Dedicarsi con passione al proprio lavoro. Dare anima e corpo. Accettare una sfida, non una qualsiasi. Appunti sparsi dell’esperienza (bis) vissuta da Delio Rossi a Foggia. Ingredienti sui cui però si è edificata, in fondo, un po’ tutta la sua carriera. “Accettai quella sfida – ha raccontato in esclusiva ai microfoni de La Casa di C – in primis perché Foggia per me non è come le altre squadre. Ha qualcosa di diverso. Dovevo solo finire il campionato e poi dare il massimo ai playoff, facendo quello che so fare meglio: allenare”. Un percorso bellissimo a cui è mancata solo la ciliegina sulla torta. Un viaggio pieno di emozioni, nonostante la sconfitta in finale contro il Lecco. L’ex allenatore di Palermo e Lazio tra le altre, ha rivissuto quei momenti, andando anche un po’ oltre. Ma non vi sveliamo nulla.
“Mi chiamarono di fatto per dare tutto ai playoff. Ho accettato perché volevo fare ciò che so fare meglio, l’allenatore. La squadra era all’ottavo posto e io arrivai a fine marzo 2023, la prima partita fu il 2 aprile (1-0 contro il Messina, ndr). Ai playoff facemmo un percorso straordinario”. Così Delio Rossi inizia il suo racconto a metà tra il romantico e il “tragico”. Con la consapevolezza di avere però fatto il massimo: “Ho avuto giocatori eccezionali che, devo dire la verità, andarono anche oltre le loro reali potenzialità”.
La vittoria contro il Potenza agli ottavi, poi Crotone ai quarti e Pescara in semifinale. Contro la squadra di Zeman, suo ex allenatore. E ancora la finale contro il Lecco. Andata e ritorno; il primo incontro disputato allo Zaccheria: “perdemmo lì la finale. Fu uno scandalo, certi episodi furono davvero scandalosi”, così il 63enne togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. “Non furono – ha continuato – così tanto presi in considerazione perchè eravamo il Foggia ed era la Serie C, quindi le cose sono volate via con molta tranquillità. Ma è chiaro che fattori extracalcitici indirizzarono quella finale, che fu decisa fondamentalmente nella gara di andata. Poi il ritorno fu una conseguenza. Cosa è mancato? Non è mancato niente, solo un po’ di fortuna. Io ho ringraziato tutti”.
Un miracolo sportivo soltanto sfiorato e un addio amaro: “Dovevo lasciare – spiega – perché ero troppo coinvolto dal Foggia. Dormivo un’ora a notte e ho lasciato perdere tutti: amici, parenti, famiglia. Esisteva solo il Foggia, quindi capite bene come questi ritmi non potevo tenerli. Avevo accettato questa sfida perché sono legato a questa città, a queste persone. Mia moglie è di Foggia, ho molti amici stretti qui. Ma non potevo continuare, avrei lasciato anche in caso di Serie B“.
Foggia da allenatore, Foggia da calciatore. Dal 1981 al 1987. I colori rossoneri nella vita di Delio Rossi: “Ero bravo, un volitivo. Se mi schieravi avevi fatto una cosa buona e giusta anche se tecnicamente ero normale, discreto”. Certe persone, però, sono nate per fare altro. Come lui, con il mestiere dell’allenatore nel sangue: “Avevo 23 anni, giocavo nel Foggia ma pensavo già ad allenare. Mi piaceva parlare con i giovani talenti anche se lo ero anche io (ride, ndr). “Una volta – racconta – Zeman fu squalificato per alcune partite e la società scelse me. Tecnicamente c’era il vice, ma di fatto allenavo io”, ha detto scherzando. Zeman, appunto, un maestro da cui Delio ha imparato tanto: “Ho rubato qualcosa, certo. Chi fa questo mestiere prende sempre esempio da altri. Poi il tuo tocco lo devi avere. In alcune cose sono simile a lui, in altre no. Ci faceva sudare tanto, potrei stare ore a parlare di lui”.
“Di certo non mi strappo i capelli, né sono un leone in gabbia. Ma il campo mi manca”, ha ammesso Delio Rossi. La vita darà a chi merita la giusta occasione. Funziona così anche per l’allenatore nativo di Rimini. Bisogna solo aspettare: “Nella vita non so fare altre cose, soltanto allenare. Non posso reinventrami Imbianchino o muratore, so fare questo e basta. Quindi sì, certo che voglio tornare. A casa non mi annoio, mi godo la famiglia. Non sono disperato, ma serve una squadra che merita davvero la mia attenzione”. Infine ha ammesso: “Mi hanno chiamato molti club, italiani ed esteri, ma non si è fatto più nulla. Non sarebbe giusto dire i nomi, perché c’è gente che sta lavorando già. E poi, non è andata in porto quindi staremmo qua a parlare del nulla”. Una cosa è certa: Delio Rossi vuole ancora insegnare calcio, con la stessa voglia di quando aveva 23 anni.
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