King Udoh e il suo castello: “Gubbio, sei la mia rivincita”
King è il suo vero nome. Cos’è un Re, se non padrone del proprio destino? Udoh lo è stato. Ha sbagliato, è caduto e si è rialzato “ma sempre con il sorriso”. E se tornasse indietro rifarebbe tutto, tranne una cosa: “Forse quando andai via dalla Juve…”. Sì, proprio la Juventus. Udoh ci ha giocato per anni nelle giovanili. Ha conosciuto Pirlo e Tevez ma soprattutto i metodi di Antonio Conte, perché quelli rimangono impressi. Poi però nell’esperienza bianconera si è incrinato qualcosa: “Ho dovuto allontanarmi da certe pressioni”, racconta. La serie D per ritrovarsi, la C per ritornare grande. Adesso il viaggio di Udoh è ripartito dal Gubbio, la sua nuova isola felice: “Qui mi sento a casa. E stiamo facendo cose straordinarie”.
Udoh: “Juve, che sogno. Poi però ho avuto bisogno di allontanarmi…”
Udoh cresce con una passione più grande di ogni altra cosa, quella per il calcio. Alla mamma già da piccolo dice di voler fare il calciatore. E a 14 anni inizia ad avere motivo di pensarlo davvero: “Mi chiama la Juventus. All’inizio non ci credevo. Dicevo: ‘La Juve? Ma davvero?’. Non ci penso due volte e accetto”. È l’inizio di un sogno. L’impatto è di quelli forti e Udoh sembra non sentirlo: “Stavo benissimo e segnavo tanto”. Una stagione in Primavera da 11 gol con una doppietta nel derby di Torino. Gli allenamenti con la prima squadra della Juve con campioni del calibro di Tevez e Pirlo: “Era bellissimo vederli. E Conte ci faceva andare a ritmi incredibili”. Cosa chiedere di più? Sulla carta, nulla. Eppure, un anno dopo, le cose iniziano a cambiare: “Ho iniziato a giocare sempre meno. A gennaio ho provato un’esperienza in B a Lanciano, ho sentito il bisogno di allontanarmi da certe pressioni. Ma se tornassi indietro non lo rifarei, avrei continuato con la Primavera…”. La voce del classe 1997 è attraversata da un velo di nostalgia. Poco dopo riprende il discorso, per dire che…“Forse alla fine le cose dovevano andare così. Semplicemente”.
Il Viareggio per ritrovarsi e il record Covid: “Sono stato il primo contagiato nel mondo del calcio”
“Avevo bisogno di un anno in cui staccare e non pensare. Quindi sono andato al Viareggio in Serie D”. La tenacia è la chiave per comprendere la sua storia. Ma non solo, c’è altro. C’è la capacità di capire quando è il momento di fermarsi per respirare. Da promessa del settore giovanile della Juve alla Serie D, ripartire da zero: “È stata una scelta giusta andare a Viareggio, perché lì ho ritrovato serenità”. E il campionato della squadra toscana va anche bene, fino a quando non incombe il Covid. E Udoh è il primo giocatore di calcio al mondo ad esserne colpito. Primati particolari: “La mia storia è finita sul New York Times. In quel periodo ricordo che tutti volevano intervistarmi. Mi chiamavano ogni secondo e sono stato costretto a cambiare numero“. Ora ci ride su.
“A Gubbio si è creato un ambiente speciale. La chiave dei nostri successi è lì”
Con il Gubbio si è creato un feeling speciale. Lo dicono i numeri (10 gol in 26 presenze) e le parole dell’attaccante: “Qui sto davvero bene. Eravamo partiti con l’idea di fare un campionato tranquillo, ma adesso siamo addirittura quinti”. King è uno degli artefici principali della sorpresa Gubbio. Il suo allenatore, Piero Braglia, gli dà pochi consigli ma sa come toccare le corde giuste: “Ho trovato una persona davvero molto competente. Spesso mi dice che devo correre più che posso, è una caratteristica che devo sfruttare al massimo”. Poi i compagni e il gruppo: “È tutta lì la chiave. Si è creato un ambiente speciale. Nel calcio conta tantissimo”. Il viaggio di Udoh ci ricorda quanto sia unico il percorso di ognuno di noi. Perché più che ciò che succede, conta come reagisci. “La vita è per il 10% cosa ti accade e per il 90% come reagisci”, diceva Chuck Swindoll, religioso pastore cristiano statunitense. La storia di King è la dimostrazione più vera di questo assunto. “Adesso ho imparato la lezione: mi godo il momento, con il sorriso”.