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Dalla Serie D alla Juventus, la storia di Luca Amaradio: “Non me ne sono ancora reso conto”

Luca Amaradio, credits: IMAGO / www.lacasadic.com

Luca Amaradio, credits: IMAGO / www.lacasadic.com

Il giovane attaccante della Juventus Next Gen si è raccontato ai microfoni de LaCasadiC.com

Come reagiresti se, a diciott’anni, ti dicessero: “L’anno prossimo giochi nella Juventus? C’è chi, davanti a una frase del genere, si commuove. C’è chi si emoziona in silenzio. E poi c’è chi, come Luca Amaradio, scopre di essere diventato un giocatore bianconero sorseggiando un tè caldo allo stadio.

Siamo andati a vedere Monza-Atalanta con il mio agente, era fine stagione e mancavano poche giornate. Eravamo seduti al bar dello stadio, e a un certo punto, con estrema nonchalance, mi dice: ‘Tu il prossimo anno vai a giocare alla Juventus Next Gen’. Io sono rimasto scioccato. L’ho scoperto in modo talmente normale che non me ne sono nemmeno reso conto. La mia famiglia lo sapeva già, ma avevano aspettato a dirmelo per non deconcentrarmi nelle ultime partite. Quando sono tornato a casa, c’erano tutti a festeggiarmi. Forse solo ora sto iniziando davvero a realizzarlo”.

Luca Amaradio viene da Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria. Prima della Juve, c’era il Derthona in Serie D, e una quotidianità fatta di treni e macchina per raggiungere il campo. Ora, a Torino, la vita ha preso una piega diversa: “Ho imparato a vivere da solo, lontano dalla mia famiglia e dagli amici. Mi sto responsabilizzando tanto: cucino, pulisco, faccio il bucato. Sono ben organizzato, mi trovo bene. Il riso e il pollo sono il mio forte, il bucato me lo gestisco da solo… anche se per le lenzuola chiedo ancora una mano a mia mamma!” racconta ridendo.

Il salto nei professionisti è stato netto, e non solo per l’intensità degli allenamenti: “La differenza più grande è il ritmo, sia in allenamento che in partita. Al Derthona giocavo con uomini veri, adulti, e questo mi ha insegnato tanto. Lì impari il rispetto, la durezza del campo, il peso delle parole. E anche le tifoserie sono un altro mondo: adesso affrontiamo piazze calde, soprattutto al Sud, dove i tifosi sono tantissimi e appassionati. Anche se lo stadio era quasi sempre pieno, c’è poco da paragonare”.

La Juventus nel destino

La Juventus non è arrivata per caso nella sua vita. Era già lì, nei sogni di un bambino, nei pomeriggi passati al campetto con le maglie dei suoi idoli: “Quando ero piccolo indossavo le maglie di Pogba, Dybala… e anche Del Piero“. Ora non gli stanno più, ma sono ancora lì, nel cassetto, piegate, insieme ai sogni di un bambino a cui ancora brillano gli occhi quando si parla della Vecchia Signora.

Il primo vero contatto con la Juventus, però, c’era stato anni prima: “Quando giocavo all’Alessandria feci dei provini con la Juve, erano più che altro amichevoli. Poi non sono più stato richiamato, ma ricordo perfettamente che mi diedero la maglia numero 4. Tornato a casa, aprii l’album delle figurine e vidi che era quella di Martin Caceres. Mi emozionai tantissimo. È un ricordo che porterò sempre con me”.

La Juventus Next Gen, credits: IMAGO / www.lacasadic.com
La Juventus Next Gen, credits: IMAGO / www.lacasadic.com

Emozioni indelebili

Oggi, quella maglia la indossa davvero. E l’impatto, anche solo visivo, è stato fortissimo: “Il primo giorno alla Juve sono rimasto scioccato dalla struttura, era qualcosa di fuori dal normale. Non trovavo nemmeno lo spogliatoio o il magazzino, ero emozionato, confuso. Ma i compagni mi hanno subito aiutato“.

Con i compagni e lo staff, infatti, Luca ha costruito subito un legame importante: “Mi sono trovato benissimo sin dal primo giorno. Cerco sempre di fare amicizia con tutti. All’inizio dividevo la stanza con Federico Savio, è stato lui a spiegarmi tutto. Poi con Anghelè, fino al suo infortunio. Adesso sono in camera con Giacomo Faticanti, io e lui siamo “pappa e ciccia”, e finora sta portando discretamente bene. Mi sento sereno, contento. Sto bene“.

Un attaccante tuttofare

Sul campo, Amaradio è cresciuto molto anche fisicamente: “Mi aspettavo di fare più fatica per via del fisico, e in effetti ero un po’ indietro. Ora ho messo su cinque chili da inizio anno e mi sento meglio anche con me stesso. Prima trascuravo la palestra, ora mi sto costruendo un fisico adatto alle mie caratteristiche tecniche“.

E anche a livello tattico, si sta modellando: “L’anno scorso, al Derthona, ho fatto il quinto di sinistra, poi ho fatto la mezz’ala, il trequartista… quest’anno, nelle ultime partite, ho giocato nella coppia d’attacco e mi sono trovato molto bene. Quello che mi piace di più, però, è stare sotto la punta, a destra, così posso rientrare e calciare col mancino. Ma in prima squadra farei anche il portiere, se serve!” scherza.

Mai abbattersi

A 19 anni, avere maturità è segno di un carattere forte, ed è questo che si intende quando si parla di “Mentalità Juve“: “E’ stato molto importante per me non perdere la testa quando, durante la stagione, ho avuto un minutaggio basso. Sono rimasto concentrato e ho continuato a lavorare in silenzio“.

Il momento più speciale? Nessun dubbio: “Il gol all’esordio è stato incredibile. Ma il più significativo è stato quello contro il Foggia. Sembrava scritto, era il destino. Avevo aspettato tanto quel momento. È stato il frutto della pazienza e dell’impegno”.

Luca Amaradio, credits: IMAGO / www.lacasadic.com
Luca Amaradio, credits: IMAGO / www.lacasadic.com

Amore fraterno

Ma Luca non è solo calcio: “La musica mi accompagna sempre. Prima delle partite ascolto molto Drake, ma mi piacciono anche Shiva e Sfera Ebbasta. Da piccolo facevo hip hop, poi mio fratello ha iniziato a giocare a calcio e ho provato anch’io. Me ne sono innamorato subito. Se oggi sono qui, lo devo a lui.

Era molto forte a calcio, ma con il lavoro ha fatto fatica a continuare. Ogni volta che segno, penso a lui. Abbiamo un bellissimo rapporto, ci sentiamo spesso. Mi ritengo fortunato, ho una famiglia bellissima“.

Sogni, obiettivi, futuro

Tra i suoi modelli di ispirazione, Dybala su tutti: “Facevo di tutto per diventare come lui. Mi piace anche Robben: faceva sempre la stessa cosa, rientrare sul mancino, eppure non lo fermava mai nessun difensore. Mi hanno detto che assomiglio al primo Soulé, appena arrivato alla Juve. È un paragone che mi fa molto piacere“.

E il futuro? “Nel breve termine, l’obiettivo è vincere contro la Cavese e arrivare ai playoff. Non li ho mai fatti, e viverli al primo anno con la Juve sarebbe un’emozione unica. Nel lungo periodo… il sogno è esordire con la prima squadra. Quando vado alla Continassa per certi allenamenti, mi viene la pelle d’oca. Per ora resta un sogno, ma non si sa mai: a volte, i sogni diventano obiettivi“.