Mamba forever: Kobe Bryant e l’amore per il calcio nato con la Reggiana
26 gennaio 2020: il mondo viene sconvolto. Kobe Bryant e sua figlia Gianna sono morti in un incidente in elicottero. Non si tratta solo di sport. Dai fadeaway alle campagne di beneficienza. Black Mamba ha rappresentato un’icona sia dentro che fuori dal campo. Se il suo impegno per il sociale lo ha fin da quando è un rookie, la sua passione per la palla a spicchi nasce ad appena tre anni: sa a malapena camminare ma già nella sua mente ha un repertorio di movimenti che solo i predestinati come lui possono avere. Un amore, quello per il basket, che però non occupa tutto l’immenso cuore del giocatore. Il suo spazio nei sentimenti di Kobe se lo ritaglia anche il calcio, ed è merito della Reggiana.
Lakers, Reggiana e Milan: le più grandi squadre di sempre
Come fa una futura stella del basket ad appassionarsi ad una squadra ai tempi di Serie B italiana? Semplice: grazie a papà Joe. Non che lui fosse un amante del calcio, anzi. Anche Joseph Washington Bryant è un malato di basket e ha già dato tutto in NBA tra Philadelphia, San Diego e Houston. Un’avventura, quella nella miglior lega del mondo, durata nove anni, che l’ha portato poi ad accettare la sfida di giocare in Italia. Girate le varie Rieti, Reggio Calabria e Pistoia, arriva fino a Reggio Emilia, l’ultima città italiana della sua carriera e quella a cui più è rimasto legato.
Italia significa calcio, e a Reggio c’è una squadra che fa tanto parlare di sé, per l’appunto la Reggiana. Kobe è letteralmente affascinato dal Milan dei tre olandesi e prova i loro schemi nel giardino di casa. Vi ricordate quel repertorio di movimenti di cui parlavamo prima? Il merito è anche di Arrigo Sacchi e della sua squadra. La sua famiglia, però, non poteva muoversi da Reggio Emilia fino a Milano, perciò papà Joe, il 26 novembre 1989, decise di portare il piccolo (solo d’età) Kobe allo stadio “Mirabello” per vedere Reggiana-Reggina.
I granata erano appena tornati in Serie B e con il quarto posto in classifica l’entusiasmo era alle stelle. Un pubblico entusiasmante che folgorò quell’undicenne che non poteva immaginare che qualche anno dopo quella folla si sarebbe quadruplicata per lui. Non era un bambino di tante parole Bryant, però quel giorno non parlò poco per indole, ma perché rimase affascinato da quei movimenti. Al vantaggio iniziale degli ospiti con la rete di Mariotto, replicò De Vecchi, facendo terminare la partita in parità. Purtroppo, quel giorno il suo preferito, bomber Silenzi, non segnò. Ma a Kobe non importava, perché Cupido aveva scoccato la sua freccia con il calcio.
Di Filippo Rocchi