“Partiamo anche adesso se vuoi”. Tono pacato, volume entusiasta, capacità innata d’impreziosire il discorso. In due parole? Ezio Raciti. Uomo d’altri tempi, professionista ultratrentennale, specialista assoluto in salvezze al fotofinish. L’ultima, in ordine di tempo, conquistata col suo Messina, nella vittoria ai playout contro la Gelbison. “Questo traguardo mi rende felice perché è stato più difficile del precedente– ha raccontato l’allenatore a Lacasadic.com– molti mi dicevano di non accettare perché avrei rovinato quanto fatto in precedenza ma ritengo che tornare e salvare questi colori fosse mio dovere. Non ho mai dubitato di questo gruppo straordinario”.
La ricetta dell’allenatore catanese è abbastanza chiara: passione, coraggio ed appartenenza. Risultato? 30 punti conquistati nel girone di ritorno e salvezza raggiunta grazie proprio al primo gol stagionale dell’uomo-copertina. “Ragusa è un giocatore importante. Mai una parola fuori posto nonostante il curriculum, disponibilità incredibile, grande senso di responsabilità: un leader nato, come Kragl, sul quale sono state dette fesserie. Olly non è un piantagrane, ha giocato più volte con infiltrazioni, è un ragazzo eccezionale al quale mi lega un rapporto profondo. In generale tutti, anche i non utilizzati hanno dato un contributo speciale alla causa”.
È un vero e proprio fiume in piena, Ezio Raciti. Il futuro però, dopo le recenti dichiarazioni del patron Sciotto (leggi qui), appare più che mai incerto. “Ero già stato informato dell’intenzione della proprietà-confessa l’allenatore giallorosso-Sciotto ha fatto degli sforzi notevoli e vorrebbe, nel caso in cui non riuscisse a trovare partner, lasciare il club in buone mani, spero solo non si disperda quanto fatto di buono perché oggi possediamo un’ossatura importante. Mie dimissioni pre Gelbison? Ci fu un equivoco poi prontamente chiarito: mi fu riportata male l’intenzione del presidente di mandare alla squadra un messaggio personale di supporto. Il mio futuro? La mia preferenza è assolutamente quella di rimanere a Messina, aspetterò nei giusti tempi la società anche se ho due offerte molto importanti dalla C (da un altro girone) e dalla D che valuterò con attenzione”.
Stakanovista, attento ai particolari, perenne appassionato del calcio romantico. Ma come nasce il metodo Raciti? “Da calciatore ho fatto il settore giovanile con Reggiana, Inter e Napoli ma probabilmente ho sprecato tutto per mancanza di professionalità. Nel mio percorso da allenatore ho imparato che per incidere servono tre cose”. Quali? “Incutere rispetto e non terrore, costante confronto con gli altri e personale capacità di adattamento: il mio è un calcio propositivo ma la proposta dipende sempre dal materiale a disposizione, entrare in corsa poi non è mai facile ma penso che anche nelle situazioni apparentemente negative risieda sempre qualcosa da valorizzare”. Le idee dell’allenatore siciliano sono chiare, i riferimenti ancora di più. “Ammiro molto Ancelotti: credo di essere simile a lui per capacità di instaurare sempre grandi rapporti umani e per il mio spirito generalmente molto aperto a qualsiasi situazione”. Altre passioni? Senza dubbio la cultura del talento.
“Nel 1990 con mio padre fondammo ‘La Meridiana’ (leggi qui)-racconta orgoglioso l’uomo che ha salvato il Messina-è un progetto che porto nel cuore perché oltre ad insegnare calcio seguiamo i ragazzi anche dal punto di vista personale. Sono molto fiero dei risultati raggiunti, dei rapporti che si creano e rimangono nel tempo. Per noi non si tratta di meri numeri”. Calcio e vita si uniscono, così i risultati si notano. Esempi? “Cito i fratelli Carboni: da bambini si vedeva avessero predisposizione al grande calcio, merito del padre Ezequiel che li ha guidati nel modo giusto”. Una realtà ben consolidata, quella della scuola calcio catanese, vera e propria fucina di talenti per i pro. “Ricordo con piacere i nove anni nel settore giovanile del Catania, ho in testa una partita persa a Torre Del Grifo con la Juve: dominammo il gioco contro una squadra che costava un occhio della testa, il tutto con ben otto elementi provenienti dalla Meridiana. Un orgoglio incredibile”.
Non solo giovani. Quello del classe ‘60 è un viaggio lunghissimo che abbraccia tutte le categorie, fino alla D. Il grande salto? A Siracusa, nel 2018. Dopo esser subentrato per due volte Raciti riesce a salvare il club proprio durante la cinquantesima partecipazione degli azzurri in Serie C. Momento da ricordare? Certamente il derby personale vinto contro il Catania. “La mia prima esperienza tra i professionisti andò benissimo: presi il gruppo alla penultima giornata del girone d’andata con appena 12 punti e ci salvammo senza nemmeno fare i playout. Il direttore Laneri fu perfetto nel costruire l’organico, composto da elementi determinanti quali Palermo, Vazquez e Russini, giocatori importanti ai quali aggiungo anche Marco Turati, attuale secondo di Vincenzo Italiano”.
Altro giro, altra corsa: il 12 dicembre 2021 il Messina sprofonda. 5-0 sul campo della Turris. Fuori Capuano (già subentrato a Sullo), dentro Raciti dalla Primavera. Ezio per Ezio. Il risultato è incredibile. “Visto l’esito delle gare con Catania e Paganese la società mi confermò fino a fine stagione. La squadra era in crisi d’identità e l’inserimento di giovani poco utilizzati quali Marginean e Gonçalves, oltre al grande mercato di gennaio determinò la nostra svolta. Momenti più belli? Scelgo il pareggio col Palermo e la vittoria del San Nicola perché quel Bari era una corazzata ed in casa non perdeva da una vita”. Ezio Raciti si racconta, apre il suo cuore, tira fuori l’orgoglio. Il rammarico dovuto al finale è però innegabile. “Speravo davvero di essere confermato-ci confessa- Pitino fece altre scelte e ci rimasi male. In 60 gare di Serie C ho fatto 88 punti con una media altissima. Sono molto soddisfatto del mio lavoro e credo davvero di meritare un’opportunità dall’inizio, magari proprio a Messina. Spero la società mi confermi”.
Determinazione, umiltà, pacatezza. Ma chi è Ezio Raciti fuori dal campo? “Un uomo molto attaccato alla famiglia e ligio al dovere. Credo di aver costruito qualcosa di speciale, in particolare con mio figlio Antonio. Lui è il mio primo critico, dopo ogni partita ci sono sempre suoi appunti o consigli da considerare. Prende spesso l’iniziativa studiando gli avversari, è molto preparato sui piazzati, analizza anche i nomi in sede di mercato, passando al setaccio ogni caratteristica. Il suo è un contributo prezioso, frutto di enorme passione e competenza calcistica”.
Il racconto fa spazio all’orgoglio, il tono di voce trasuda emozione. La parabola Raciti si spiega così, in attesa della prossima grande avventura.
A cura di Damiano Tucci.
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