A casa di un…ciclista! Diana e la sua Reggiana: “Conta solo pedalare”
Aimo Diana racconta la sua Reggiana a LaCasadiC.com: “Conta solo pedalare. Potete chiamarmi Aimo il ciclista”
Pedala forte la Reggiana, prova a staccarsi dal gruppo. Ma la salita (alias il girone B) è dura. Niente paura, c’è Aimo Diana. C’è Aimo sì, Aimo il ciclista. Il mio soprannome, un omaggio alla (sua) fatica. Ad uno sport, giustappunto il ciclismo, nel quale non esistono regali e servilismi: solo sudore e pedalate. Pedalate e sudore. In panchina con Feralpisalò, Pavia, Melfi, Sicula Leonzio, Renate. Quante tappe, caro Aimo! In estate la Reggiana, ora al primo posto con venti punti in otto gare. La sfida è appena cominciata…
“Mi chiamano Aimo. A questo punto sì, Aimo il ciclista…”. La casa di un… ciclista. Che curiosità! Al punto tale da non bussare neppure, prendiamo ed entriamo. Vi chiederete come sia la casa di un ciclista. Dai, prima tu… “La casa di un ciclista è minimal, essenziale. Niente orpelli, solo quello che serve. Tanto ci stai poco, devi correre…”. Asserzione centrale nella vita di Aim… ops, del ciclista.
Diana, la Reggiana e le scalate
Una vita a scalare. Uno Zoncolan dietro l’altro. Per più di trecento volte in Serie A. Poi, di nuovo, in panchina. Lo sceglie lui. Tra i sentieri angusti, stretti dei campi di Lega Pro. Dalla vicina Salò alla lontana Lentini. Corre Diana. Non punta a staccare, ma ad esserci, lì, in mezzo al gruppo. Quello stesso Diana che, val la pena ripetere, ha più di trecento presenze in A. E casa sua ne è la perfetta proiezione. Non c’è sfarzo, ma l’indispensabile. Non c’è oro, ma sudore.
“Dicessi che sia stato semplice prendere le valigie e andare a Melfi o Lentini, mentirei, in primis a me stesso. Ma nella vita e nel calcio, conta solo una cosa: l’oggi. Non importa né chi eri né chi sarai, conta oggi: chi sei. Quando ho intrapreso questo percorso da allenatore, mi son messo allo specchio e mi son spogliatoio dei panni del Diana giocatore. Senza borghesia, non se la può permettere quasi nessuno. Nel calcio conta andare più veloce degli altri, conta starci dentro, non importa dove e quando. Se avessi dovuto cominciare a ragionare con ‘mi chiamo Diana quindi lì non vado’, sarei andato all’indietro anziché in avanti. Schiena dritta e pedalare, il gruppo corre…”.
Il ciclismo è uno sport infame, ti logora mentalmente. Non ti fa dormire. La fatica non è solo fisica. E’ soprattutto mentale. Vincere una tappa è irrilevante. Non percepisci la fine. Devi portare te stesso oltre l’immaginabile per vedere la luce… “Piedi a terra, sempre. E umiltà. Pedalare senza adagiarsi su quello che è stato fatto. Lo dico sempre ai ragazzi, soprattutto in un girone difficile come il nostro, non ci saranno fughe. Sarà un lavoro di nervi e strategia. Noi dobbiamo essere mentalmente forti, come Indurain, ve lo ricordate, sì? Andava in testa e ci rimaneva, dall’inizio alla fine…”.
La visita a casa Diana prosegue. E’ una casa rassicurante, si vede che le fondamenta sono solide. E’ stabile. Non ci sono troppi cimeli di ciò che è stato. Divani? Uno, di dimensione normale. Tante sedie. Sedersi per ripartire. Veloce, come la sua Reggiana. 3-4-1-2 a macinar chilometri, a destra e a sinistra. Pressing, possesso, corsa senza palla: intensità. Il sale del calcio (moderno). E forse, piaccia o no, anche dei nostri tempi (moderni).
C’è anche una bella maglia al centro della stanza, granata… “Ma è come se fosse rosa! La Reggiana, oggi, è la mia maglia rosa. Sudata, conquistata, apprezzata. Lo step giusto per me. Una piazza, o che dir si voglia una maglia, che respira storia. Ti fa stare bene, ti fa sentire importante. L’emozione di vedere sempre un trasporto così, dallo stadio al supermercato. La prima in casa, contro il Montevarchi, quasi non riuscivo a parlare per l’emozione ad inizio gara. Ma ci sta, viviamo di questo! Comunque andrà, sono davvero convinto di aver fatto la scelta giusta…”.
Non si volta Aimo. Pedala, pedala, pedala. Sguardo in avanti. Come al Pordoi, arriva in cima…. e vedrai il mare!
A cura di Lorenzo Buconi