Tra ricordi e nuove avventure, Cosenza: “Attendo l’ultimo ballo, magari nella mia Reggio”
Il difensore calabrese si è raccontato ai microfoni de LaCasadiC.com tra ricordi, nuovi obiettivi e un desiderio speciale.
Lavoro, passione, sacrificio. Tre caratteristiche che hanno accompagnato la carriera di Francesco Cosenza, un continuo alternarsi di emozioni positive e momenti difficili. Fuori una corazza apparentemente da duro, dentro invece un sorriso e una genuinità che da Stignano lo hanno portato fino in Serie A: “Cerco sempre di sdrammatizzare, molti mi vedono come il duro uomo barbuto ma nella realtà sono una persona che ama scherzare e si accontenta di gesti semplici”.
E poi il calcio, gli inizi, e un colore: l’amaranto della sua Reggina. Parte tutto da lì, lui che come tanti è un figlio del Sant’Agata: “Reggio e la Reggina resteranno sempre nel mio cuore, lì ho fatto il mio esordio in Serie A e mi sono affermato come calciatore. Lo scorso anno sono stato davvero vicino al ritorno, ma il brutto infortunio capitato a mio figlio mi ha portato a scegliere di restare accanto alla famiglia. Presto, però, vorrei concedermi un ultimo ballo in maglia amaranto, riportare la Reggina tra i professionisti rappresenterebbe la chiusura di un cerchio”.
Un percorso che, soprattutto all’inizio, ha avuto una grande guida, che lui definisce il ‘baffo più famoso d’Italia’: “Lillo Foti per me è stato come un padre, una persona rara nel mondo del calcio. Aveva un rapporto stretto con tutti i calciatori, dalle giovanili fino alla prima squadra. Non lasciava nulla al caso, con lui ho avuto anche qualche scontro ma in generale è sempre stato un grande punto di riferimento“.
In mezzo tanti alti e bassi, affrontati con la voglia di non cedere mai alle difficoltà, e una data speciale che ci riporta all’1 novembre 2008: “Quel giorno ho fatto l’esordio in Serie A, resta sicuramente uno dei momenti più belli della mia vita anche se non me lo sono goduto al massimo”. E già, perché la vita ti mette spesso davanti a situazioni paradossali, quasi al limite: “Una settimana dopo quella partita è venuto a mancare mio papà, stava male da tempo e questa situazione aveva accompagnato anche i miei primi minuti in massima serie. La mia mente non era completamente sgombra, ma sono momenti che mi hanno fatto crescere in fretta”. Famiglia, scelte, ricordi, elementi costanti nella vita di ‘Ciccio’ Cosenza.
Cosenza: “De Zerbi? Controllava anche l’altezza dell’erba”
Tra le tappe della sua carriera ci sono poi tante piazze calde, accese da una passione infinita: “Ricordo sicuramente l’esperienza al Taranto, Papagni mi buttò nella mischia a soli 20 anni, ogni partita casalinga contava più di diecimila persone“. Figure giuste al momento giusto: “Devo dire grazie anche a Gotti, che ha gettato le basi per farmi approcciare al meglio al mondo dei professionisti, senza dimenticare Liverani o Padalino. Uno spazio speciale lo riservo, inoltre, per Cristiano Scazzola. Ha creduto in me nel periodo più difficile, mi ha dato fiducia e alla fine ha avuto ragione”.
Sulla sua strada, però, anche incontri speciali. Compagni di viaggio che hanno poi lasciato un segno indelebile nel calcio: “Ad Avellino ho conosciuto Roberto De Zerbi, l’ho ritrovato qualche anno dopo da allenatore del Foggia e ho capito subito che avrebbe fatto una grande carriera. Era diventato un maniaco della perfezione, controllava anche quanto fosse alta l’erba del campo. Le sue idee hanno innovato il calcio, ma c’è un dettaglio che lo rende ancor più grande”. Cioè? “Da Sassuolo a Brighton, fino a Marsiglia, non è mai cambiato. È umile ed emoziona con il suo modo di fare, ti conquista subito”.
“Serie C campionato difficile”
Lavoro e sacrificio, dicevamo, fino alla vittoria: “Io ho avuto la fortuna di vincere due campionati, quello in B da capitano, ma so bene quanti sacrifici ho dovuto fare. Lecce è l’esperienza che mi ha segnato di più, c’era la pressione di dover a vincere a tutti i costi ma la Serie C è un campionato difficile, non ammette calcoli. Devi essere bravo a calarti a livello mentale nella categoria, anche perché vai a giocare su campi tosti dove la tecnica va a perdersi”. Una categoria che sa spesso metterti a dura prova, anche davanti a investimenti importanti: “Seguo l’Avellino, dove ho vissuto sei mesi intensi, anche se condizionati da una difficile situazione economica a livello societario. La società sta investendo tanto, ma non è così facile vincere”.
“Quando subentrano le prime difficoltà è giusto cambiare, resta una piazza importante che richiede anche un grande senso di responsabilità. Io gli auguro il meglio perché da diversi anni sta cercando di tirarsi fuori da questa categoria”. Nel lungo viaggio tra i ricordi ci sono, però, anche i momenti difficili: “Dico sicuramente il primo anno a Vercelli, sono stato quasi costretto ad andarci. L’allenatore, inoltre, non mi vedeva come un possibile valore aggiunto. A gennaio ho scelto di traferirmi al Grosseto, ma non c’era i presupposti per poter lavorare al meglio. In poco tempo sono passato dal sogno Serie A con la Reggina fino a non avere quasi più mercato. È stata dura”.
Amicizie, aneddoti e futuro da Ds
Ma chi è Francesco Cosenza fuori dal campo? “Amo definirmi un tuttofare, mi sono sempre rimboccato le maniche. Nei rapporti, invece, mi reputo una persona aperta che riesce a mantenere i legami nel corso del tempo”. Come, per esempio, con Francesco Acerbi: “Ci siamo conosciuti a Reggio Calabria, lui era giovanissimo e veniva dal Pavia. Abbiamo spesso cenato insieme a casa mia, ci frequentiamo ancora oggi”. Amicizie e passioni, senza tralasciare i tanti aneddoti: “A Lecce, per poco, non facevo secco Liverani. Stavamo festeggiando la promozione e l’ho imbiancato completamente con l’estintore, mi sono accorto solo alla fine che si stava sentendo male” (ride, ndr).
Il presente parla invece di un Cosenza che ha iniziato a studiare da Ds: “Sto seguendo il corso a Coverciano e sto già cercando di aggiornarmi il più possibile. Modello? Sicuramente il mio amico Fabio Artico, parla bene tre lingue e ha già portato Alessandria e Cesena in Serie B. Il Ds ormai deve anche fare da mediatore tra società e calciatori”. Passato, presente e futuro, mentre la testa richiede soltanto una cosa: l’ultimo ballo nella sua Reggio.
A cura di Alessandro Affatato e Rocco Cristarella