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Colucci e la sfida SPAL: ritrovare entusiasmo e spensieratezza

Di certo c’è che a Leonardo Colucci non fa paura salire sui treni in corsa. In carriera lo ha fatto da allenatore a Ravenna, a Picerno e ora lo farà a Ferrara. Una vita a centrocampo tra Cagliari, Bologna e Verona, è il profilo scelto per la panchina della SPAL: eredita una squadra che sta faticando a ripartire dalla Serie C dopo la retrocessione, con sei punti dopo cinque giornate e la sconfitta sul campo della Recanatese (la terza nel girone B) nello specchietto retrovisore. Ha 50 anni, Colucci. Più di due terzi sono imbevuti di calcio: l’esordio in una prima squadra è addirittura del 1989. Pugliese di Cerignola, cresce ed esordisce nella squadra del suo paese in Serie D. Oggi è un allenatore che ha tanta voglia di ripartire dopo un’estate in attesa. E lo farà da una piazza che ha fretta di salutare la C.

La prima volta in panchina con Giampaolo: Colucci e la settima tappa in Serie C

Ultima tappa alla Juve Stabia con dimissioni a fine gennaio, Colucci a Ferrara va alla guida di un gruppo che ha cambiato pelle in estate. Ripartendo da poche conferme – Arena, Peda, Maistro e Rabbi – tanti giovani e un ritorno deluxe in attacco: quello di Mirco Antenucci. Proprio il capitano si era preso la responsabilità di metterci la faccia dopo il ko contro la Recanatese. “La strada per uscire da questa situazione è una sola – aveva spiegato l’ex numero 7 del Bari – lavorare e migliorarci, perché evidentemente quello che stiamo facendo non basta”.

E il lavoro è l’unica via che Colucci ha sempre sposato: prima in campo con più di 360 partite giocate tra A e B, poi in panchina. Una carriera, quella da allenatore, avviata dopo l’addio al campo a 39 anni, nel 2011 con la chiamata a Cesena come allenatore in seconda di Marco Giampaolo. Di lì ha il via una trafila che passa per la guida degli allievi nazionali del Bologna e poi per Reggiana, Pordenone, Vis Pesaro, Ravenna, Picerno e Juve Stabia. 173 volte da allenatore tra i pro. Diventeranno 174 giovedì 5 ottobre alle 18.30, quando la SPAL ospiterà il Sestri Levante al Mazza in Coppa Italia.

Dal 4-3-2-1 di Picerno ai veterani: dentro il calcio di Colucci

La domanda è: che SPAL sarà? Quella di Domenico Di Carlo sin qui aveva proposto un 4-4-2, formula che ha assicurato solo quattro gol e generato tanti interrogativi sul rendimento del gruppo. 4-4-2 è una formula tattica che Colucci ha sposato (in alternanza con il 4-3-2-1) a Picerno, dove ha generato l’upgrade più rilevante da subentrante in panchina. Arrivo in Basilicata a ottobre 2021 con la squadra sul fondo della classifica. E Colucci adotta una formula snella ma efficace.

Nessuna rivoluzione tattica, solo tanto lavoro con “l’aiuto della società invisibile”, come l’allenatore ama spesso ricordare. Formata da custode, magazzinieri, fisioterapisti. Così sono arrivati 20 risultati utili su 23, con 11 vittorie e 9 pareggi e l’approdo agli storici playoff per un comune di 6000 abitanti. “Ho sempre giocato e allenato al nord – ricordava Colucci all’epoca – qui mi sento a casa”. A dare un contributo importante è stato anche l’attaccante brasiliano Reginaldo, faro e veterano: ruolo che potrebbe calzare a pennello sulle spalle di Antenucci, 39 anni lo scorso 8 settembre. Casa è anche in Emilia, dove ha vissuto dal 2002 al 2006 da calciatore del Bologna e ha allenato dal 2012 al 2017 tra le giovanili rossoblù e la prima squadra della Reggiana.

Gli insegnamenti di Ancelotti e quella notte a San Siro con il Pordenone

Il calcio di Colucci fa leva su due ingredienti fondamentali, che stanno spesso alla base del successo di ogni progetto: entusiasmo e spensieratezza. Un dogma ereditato da un certo Carlo Ancelotti, che lo ha allenato ai tempi della Reggiana. “Non pensavo potesse vincere così tanto – ha raccontato Colucci in passato ai microfoni de LaCasadiC.com – ma non perché non fosse già un allenatore straordinario dai tempi della Reggiana. Parliamo di un’impresa leggendaria aver vinto in cinque campionati diversi in Europa e alzato un numero di Champions che faccio fatica a ricordare. Quello che mi sento di dire è che il Carlo di oggi è lo stesso dei tempi della Reggiana, capace di coinvolgere sempre tutti. Sono orgoglioso di poter raccontare ai miei nipoti che mi ha allenato”.

Orgoglio. Stessa sensazione che Colucci certamente prova pensando a una data: 12 dicembre 2017. Il suo Pordenone va a San Siro e quasi replica il mito di Davide contro Golia. Un club di Serie C che costringe Icardi e compagni allo 0-0 per 120 minuti, fino al rigore parato da Padelli a Parodi e al penalty trasformato da Nagatomo. Una notte trascorsa imbrigliando l’Inter senza svolazzi, con squadra gestita in campo dai calciatori di maggiore esperienza e qualità (Berrettoni, Misuraca) e la sensazione che tutto fosse fatto nella maniera giusta. Portare l’Inter ai rigori è come vincere la Coppa Italia per noi – disse Colucci all’epoca – è una lotteria nella quale però si può anche sbagliare. Si gira pagina e il bello del calcio è che domenica c’è un’altra partita”. Un concetto che porterà anche negli spogliatoi del Mazza, dove c’è tanta voglia di scrivere capitoli diversi e a lieto fine.

Luca Guerra

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