Sullo sfondo saltano subito all’occhio il campo in erba, gli spalti e gli imponenti alberi della terra lucana. Finalmente il caldo sole di aprile illumina lo stadio Donato Curcio, in perfetta crasi con la luce che in questi ultimi mesi ha emanato il Picerno. A farci vedere queste immagini – reali e calcistiche – è Vincenzo Greco, Direttore Generale del club e primo firmatario dell’incredibile stagione condotta fin qui dai rossoblù. Tante parole quasi trascendentali sono state spese per il cammino del Picerno; ma adesso, con la regular season praticamente terminata, per Greco è arrivato il momento di accogliere i progressi con pragmatismo e certezze. “Io non parlerei più di miracolo, ma di affermazione di ciò che abbiamo iniziato già da qualche anno. Questi risultati che stiamo ottenendo sono frutto di tanto lavoro fatto in silenzio e grande abnegazione”.
Fin dalle sue prime parole, la voce del Direttore risuona chiara e limpida. Un’ottima connessione internet, certo, ma anche tanta pace e tranquillità, nonostante l’allenamento del Picerno sia in corso. Una prima testimonianza di come, in quel piccolo paese di 5mila abitanti, armonia e distensione siano alla base del modus vivendi collettivo, anche dei giocatori che si preparano alla sfida contro la Virtus Francavilla. “Io dico sempre che è un’isola felice, perché puoi lavorare in serenità – evidenzia Greco col sorriso sul volto. Qui si respira aria genuina in tutti i sensi. Ovviamente parliamo di una realtà che non ha fatto calcio ad alti livelli, quindi su alcune situazioni sono ‘vergini’. Noi ci sentiamo tutti quanti a casa. Fin dal primo giorno in cui sono arrivato sono stati tutti molto ospitali e cordiali”. E allora entriamo in questa piccola oasi di felicità.
Prima di parlare della stagione del Picerno, Greco ha voluto spiegare quale sia il suo approccio professionale nel quotidiano: “Io personalmente tolgo spazio ai miei affetti e alla vita privata perché mi dedico pienamente al lavoro dal lunedì alla domenica. Sono sempre sul campo. Poi c’è l’unione di tante competenze. Le mie, quelle dei miei collaboratori e dello staff tecnico che ho allestito. E ovviamente dei giocatori, dato che sono loro ad andare in campo.”
“Da Direttore Generale oltre alla parte sportiva mi occupo anche di quella amministrativa e gestionale. Ho avuto la fortuna di ricevere dal presidente le ‘chiavi’ della società, organizzando il club in piena autonomia. Ovviamente senza invadere il lavoro degli altri, rispettando tutti i ruoli. Da parte mia c’è una presenza assidua che richiede tanto sacrificio e ore di lavoro, ma sono contento perché tutto viene ripagato da risultati importanti che fanno parlare di noi. Spero di lavorare qui il più a lungo possibile”
Poi qualche parola sulla stagione attuale, che vede il Picerno al quinto posto del Girone C a quota 56 punti, -2 dalla terza posizione: “Quest’anno siamo partiti con l’obiettivo della salvezza, ma dentro di noi sapevamo di poter migliorare ciò che avevamo fatto l’anno scorso. Con una nuova guida tecnica sì, ma mantenendo l’ossatura dell’anno scorso al 70%”.
Da vero deus ex machina del club, Greco ha fin da subito saputo organizzare e arredare la casa del Picerno. Ma come ha fatto a riorganizzarla nei momenti di difficoltà e ripartire con ancora più energie? “Questa è una sfida che mi è stata lanciata dal presidente. Sono arrivato qui il primo anno di Serie C come direttore gestionale, poi a novembre sono diventato anche direttore sportivo e ho svolto il mercato di gennaio, ottenendo la salvezza tramite i playout. Poi a settembre c’è stata quella decisione del Tribunale Federale, che ha punito la squadra, facendola retrocedere in Serie D, per alcuni fattacci commessi da gente che non era più in società”.
Parlare di progettualità nei contesti calcistici può sembrare banale, quasi lapalissiano. E per quanto la lungimiranza del Direttore Greco sia stata la conditio sine qua non del percorso del Picerno, in realtà oltre al lavoro c’è tanta umanità, che gli ha consentito di scegliere la via del cuore quando ha pensato di abbandonare tutto: “Non avendo mai disputato un campionato di Serie D, ho chiamato il presidente e gli ho detto ‘non sono più in grado di andare avanti’. Però il presidente mi ha chiesto di rimanere per lui. Cosa mi ha detto? Mi ha chiesto di restare come fossi suo figlio – afferma col volto emozionato, quasi commosso. Mi ha detto che il calcio qui non ci sarebbe più stato se me ne fossi andato io. Il mio sentimento è andato oltre la parte razionale e mi sono fatto carico di una situazione molto difficile”.
E poi il Picerno è ripartito subito: “Ho creato una nuova organizzazione societaria, costruendo in una settimana una squadra. La prima partita col Taranto l’abbiamo giocata coi ragazzi delle giovanili. Abbiamo vinto i playoff arrivando a 1 punto dal Taranto. Poi c’è stato quello che definisco il mio ‘colpo di magia’: studiando le norme federali, quell’anno il Gozzano non si era iscritto e il Picerno non poteva né essere ripescato né riammesso. Quindi ho fatto una procedura per ammissione in sostituzione di una squadra che non si era iscritta al campionato. Questo lavoro ancora oggi fa e farà giurisprudenza nel calcio italiano. Ci siamo impegnati tanto per cercare di riportare il Picerno in un posto importante, dove oggi è”
Ma come si declina l’accoppiata vincente tra il presidente del Picerno e il DG? “Il rapporto con Curcio è di grande stima e fiducia, quest’ultima soprattutto da parte sua nei miei confronti. Affidare le chiavi della società e il proprio impegno economico a una persona ‘sconosciuta’ non è da tutti. Purtroppo, data la distanza, non è presente con noi: viene in Italia due o tre volte l’anno al massimo. Di solito viene in estate e poco prima delle festività di Natale. Ci sentiamo quotidianamente, lo informo sempre. Ma io ho una fortuna che pochi direttori hanno: lavorare in piena autonomia. Il presidente non si è mai intromesso in questioni societarie o amministrative”.
Poi prosegue, evidenziando le garanzie da magnate che offre sempre Curcio: “Mi chiede solo ogni tanto se ho bisogno di soldi e se deve farmi il bonifico (ride, ndr.) per far sì che questa società continui a operare in maniera seria e sana. Dico a tutti che sarà difficile che io vada via da Picerno. Spero di rimanere qui il più a lungo possibile. Per me non è importante lavorare in Serie A ma lavorare da Serie A, e questo a Picerno lo posso fare”.
“Il nostro è stato il budget di mercato più basso del Girone C di Serie C” sottolinea Greco, spiegando poi quale sia il segreto vincente del Picerno davanti a squadre costruite con finanziamenti più elevati dei rossoblù. “Come dico a tanti presidenti, non sempre spendendo soldi si vince. Il segreto è saperli spendere, e soprattutto sapersi affidare a degli uomini veri, che nel calcio sono difficili da individuare. In quei pochi soldi che sono stati spesi quest’anno e gli altri anni ho avuto la bravura, e un pizzico di fortuna, nel saper scegliere i giocatori giusti per quest’ambiente. Picerno è una piccola comunità, bisogna trovare gli uomini che sappiano lavorare senza pressioni. La tifoseria c’è, soprattutto in casa, ma sicuramente non sono presenti come in altre piazze, anche se vengono sempre agli allenamenti”.
“Ho avuto la possibilità di costruire un gruppo. Qui dal magazziniere a tutti i giocatori hanno il piacere di venire qui ad allenarsi. Organizziamo spesso delle cene, stiamo bene insieme. Chiunque viene trova un ambiente sano e pulito, adeguandosi subito. L’esempio è di Ceccarelli, che non fa altro che ringraziarmi dal primo giorno. Mi dice che nella sua carriera non ha mai trovato un ambiente così felice. Questo è il segreto”.
Spazio poi a qualche parola sui singoli, in particolare sui leader del Picerno: “I giocatori più anziani sono i riferimenti dello spogliatoio. Abbiamo Reginaldo, Ferrani, Diop, lo stesso capitano che è qui a Picerno da tanti anni. Si sentono responsabili; grazie a loro sia nei momenti di difficoltà che di gioia, il gruppo rimane sempre unito. Ognuno fa la sua parte in maniera positiva. Anche lo stesso Santarcangelo, che è un 2003, non viene trattato come un giovane, ma come giocatore importante, coinvolto nella vita quotidiana dello spogliatoio”.
Un salto indietro da parte di Greco per rivelare i retroscena su una delle stelle che in questo campionato sta illuminando il Picerno: “Kouda lo seguo da anni, da quando era nel settore giovanile dell’Atalanta. Spesso andavo a Bergamo per cercare giovani. Mi è capitato di vedere degli allenamenti e Kouda mi è subito balzato agli occhi. L’influenza di Longo in questa scelta? Quando ho incontrato a maggio il mister, si è parlato di giovani. Abbiamo discusso di Kouda, che lui aveva in rosa. Io ho subito detto che avrei voluto fare di tutto per portarlo a Picerno, poi Longo ha confermato che con lui Kouda era ulteriormente cresciuto”.
Rivelazioni sul presente e sul futuro del centrocampista classe 2002 (QUI la sua intervista): “Su Kouda ci sono le attenzioni di tanti club importanti, anche di massima serie. Ma non è l’unico: anche su Pagliai, De Cristofaro e Santarcangelo ci sono gli occhi di grandi società, che seguono questi ragazzi per dargli l’opportunità di fare il salto di categoria”.
“Io a gennaio ho ricevuto già delle offerte importanti e insieme al calciatore abbiamo deciso di rimandarle a un altro momento. Il ragazzo aveva bisogno ancora di continuare il suo percorso di crescita. Questi mesi gli sono serviti per maturare ulteriormente. Se deciderò di cedere Kouda in estate, la condizione sarà averlo ancora per un altro anno nel Picerno. In questa rosa è ben integrato, deve continuare il suo percorso un altro anno con l’allenatore, può essere solo di beneficio per lui. Ho sempre visto in lui un giocatore che può arrivare a indossare maglie importanti. Ha qualità straordinarie, è un ragazzo serissimo. Sono convinto che lo vedremo nel giro di qualche anno in Serie A, magari anche in un club importante”.
A consentire al Picerno il cambio di marcia in questa stagione è stato Emilio Longo, l’allenatore che ha saputo immedesimarsi nella realtà calcistica lucana fin da subito. “L’ho incontrato un paio di volte prima dell’inizio della nuova stagione. Fin dall’inizio c’è stata grande sinergia tra di noi. Io seguo molto le sensazioni e sono state subito positive. Parliamo di una persona seria e di un grande professionista, che ha fatto tanta gavetta ed è arrivato in Serie C non per miracolo, ma proseguendo nel suo percorso. Lo seguo già da quando era alla Cavese e io alla Reggina. È una persona straordinaria, sul campo lavora benissimo. Si aggiorna in continuazione, è molto attento ai dettagli, è un lavoratore instancabile: fin dalle prime ore del mattino prepara l’allenamento con i collaboratori. Ieri abbiamo rinnovato il suo contratto altri due anni, spero di continuare con lui nel nostro percorso”.
Parlare di “oasi felice”, però, potrebbe far pensare all’isolazionismo della piazza. Picerno, invece, punta a espandersi. Quali sono le sue potenzialità? “È come se fosse una piazza del nord trapiantata al sud. Solo geograficamente ci troviamo qui, ma come organizzazione e mentalità mi ritrovo molto nelle esperienze che ho fatto a Lumezzane e Brescia. Non hai le pressioni che ci sono nelle piazze del sud. Di esempi di piccole realtà diventate protagoniste nel calcio italiano ce ne sono tante. Abbiamo gli esempi del Chievo, del Cittadella e quello della FeralpiSalò, che ha vinto il campionato. Io mi ispiro al Castel di Sangro, che tra gli anni ’90 e 2000, quando ho iniziato questo lavoro, era in Serie B. Anche il Cittadella per me è fonte d’ispirazione. Con il lavoro e con la pazienza possiamo far parlare anche di noi”.
“A volte alcuni episodi ci lasciano sorpresi: i tifosi magari vogliono sapere cose prettamente tecniche. È gente semplice”. Greco parla così del rapporto quotidiano con i tifosi del Picerno. Umanità e amicizia alla base di un clima disteso, che portano la piazza e la squadra a essere in perfetta simbiosi. “In ogni partita fuori casa c’è sempre la presenza anche solo di una o due unità. C’è gente che magari lascia il proprio lavoro per seguire la squadra. Alcuni sono arrivati fino a Palermo. Altri hanno rinunciato a momenti importanti con la famiglia. Spesso capita che c’è gente che si sposa e decide di fare alcuni scatti qui sul campo. Oppure quando nascono dei bambini, i genitori vogliono che indossino degli indumenti del Picerno dal primo giorno”.
E poi quel sogno promozione… “Tutto può succedere. Non sono abituato a fare proclami. Ho detto che l’obiettivo minimo doveva essere la salvezza. Lo dirò anche il prossimo anno, questa categoria è importante. Però sognare non costa nulla. I sogni si realizzano se c’è programmazione. La FeralpiSalò non a caso ha vinto un campionato di Serie C. Conosco il presidente Pasini e so quanto impegno c’è stato per loro. Magari raggiungeremo obiettivi importanti nei prossimi mesi o anni, ma solo se c’è programmazione e se l’ambiente rimane sano. Sono consapevole che possiamo fare tanto, però dobbiamo continuare a essere umili. Poi dopo tutto può essere possibile. Anche il Chievo, un quartiere di Verona, ha disputato la Serie A per tanti anni”.
“A me piace ricevere i complimenti. Quando ho chiamato il presidente del Catanzaro per fargli gli auguri della promozione, mi ha detto ‘mi dispiace che il nostro cammino abbia offuscato quello che di straordinario state facendo’. Questo mi riempie di gratitudine e onore”. Greco sa che la condivisione e l’aiuto reciproco sono alla base del disegno del suo Picerno. Ecco quindi che il “mio”, diventa il “nostro“, con ringraziamenti sinceri da rivolgere al suo staff: “Il team manager Roberto Franzese, la segretaria Alessandra Giordano sono solo alcuni dei collaboratori che si spendono quotidianamente per la causa. Mi sopportano e mi supportano. Anche io sono un essere umano e ho i miei sbalzi d’umore, con momenti negativi e positivi. Loro sono sempre lì vicino a sostenermi e darmi la forza per superare ogni momento. Ringrazio in particolare loro, così come tutti i collaboratori”.
“Sarei disposto a restare in questo posto il più a lungo possibile, per regalare a questa gente e al presidente delle soddisfazioni importanti”. Prima di salutarci e lasciargli godere il raggiante sole di Picerno, Greco ci fa una promessa in caso di promozione: “Io sono molto devoto a San Francesco, vado spesso durante l’anno ad Assisi. Magari mi piacerebbe fare un pellegrinaggio particolare, portando tutta la squadra lì al santuario e sulla tomba di San Francesco, per ringraziarlo quando c’è stato”. Prima di prendere gli stivali e partire, però, ci sarà bisogno di indossare gli scarpini. E tanta voglia di continuare a sognare.
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