Il 27 gennaio non sarà mai un giorno come gli altri. Il 27 gennaio è il “Giorno della Memoria“. Come ogni anno. Per sempre. Un giorno per ricordare la pagina più buia del ventesimo secolo. Le vittime dell’Olocausto. Le testimonianze dei sopravvissuti, le immagini, tutto l’orrore del genocidio nazista. Tutto il mondo oggi vive nel ricordo di ciò che è stato e di ciò che mai più dovrà accadere. Anche quello del calcio. “Scendiamo in campo per coltivare la memoria”, ha dichiarato il presidente della FIGC Gabriele Gravina che poi ha concluso: “Diciamo basta ai cori, basta all’esposizione di simboli razzisti e basta alle offese che umiliano la dignità umana”.
Testimonianze, ricordi. Anche dal mondo del calcio. Come quella che ci ha lasciato Béla Guttman. Nato a Budapest nel 1899 e morto a Vienna nel 1981. Nel mezzo, una carriera straordinaria e l’orrore della persecuzione nazista. Lui che aveva origine ebree. Non si sa dove né con chi abbia passato gli anni orribili del genocidio. Forse “Con Dio”. A chi negli anni gli ha chiesto di quel periodo, lui ha sempre risposto così: “Dio mi ha aiutato”. Forse una fuga in Svizzera, forse internato in un campo di concentramento. Bèla si salvò (non è noto come). E a sorridere fu il calcio. A cui regalò perle straordinarie.
Guttman è ricordato soprattutto per i suoi successi da allenatore. Nel dopoguerra allenò Padova e Triestina. Nel 1953, poi, anche il Milan, fino al Benfica, con cui vinse la Coppa dei Campioni nel 1961. Dal ’55 al ’56 invece era sulla panchina del Vicenza. Guttman, laureato in Psicologia, adottava la strategia del “passa-ripassa-tira”. La traduzione di quello che oggi è il gioco rapido in verticale. In una sola parola: storia. Ma non solo, anche magnanimità. Nel suo periodo in biancorosso, infatti, pare che non percepisse stipendio. L’accordo prevedeva soltanto il mantenimento mentre i piccoli premi partita li consegnava ai calciatori. Grande allenatore e grande uomo, prima di tutto. Sul taccuino una sconfitta per 0-4 contro la Juventus e un esonero le cui cause sono ignote. Storie da raccontare, aneddoti ora più che mai attuali.
Tanti i messaggi dei club di Lega Pro per rendere onore alla triste ricorrenza. A ricordare le vittime della Shoah è stato anche il presidente della FIGC Gabriele Gravina, che ha parlato ai microfoni ufficiali della Federazione: “La Giornata della Memoria deve essere anche il giorno della responsabilità. Soprattutto per il mondo del calcio che, con le sue diverse componenti e nelle sue molteplici dimensioni, è quotidianamente impegnato nell’esaltare i valori del rispetto, della fratellanza e dell’inclusione. Scendiamo in campo per coltivare la memoria – ha continuato – affinché l’orrore della discriminazione e dell’antisemitismo non trovi più cittadinanza nella nostra società, a partire dagli stadi”.
Il numero uno del nostro calcio si è poi soffermato sugli episodi di razzismo che ancora oggi sono vivi nel mondo dello sport: “Diciamo basta ai cori, basta all’esposizione di simboli razzisti e basta alle offese che umiliano la dignità umana – continua Gravina –; il mio è un accorato appello a tutte le istituzioni e ai Club, che devono essere in prima linea per contrastare questi fenomeni, ma anche alla maggioranza dei tifosi per bene, che devono iniziare a dissociarsi quando accadono fatti così incresciosi. Come FIGC, siamo impegnati in un complesso processo di rinnovamento culturale mettendo al centro del nostro messaggio l’educazione e la formazione, a partire dalle scuole calcio. Per valorizzare al meglio questo percorso, è mia intenzione condividere ulteriori percorsi con i rappresentanti della Comunità ebraica”.
A cura di Manuele Nasca
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