiedeva cose che non avevo mai fatto prima. E io ero alla prima esperienza in serie A. Detto ciò, però, tra noi non è mai mancato rispetto. E questo è stato bello”. Tra le file del Cagliari, in quell’anno, Simone vede crescere anche Barella: “Quella stagione era ancora un ragazzino. Giocammo una partita insieme in Coppa Italia, Parma-Cagliari, e lì ho capito quanto fosse forte in campo. Per arrivare a quei livelli, dove è adesso, non può bastare solo questo. Ci vogliono testa e determinazione. Lui è sempre stato un grande lavoratore”. La carriera del portiere classe 1991 prosegue in serie A. Ma con i colori del Carpi e nella ‘sua Emilia’. Tre anni pieni di emozioni contrastanti. Ci sono le 100 presenze con i biancorossi, diventare il sesto portiere nella storia del Carpi a raggiungerle. Ma anche il dolore delle retrocessioni: “Scendere dalla A alla B fu dolorosissimo. Avevamo fatto 38 punti, non sono pochi. La Salernitana l’anno scorso, per esempio, si è salvata con 33. L’anno dopo la retrocessione, l’obiettivo era quello di risalire subito in A. Infatti rimasero molti giocatori forti. Per sfortuna, perdemmo la finale playoff col Benevento. Nel 2018-2019, la mia ultima stagione a Carpi, retrocedemmo in serie C. Fu una vera batosta. Avevamo la squadra per salvarci, ma iniziammo malissimo. E quando sei così in basso per tanto tempo, poi rischi. La cosa più brutta, inoltre, è stata non poter aiutare la squadra in quella situazione delicata. Sono stato infortunato per tutto il finale di stagione…”
Nel 2019 tappa a Parma e ritorno in serie A. Un anno da vice di Sepe. Ma solo sulla carta: “Prima dell’arrivo del Covid giocai 4 partite da titolare prima dello stop del campionato, perché Sepe si era fatto male. Eravamo in zona Europa League prima che fermassero tutto. Avevamo una squadra forte. C’erano Darmian, Gervinho, Kulusevski e tanti altri”. Se il primo anno con i gialloblù finisce bene, nella seconda stagione arriva la retrocessione. Ma ancora una volta, come ci insegna la carriera di Colombi, non tutti i mali vengono per nuocere. Ad aspettare Simone c’è Gianluigi Buffon, che nel 2021 torna nella squadra che lo ha lanciato: il Parma. Avere tutti i giorni attorno l’idolo di una vita. All’inizio può non sembrare vero e non ci si abitua mai del tutto. “Sono cresciuto guardandolo giocare. Davvero, è stata un’esperienza unica avere Buffon nello stesso spogliatoio. Studiavo come si comportava. Ogni cosa. Vedevo quali parole usava nei momenti della stagione positivi e quali in quelli negativi. La cosa che mi ha sorpreso di più è stata l’umiltà e l’entusiasmo con cui si è calato nella nostra realtà della serie B. Come si è posto. Davvero, non è da tutti”.
“L’anno scorso la Reggina è fallita. E’ stata una mazzata anche a livello economico perché avevo tre anni di contratto. Mi sono ritrovato svincolato il 29 agosto e le altre squadre erano già complete. Sono stato a casa, ma per come sono fatto non mi sono perso d’animo. Ho trovato una squadra in serie D dove allenarmi, la Pro Palazzolo. Ci tengo a ringraziarli pubblicamente. Poi è arrivata la chiamata del Rimini”. Inizia così la storia tra Colombi e il Rimini. L’esigenza di ripartire di Simone, dopo il fallimento con la Reggina, unita a quella del Rimini di rimettere a posto un reparto difensivo che subiva troppi gol. 18 nelle prime 7 giornate. Tanti. Troppi. Da quando è arrivato Simone, i biancorossi hanno invertito la marcia. 6 clean sheet, dall’ultimo posto in classifica al nono: “Quando ho accettato il Rimini alcuni miei amici mi hanno dato del pazzo. Mi dicevano che avevo sempre giocato tra B e A. Ma a me non interessava. Mi ha sempre guidato l’emozione e la sfida con il Rimini per me era stimolante. Vivo di queste cose, al di là della categoria. Adesso siamo davvero una squadra, ma solo non avrei fatto nulla. Abbiamo messo in fila i problemi, è stata brava la società a farceli capire. E noi a rispondere sul campo. Stiamo facendo qualcosa di straordinario”. L’apporto fondamentale, poi è stato quello dato dall’allenatore, Troise: “Ci ha cambiato mentalità. Mi ha sorpreso, sa cosa vuole e ce lo ha fatto capire subito. Dopo una settimana dal mio arrivo mi ha messo la fascia al braccio. Mi rende orgoglioso, ma è anche una responsabilità”. Senza squadra per due mesi, adesso guida il Rimini da capitano. Dall’ultima posizione alla nona, con il sogno Coppa Italia ancora vivo. Perseveranza e tenacia, appunto: le parole che Simone conosce meglio.
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