Nel 2015 tutta Italia parlava di lui. Alessio Di Massimo aveva solo 19 anni e correva come un dannato. Sulla fascia sinistra e dentro la sua testa. Non capita mica a tutti di passare in un colpo solo dalla Serie D alla A. Dall’Avezzano alla Juventus: “E’ il nuovo Torricelli!”, titolano i giornali. 17 gol in Promozione, 14 in Eccellenza, 5 in 12 partite fra i dilettanti: “Guarda, che domenica da Torino mandano un osservatore”, gli dicono. Lui la notte prima non riesce a dormire, comprensibile: “Poi mi alzo, scendo in campo e gioco benissimo”, ci racconta. Cavolo, che sogno. Peccato però che alla fine succede l’impensabile: “Sbaglio un gol a porta vuota… incredibile, se ci provo altre cento volte non sbaglio mai”. Doccia, testa bassa: “Scusi, ero troppo emozionato”, si giustifica con l’osservatore della Juve. Ma non cambia niente, a Vinovo lo aspettano Cherubini e il fratello di Chiellini: “Giocavo con la Primavera, ma lì ho vissuto il calcio vero. Qualcuno lo sento ancora oggi, che battaglie a Call of Duty con Orsolini”.
Oggi, sette anni dopo, Di Massimo gioca in Serie C. Prima parte di stagione da dimenticare alla Triestina: “I risultati non arrivavano e a rimetterci sono stato io. Non mi ritenevano all’altezza, tecnicamente e caratterialmente. Quindi mi hanno messo da parte”. A gennaio poi una nuova sfida, la Pistoiese: “Fino all’ultimo giorno di mercato ho sentito diverse squadre. Sarebbe stato più facile andare al Gubbio o alla Reggiana, invece eccomi”. A convincerlo è stata… la classifica. Primo posto o playoff? Macché, la Pistoiese era ultima. Crisi nera, un nuovo allenatore, una nuova società: “So che in molti hanno detto di no, non se la sono sentita. Per venire qui ci volevano le p***e”. Quelle ad Alessio non mancano. 25 anni, leader vero: “Fra arrivi, partenze e risultati non c’era un bel clima nello spogliatoio. Non conoscevo nessuno, ma sono andato a parlare con tutti: ‘Guarda che ci salviamo, vedrai’, dicevo qua e là”. Morale della favola: subito gol, assist, 11 punti in sette partite. L’obiettivo dista solo tre passi: “Eppure la prima fu un disastro. Match salvezza col il Grosseto, perdiamo 6-1. Non ci conoscevamo, eravamo tutti nuovi. Ci siamo detti: “C***o, ora diamoci una mossa”. Ed eccoci qui”.
Alessio ha sempre dovuto dimostrare: “A 15 anni ero dieci chili in sovrappeso: ‘non giocherai mai a pallone’, mi dicevano tutti. Beh, me ne sono sempre sbattuto. Un’estate poi mi fissai con la dieta e mi sono messo a posto”. Prima che la Juve lo chiamasse aveva visto solo una partita di A dal vivo: “Ascoli-Milan 2-5, doppietta di Gilardino e Kakà”. Il massimo per un tifoso rossonero che più tardi apprezzerà El Shaarawy. Da ragazzino alle partite non ci andava mai da solo: “In tribuna c’erano sempre i miei sette zii e papà Concetto. Mamma Cinzia no. Una volta subii un fallo ed entrò in campo tutta preoccupata: ‘Ok, da ora me ne starò a casa!’, giurò”. Di Massimo gioca a calcio da quando aveva… un anno: “Volevo sempre e solo la palla, non mi interessavano altri giochi. Quelli elettronici? Macchè, avrò avuto al massimo un Nintendo Ds. Io e mio cugino scendevamo in garage, costruivamo delle porte con dei materassi consumati e giocavamo. Lui in porta e io a fargli gol. Quanti vetri rotti…”.
Chi rompeva le porte di Vinovo era Pogba, ammirato in uno dei tanti allenamenti fatti con Allegri: “Un giorno stavamo provando i tiri al volo e Paul fa una roba assurda. Sono rimasto scioccato”, ricorda Alessio. Ad allenarlo con la Primavera c’era Grosso: “Lo ascoltavo come se fosse Maradona. Lo avevo visto ai Mondiali e wow, ce l’avevo lì. Che effetto. Poi aveva davvero delle ottime idee, infatti lo sta dimostrando tutt’oggi”.
Con i giovani bianconeri giocherà 21 partite e segnerà sei gol. Perderà due finali, quella di Coppa Italia e quella di campionato. Vince tuttavia il Torneo di Viareggio. 3-2 in finale al Palermo, lui entra e segna il gol decisivo a 15’ dalla fine: “Conservo quell’immagine come foto copertina di Facebook”, sorride. A fine anno la Juve non lo riscatta e inizia il suo viaggio in Serie C fra Sambenedettese, Triestina, Catanzaro e Pistoiese: “Se mi rimprovero qualcosa? No, niente. Certo, la Juve è stato un bel treno ma ne passeranno altri. Un calciatore raggiunge il suo top fra i 28 e i 32 anni. Beh, ne ho 25. Sono ancora in tempo”.
Di Simone Golia
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