Le sfumature di un talento: Francesco Galuppini, fantasista libero
Difficile da descrivere il talento. Per sua natura è insofferente alle categorizzazioni e agli schemi. Sfugge alle regole della monotonia e della banalità. Insofferente alle logiche della ripetitività, il suo essere cambia, alla ricerca di nuove idee da disegnare. Ed è questa sua innata essenza a renderlo tanto affascinante quanto complicato e, talvolta, incompreso. Chiamato a rispondere a continue aspettative, fonte di speranza e al contempo motivo di accusa. Oneri e onori scritte nel destino di chi il talento ce l’ha e lo fa vivere. Ed è il destino di Francesco Galuppini, attaccante del Novara. Trame di un racconto che lo accompagna da tempo.
Un percorso di crescita durante cui quel talento ha saputo conoscerlo, coltivarlo, proteggerlo. Un ragazzo diventato uomo. Un giovane diventato calciatore. Domenica contro il Pordenone una partita da assoluto protagonista. Trascinatore con le sue giocate e il suo carisma, una doppietta per affermare la sua legge. La legge della fantasia. Una doppietta per raggiungere la doppia cifra per il quarto anno successivo. Numeri al momento non raggiunti neanche da Ciro Immobile. Numeri che confermano il valore del numero 14 in questa categoria. Al di là delle critiche, dei dubbi e delle perplessità. Sfumature di un talento, Francesco Galuppini.
“Qualcosa d’altro”, Francesco Galuppini
Chi lo ha conosciuto e vissuto da vicino dice di non aver visto altre volte il gioco e le invenzioni espresse da lui tra allenamenti e partite. Per qualità, classe e intelligenza che erano racchiuse in quei singoli istanti. “Qualcosa d’altro“, la definizione più comune. Già, altro. Perché in quel piede mancino si concentrano caratteristiche diverse. Un talento puro e originario, sempre più difficili da trovare e ammirare. Di quelli che, per il loro potenziale, fanno arrabbiare quando non lo esprimono a pieno, ma di cui, allo stesso tempo, ci si innamora quando li si guarda. Amato e criticato, non è nato per le vie di mezzo. Complicato definirlo, anche nel ruolo. Un libero fantasista.
Un giocatore con il tocco dell’artista, intelligenza calcistica e visione. Ancor prima della giocata, il pensiero. Perché la giocata in questi casi è solo una conseguenza. Conseguenza ed espressione, appunto, di quel pensiero. Prima si gioca con la testa, poi con i piedi. A vederlo, a volte, si ha come l’impressione che sia lui a decidere modi e momenti. Uno di quei giocatori capaci di vivere, vedere e regolare i tempi e gli spazi. Occhi che non guardano, ma osservano e capiscono le situazioni. E l’ultima parte di stagione ne è la migliore rappresentazione. Galuppini ha deciso di alzare il livello suo e del sistema di cui è attore (protagonista). Galuppini ha deciso di essere quel “qualcosa d’altro“.
Il 10 e il 14, oltre i numeri
Un numero, il dieci. Dieci come i gol realizzati in questa stagione. Come la doppia cifra raggiunta per il quarto anno consecutivo. Dieci come il numero che più si addice al tipo di giocatore che è Francesco Galuppini. Lui, però, ha sempre preferito il 14. Un altro modo per sfuggire alla consuetudine e alle categorie. Un modo per costruire nuovi e propri significati. Ma torniamo a quel dieci. Un numero che se studiato racconta qualcosa. Anzi, racconta tanto. Racconta di un ragazzo che in questi anni è diventato uomo. La storia di una promessa mantenuta. Dati da record nel panorama degli attaccanti italiani. Al momento, neanche Immobile ci è riuscito. Perché andare in doppia cifra per quattro stagioni di fila non è un caso. Significa costanza di rendimento e di lavoro. Al di là delle voci che possono circondarti. Ma non solo. A raccontarlo ancora meglio, però, ci pensa il suo percorso.
Libero artista
Un percorso che (ri)parte da Renate. “Sei solo al 30% del tuo potenziale“. Diana lo porta in Brianza. Il numero 14 raggiunge la sua piena maturità e diventa leader e riferimento dei nerazzurri. Stagione dopo stagione, gol dopo gol. Lo scorso anno l’affermazione. Un girone di andata che è stata forse la sua migliore espressione. Poi l’addio e il passaggio al Sudtirol. Mesi duri, in cui mancano continuità e reti. La vittoria del girone A e in estate il prestito al Novara. Gratificazioni alternati a critiche. È strano il calcio, capace di disegnarti elogi per poi cercare di farti capire. Causa e soluzione allo stesso tempo. Ma forse in queste contraddizioni si nasconde il senso della vita. La vita di chi non è destinato all’indifferenza e alla banalità. La storia di chi è al calcio ci gioca perché portatore di fantasia ed emozione. E in queste ombre Galuppini ha deciso di essere, ancor più di prima, quel “qualcosa d’altro“.
Nel momento di maggior difficoltà è diventato riferimento dei compagni. Con o senza fascia al braccio. Responsabilità e maturità. Ha portato le sue prestazioni a un livello superiore, trascinando la squadra e dandole sicurezze. La partita contro il Pordenone ne è l’esempio migliore. E i gol segnati ne sono solo la più bella immagine. Le esultanze, nella loro “trasgressiva” esuberanza e gioia, le istantanee del suo rapporto con quel pallone. Espressione della sua profonda e intima connessione con questo sport. Sport di cui è talento puro e naturale. Quel talento che regala emozioni. E in fondo nel calcio e nella vita si vive (anche) per loro. Come in quella corsa verso la tribuna, le dita a simboleggiare una “E”. Una dedica per la sua Elisa, futura sposa.
Quelli che erano lampi intermittenti, ora sono costanti di un giocatore. È tempo della definitiva maturità. Come sempre per scelta sua. In campo come nella vita, è il destino e il fascino del libero artista. Talento puro, Francesco Galuppini.
A cura di Nicolò Franceschin