Momenti difficili e rinascita: la nuova grande storia di Enrico Oviszach
L’attaccante rossoblù continua a recitare il ruolo di grande protagonista con la maglia del Crotone.
Nella carriera della maggior parte dei calciatori c’è, quasi sempre, un punto di rottura. Vento di cambiamento, inaspettato, leggero, ma deciso, un po’ quello che è successo a Enrico Oviszach, protagonista durante le ultime settimane con il Crotone.
La sua è una storia che ha quasi convissuto in modo naturale con le difficoltà, momenti duri, pagine grigie di un percorso che sembrava ai piedi di una salita insormontabile. Enrico, invece, ha sempre avuto con sé uno spirito guida, o meglio un qualcosa che nasce forse una volta ogni tanto: il talento.
I goal, tanti e belli, li può notare chiunque perché sono ormai un elemento costante e piacevole della squadra di Longo, ma le radici sono ben più profonde ed è soltanto ripercorrendole che si scopre dove nasce questa grande fame. Sogna Oviszach, ma sognano anche i tifosi rossoblu, amore nato per caso ma già pieno di cose da raccontare.
In mezzo però, ci sono gli incontri speciali. Con il Ds Antonio Amodio, che punta sul giovane ragazzo friulano sin dalla Serie D, e appunto con il Crotone, grazie anche alla volontà da parte della società -e del DG Vrenna– di investire sul suo cartellino durante l’ultima sessione invernale di calciomercato. Ma riavvolgiamo un attimo il nastro, tornando alle origini di Enrico Oviszach.
Oltre le difficoltà
Sogni e realtà, che spesso ti mette davanti a scelte difficili. La carriera di Enrico Oviszach parte dal suo Friuli, scuola Udinese, dove muove i primi passi con il pallone tra i piedi e inizia a porre le basi per un futuro solido. Giornate immerse a sudare, e magari segnare, alternate a una passione atipica per un calciatore moderno: la caccia. Sulle orme di papà Vanni, nel calcio come nella vita quotidiana. Lui cresce, spera, fatica, mentre all’orizzonte lo attende il primo appuntamento con il destino. È il 23 gennaio 2018, giorno in cui il giovane Enrico deve fermarsi per un istante, forse eterno, prendere fiato e scontrarsi con un evento duro, papà Vanni scompare tragicamente e per un tratto tutto sembra fermarsi.
Lui, però, è cresciuto con la consapevolezza che i momenti duri sono molto probabilmente un elemento quasi costante delle nostre vite. C’è la sua famiglia, ma c’è anche Ferdinando Guarino, suo procuratore, che non lo molla un attimo e gli sta vicino nella sua ora più buia. Lo sanno tutti, quel talento deve continuare a esprimersi libero e arrivare più in alto possibile. Ecco quindi il passaggio alla Cavese, primo tra i professionisti, prima della chiamata della Polisportiva Santa Maria, squadra che in quel momento disputa la Serie D. È la grande intuizione di Antonio Amodio, che sa bene cosa sia in grado di dare quel giovane ragazzo venuto da San Leonardo. La risposta sul campo è scontata, 6 goal e 6 assist, poi a gennaio arriva il Vicenza e il ritorno in Serie C.
Presente, capitolo zero
Con i colori del Vicenza arriva anche la prima gioia tra i professionisti, i tifosi apprezzano il suo talento, ma per la consacrazione definitiva bisogna attendere un nuovo abbraccio con quel giovane Ds che lo aveva accolto giusto qualche anno prima. Amodio lo porta quindi al Giugliano e le aspettative non vengono assolutamente disattese, goal e prestazioni importanti che attirano le attenzioni di una squadra da sempre attratta dai giovani talenti. Il Crotone, con il Dg Vrenna in testa, acquistano il suo cartellino ma decidono di attendere luglio prima di iniziare a lavorare insieme.
Il presente è storia nota, ma è anche simile a un capitolo zero. Quello della maturità definitiva, delle conferme e di quei sogni che sembrano forse incanalati verso nuove pagine di una bellissima realtà. E il goal contro il Foggia ha fotografato in modo preciso e puntuale tutta l’essenza del talento di Oviszach. Palla attaccata al piede, sguardo verso la porta, tiro, goal, nonostante una distanza di quasi 25 metri. Parabola di un talento che è andato incontro alla tempesta non voltandosi mai indietro, a testa alta sempre, perché forse convivere con il dolore fa parte della nostra essenza o più semplicemente è un duro prezzo da pagare prima di poter assistere a una nuova alba.