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AlbinoLeffe, Gaël Genevier saluta il calcio giocato: “L’Italia la mia seconda casa”

Lo sappiamo. Tra Francia e Italia è sempre stata una corsa a chi è la migliore. La rivalità non riguarda solo il calcio. Si estende anche a motivi di natura commerciale, economica e culturale. Tutto ciò, però, contraddistinto da una stima e un rispetto reciproci. Temi divisori, che non mettono d’accordo tutti. Anzi, davvero pochi. Ma c’è un uomo, prima ancora di calciatore, che invece ha unito tutto ciò: Gaël Genevier. Da pochi giorni ha annunciato l’addio al calcio giocato. Un’intera carriera trascorsa nel nostro paese fa di lui un figlio adottivo dell’Italia. “Lo posso dire ed è fuori discussione: soprattutto calcisticamente parlando, sono più italiano che francese. Quello che ho vissuto qui, fino ad oggi, non me lo potrò mai dimenticare”.

CREDIT: TOMMASO BERARDI / U.C. ALBINOLEFFE

“Il ritiro una decisione presa già ad inizio stagione, per il futuro vediamo..”

“Non si è mai pronti”. Come ci si può preparare ad un avvenimento simile? Missione quasi impossibile. Allenamenti, discorsi nello spogliatoio, scherzi, risate. Non ci si abitua mai. “Da quando ho 6 anni corro dietro un pallone, adesso ne ho quasi 42. Nonostante io sapessi da inizio stagione che questa sarebbe stata l’ultima, non sei mai pronto per lasciare alle spalle quella che a tutti gli effetti è stata la mia vita”. L’infortunio al ginocchio di quest’anno non ha influito. “Già lo scorso anno c’era il pensiero di ritirarsi, ma visto il finale di stagione da protagonista non me la sono sentita”. Adesso una vita nuova. Tante idee, mille progetti e la voglia di riposarsi e regalare del tempo a sé stesso. “Appena finirà la stagione andrò, come tutti, in vacanza per staccare un po’“. Nel frattempo, durante l’anno, Gaël si è dedicato anche allo studio, per programmare il futuro. Oltre all’abilitazione da direttore sportivo, ho preso anche quella da Team Manager e da allenatore. Ho avuto il tempo per studiare e non è mai un male farlo”. Tutto, però, passando prima dagli affetti.

“La mia famiglia è la mia forza, il primo ringraziamento va a mia moglie”

“Adesso la mia volontà è quella di stare con la mia famiglia”. Già. Il tempo è sempre ridotto quando si è un professionista. Richiede sacrificio, tanta comprensione e voglia di condividere insieme seppur a distanza. Il primo ringraziamento va a mia moglie. Mi ha sempre supportato anche a distanza. Lei è sempre stata con me in Italia fin quando non è fallita la Reggiana. Dopo di che, abbiamo avuto un periodo dove cercavo un’altra squadra. Siamo tornati in Francia e abbiamo dovuto iscrivere mio figlio a scuola per non trovarci impreparati. Da quel momento loro sono rimasti lì e io sono tornato a giocare in Italia”. Questione di priorità. La vita di tutti i giorni ci mette davanti a delle scelte. A volte tanto difficili come questa. Da quando mio figlio ha 6 anni, praticamente abbiamo vissuto lontani. Adesso ne ha 12 e giustamente richiede la mia presenza”. E sul futuro: “Valuterò insieme a loro il da farsi. Vedremo se far venire loro a Bergamo o se andrò io in Francia. Dipenderà anche dalle opportunità che si presenteranno”.

“Pisa il periodo più bello”

Una carriera così lunga è piena di momenti incredibili. Ce ne sono tanti, difficile scegliere. Ma c’è sempre qualcosa che più di tutte ti rimane dentro. E anche Gaël, ha un periodo che ricorda con particolare affetto: A Pisa con Ventura sono stati momenti fantastici. Abbiamo sfiorato la serie A, perdendo ai playoff. Ne ho giocati tanti, ma vinti pochi purtroppo. Giocavamo bene a calcio, c’era unione fra tifosi e squadra e un gruppo incredibile”. Nell’esperienza toscana, Genevier, ha condiviso lo spogliatoio con un calciatore che di strada ne ha fatta: Leonardo Bonucci. Leonardo è un amico. Ci sentiamo spesso, è un ragazzo con il quale condivido i pensieri. Sono andato a trovarlo a Torino e abbiamo un ottimo rapporto”.

CREDIT: TOMMASO BERARDI / U.C. ALBINOLEFFE

“Torino, Catania, Pisa e Reggiana sono piazze dove devi passare se vuoi fare il calciatore a certi livelli”

Grandi piazze. Squadre importanti tanto quanto le sue tifoserie. Gaël Gevenier, non avrà conquistato le prime pagine dei giornali, ma la sua carriera è davvero da incorniciare. Il picco più alto, la Serie A con le maglie di Perugia e Siena. Ma non solo. Tante altre esperienze prestigiose: “Ho avuto la fortuna di giocare in piazze come Torino, Catania, Pisa e Reggiana. Ci devi passare se vuoi fare il calciatore a certi livelli. Capisci realmente il senso di responsabilità. Spesso se fai male possono venirti contro, ma se fai bene sono il vero valore aggiunto”. Catania gli è rimasta nel cuore. Il calore delle tifoserie meridionali. Catania, anche se ci ho giocato all’inizio della carriera, costituisce un pezzetto importante per me. Ho tanti amici lì, tra l’altro il mio testimone di nozze è di Catania! E’ una piazza che mi ha fatto sentire giocatore, la seguo con molto interesse. Secondo me è una squadra forte, non vinci la Coppa Italia di Serie C senza avere una squadra forte. I tifosi arriveranno carichissimi, e spero possano arrivare lontano”.

Gli infortuni e qualche rammarico

La vita è fatta di momenti. Di situazioni che devono combaciare, anelli che devono incastrarsi fra loro. “Ho avuto la possibilità di giocarmi la Serie A, ma ho scelto di scendere di categoria per sentirmi più protagonista. Poi non ho giocato e magari col senno del poi avrei potuto scegliere di giocarmi la salvezza in serie A e chissà..”. A volte tutti vorremmo spingere quel pulsante e tornare indietro nel tempo, ma ciò non è possibile. “Il rammarico c’è, perché quando giochi a quei livelli vuoi ottenere sempre più”. Poi un altro fattore: la fortuna. E’ un ingrediente che non può mancare. Purtroppo sono stato anche sfortunato. Non esiste un momento migliore per infortunarsi ma io sento di essermi infortunato nel momento peggiore. La rottura del crociato, vuoi o non vuoi, ti fa perdere un anno. Ero al top della mia forma, è stato un vero peccato”.

“Che fortuna essere allenato da Santini, Conte e Ventura”

In tutti i percorsi, in tutte le strade serve una guida. Che ti dia le giuste informazioni e i giusti consigli, oltre che una preparazione adeguata. “Ho avuto la fortuna di essere allenato da tre allenatori che poi hanno allenato le nazionali maggiori. Jacques Santini, Antonio Conte e Gian Piero Ventura. Da tutti e tre ho imparato molto”. Difficile dire chi ti lascia di più. Metodi diversi, mentalità differenti. Conte dal punto di vista mentale è top, ti fa rendere oltre le tue possibilità e lo dimostrano le squadre che ha allenato. Dal punto di vista tecnico-tattico invece non ho nessun dubbio: Ventura è stato quello con cui ho appreso maggiormente. Non mi spiego, infatti, come sia possibile che poi in Nazionale non sia riuscito a imporsi. Ma lui è un allenatore che ha bisogno di vivere la squadra, provare e riprovare schemi. Forse non era il contesto giusto. Ma non dimentichiamoci quello che ha fatto con il Torino”.

“Per me tutte le squadre di Serie A dovrebbero avere l’obbligo di avere le U23”

Uno sguardo ai giovani. Gaël nell’ultimo biennio a Bergamo, con l’AlbinoLeffe, è stato un vero e proprio uomo spogliatoio. Un consiglio vincente e la crescita di un giovane mi hanno emozionato più di vincere una partita. Sentivo la squadra come fosse mia, anche se non giocavo. E’ una sensazione incredibile”. Il valore dell’umiltà. Comprendere il momento. Saper farsi da parte ma guidando chi ti succederà. Per me le squadre di Serie A dovrebbero avere l’obbligo di avere le U23. Poi è ovvio, non si può avere una Lega con 80 squadre! Ma è fondamentale per la crescita dei giovani. La Serie C ti forma in termini di mentalità, ma anche a livello di intensità fra primavera e Serie C c’è una grossa differenza”. Poi, un parere imprenditoriale: “Bisogna guardarlo come investimento, e non come costo. Società come Juventus e Atalanta ne hanno capito il valore. Bisogna essere bravi a sacrificare il presente a volte. Rinunciando a vincere. I giovani sono la vera vittoria”. Gaël Genevier: un uomo divenuto calciatore.

Alex Armenti

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