Le vite sono fatte di momenti. E ci sono momenti che segnano. Segnano un prima e un dopo. Per la loro importanza. Per il loro significato e per le emozioni che disegnano. La pioggia che scende. Le gocce scorrono sul viso. Il campo da calcio che passa sotto i tacchetti. Una corsa verso la curva apposta. Sul volto nasce un sorriso. Un sorriso nuovo, diverso. Consapevolezza, felicità, rivalsa. Il sorriso del riscatto. Il riscatto di Galuppini. Calcio di rigore, la parata del portiere e la rete. E poi via, a raccogliere l’abbraccio dei compagni e dei tifosi. Il numero 14 ha deciso il derby.
Pallone sul dischetto. Intorno tutto si ferma. Aumentano i battiti, gli occhi puntati. Tre passi. Tutto in pochi secondi. La respinta del portiere, lo scatto per anticipare tutti, il gol. La rimonta è compiuta, il Novara passa in vantaggio nel derby contro la Pro Vercelli. Galuppini ha segnato, ancora. La corsa verso la curva dalla parte opposta del campo. L’abbraccio dei compagni. Poi, un frammento. Le sue braccia larghe davanti al pubblico. Quasi a voler raccogliere le emozioni di quel momento.
Il numero 14 è tornato. Tornato a essere quello per cui è nato, essere decisivo. Francesco Galuppini. Un istante in cui ti passano davanti immagini, emozioni, ricordi. Perché questo, probabilmente, è uno di quei momenti. Dei momenti diversi dagli altri. Un gol che ha in sé un significato speciale. Un’immagine che racchiude tanto. Un’istantanea che, in quel pallone parato e poi ribattuto in rete, è simbolo e storia di rivincita. Rivincita dopo mesi segnati da difficoltà, critiche, parole. Nel mezzo la forza di volontà, la consapevolezza di ciò che si è e si può essere. Da qui la ripartenza. Un saluto a Bolzano, destinazione Novara. Progetto nuovo e ambizioso. Già, l’ambizione. Il sogno della Serie B, raggiunto ma solo toccato, rimane lì. Da conquistare. Da vivere.
Sfumature che si ritrovano anche nel primo gol segnato con la maglia dei piemontesi. Prima giornata di campionato, l’avversario il “suo” Renate. La squadra della definitiva affermazione e maturità. La squadra delle 14 reti in un girone. Poi il ritorno con il Sudtirol senza gol. Il gol ritrovato con il Novara alla prima giornata, proprio contro i nerazzurri. Di-segni del destino.
Pro Vercelli-Novara, minuto 42. Lancio di Ranieri per Galuppini che al volo con la suola supera l’avversario con un sombrero. Pochi secondi in cui si racchiude parte dell’essenza calcistica del numero 14. Estro e fantasia. Un modo di vedere e pensare il calcio proprio a pochi. Una tranquillità ritrovata che libera la classe nelle sue possibili espressioni.
Qualità che anni fa avevano attirato le attenzioni di Paratici, che lo chiamò alla Sampdoria: “Paratici, che allora era il responsabile del settore giovanile, chiamò mia mamma: “Vi aspettiamo”, le disse”. Una visita alle strutture e il momento della scelta: “Ero titubante, non volevo lasciare amici e famiglia. Ma mio fratello e mia madre mi hanno incoraggiato fin da subito. Li ringrazierò per sempre”, raccontò ai microfoni di gianlucadimarzio.com. E proprio Paratici era sugli spalti ad assistere al derby di sabato tra Pro Vercelli-Novara. Davanti ai suoi occhi, anni dopo, ha rivisto quel ragazzino che lo conquistò con il suo estro. Ora quel ragazzino è un uomo. Ora ha il numero 14 sulle spalle. Francesco Galuppini è tornato. Consapevolezza, maturità e ambizione.
A cura di Nicolò Franceschin
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