Coraggio, parte tutto da lì. Nelle trame di quel concetto si trovano le radici di un bel viaggio. Il viaggio di un club, di un gruppo, di una squadra. Quello del Lecco è stato ed è un percorso fatto di inizi difficili, cambiamenti e risalite. Certezze costruite e consolidate, sogni che sono diventati piano piano tasselli di una realtà bellissima. Ragazzi che favoriti non lo sono mai stati, né in campionato né ai playoff. Ragazzi che ora si giocheranno la promozione in Serie B contro il Foggia. Quella al termine del ritorno in casa contro l’Ancona è l’immagine perfetta. I giocatori abbracciati davanti alla curva lecchese. Un’unione profonda. Calciatori e sostenitori nella loro casa. Perché (il) Lecco è questo. È la città, è la storia, è il legame unico con i tifosi. Lecco è il canto del Rigamonti Ceppi, è una società rinata dopo gli spettri del fallimento, l’incontro tra il blu e il celeste.
In quella città protetta dai monti da una parte e dall’altra coccolata dal suono delle onde si respira una sensazione diversa, un’aria magica. Il Lecco è in finale playoff.
Il coraggio ha in sé tante sfumature. La forza di volontà e il sacrificio. Difficoltà in cui rialzarsi e la consapevolezza di chi si è e di cosa si vuole. La dedizione e la fatica, coordinate fedeli per ogni grande percorso. E c’è un po’ di Lecco in tutto questo. Nella sua storia degli ultimi anni, nella storia di questa stagione. Una storia recente che ha toccato con mano la realtà del fallimento e che ha saputo ripartire. I campionati di Serie D, la promozione conquistata e il ritorno tra i professionisti. E poi, passo dopo passo, il consolidamento di un cammino che ha portato fino ad oggi. La partenza ad agosto con Tacchinardi, alcune difficoltà e il cambio di allenatore. Il cambiamento coincide con l’arrivo di Foschi, non solo per i risultati. Quelli, come spesso capita, sono solo la prova più tangibile e visibile di qualcosa d’altro. L’immagine di una mentalità e di una convinzione diversa. La squadra è cambiata in solidità, coesione e presenza. Punti e, soprattutto, prestazioni. E con le prestazioni si costruiscono le imprese, come quella di concludere un campionato da terzi in classifica e conquistarsi una finale. Conquistarsi il sogno chiamato Serie B.
Svolte che sanno di coraggio. Tre le rappresentazioni più significative di questo essere bluceleste. Corrispondono alle tre partite di ritorno di questi playoff. La prima in casa contro l’Ancona, nella reazione allo svantaggio, dopo la rimonta subita all’andata. La seconda, contro il Pordenone. Sconfitta al Rigamonti, prestazione di carattere assoluto in trasferta con un 3-1 ottenuto nel finale. E, infine, un altro successo arrivato dopo lo 0-1 all’andata contro il Cesena. Questa volta andando oltre i 180’. Una vittoria ai rigori. Reazioni.
Le più belle immagini di questo cammino, però, le troviamo negli uomini. Nel silenzioso esempio e umile abnegazione di capitan Giudici. Nei miracoli di Melgrati e nell’esperienza di Celjak e Lepore. La rabbia con cui Battistini ha segnato il pareggio contro l’Ancona, abbandonandosi in un grido di liberazione guardando negli occhi i suoi tifosi. Nelle accelerate e nella fame di Buso, perché “senza un fuoco dentro è inutile giocare. Garra e fame, il resto conta poco”. Nella sfrontata e giovane spensieratezza di Zuccon e Girelli. Nella capacità di attendere il momento di Tordini, per poi incidere. Perché i giocatori di qualità sono diversi, vedono altro. Nella passione di Foschi e del presidente Di Nunno. In tutti quei kilometri fatti dai sostenitori blucelesti. Con la consapevolezza che questo viaggio si concluderà in casa, al “Rigamonti Ceppi”. Lì dove all’orizzonte le montagne si uniscono all’incessante coraggio delle onde del Lago. E da lontano, nell’aria, si sente sempre più forte quel canto: “Puoi cambiare il colore del lago, puoi cambiare il colore del cielo, ma non cambia la nostra bandiera … bluceleste per sempre sarà!”
Coraggio. “Estamos”. Il Lecco c’è.
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