Punto di riferimento. Terminale offensivo e finalizzatore di una squadra. Un compito sopra tutti: fare gol. È il destino dei centravanti. È il destino di Simone Andrea Ganz e di Riccardo Bocalon. Una storia a tratti simile la loro. Un girone di ritorno in comune. Un passato a Milano sulle due sponde del Naviglio. Il numero 9 del Lecco con la maglia rossonera. Il 10 del Trento con quella dell’Inter. Il primo tifoso del Milan. Il secondo dei nerazzurri. La sfida del “Rigamonti-Ceppi” sarà anche la loro partita. La partita dei bomber, con il sapore di derby.
Una gioventù calcistica, quella di Ganz, che coincide con i colori del suo cuore: il rosso e il nero. Lo voleva l’Inter, ma lui scelse il Milan. Anni nel settore giovanile, fino a un assaggio di prima squadra. Un ricordo, ma indelebile. 1° novembre 2011 a Minsk. Bate Borisov-Milan. Champions League. Mancano dieci minuti alla fine della partita. È il suo momento. Il momento del debutto con la sua squadra. Al suo fianco, Zlatan Ibrahimovic. Dopo il Milan diverse le esperienze. Le più significative in riva al Lago. Prima a Como, ora a Lecco. Un inizio difficile con i blucelesti. Pochi gol e poche presenze. Con il nuovo anno cambia tutto. 12 i gol segnati. Numeri che valgono il primo posto nella classifica degli attaccanti italiani con più reti da inizio 2022. Implacabile.
Altra sponda di Milano. Questa volta i colori sono il nero e l’azzurro. A differenza di Ganz, Bocalon nell’Inter ci arriva tardi. Prima il Venezia, poi il Treviso e, infine, la chiamata dell’Inter nel 2008. Gioia immensa per uno che interista era da sempre. In nerazzurro gioca nella Primavera. In coppia con lui Mattia Destro. Una vittoria del Torneo di Viareggio soltanto sfiorata, a causa della sconfitta in finale contro la Sampdoria, e l’Inter di Mourinho apprezzata da vicino. Poi il viaggio per l’Italia. La storica semifinale di Coppa Italia contro il Milan con l’Alessandria, il periodo a Salerno e la promozione in A con il Venezia i ricordi più belli. Già, la Serie A. Il sogno rimasto all’orizzonte e mai raggiunto. Ma l’obiettivo resta lì, fermo: “Prendetemi per pazzo, ma ci riproverò a tornare in Serie A”. Ora, dopo le difficoltà al Venezia, il presente si chiama Trento. Un presente che significa riscatto e speranza, “perché l’importante è sempre riuscire a ripartire”.
A cura di Nicolò Franceschin
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