Cambiando l’ordine degli allenatori il risultato non cambia. La formula che racchiude, fin qui, la stagione del Catania. Dopo 3 mesi e 22 giorni Lucarelli lascia la panchina dei rossoazzurri. Una separazione che era nell’aria dopo la sconiftta esterna, sul campo dlel’Avellino, per 5-2. Una squadra a due velocità: quella straripante e vincente in Coppa Italia, quella fragile e incostante in campionato. Problemi di personalità, che si racchiudono in un dato emblematico: una sola vittoria nelle ultime 9 partite nel girone C di Serie C. Troppo poco per una piazza ambiziosa come quella siciliana. Dal 12 novembre scorso, giorno della sconfitta che ha propiziato l’esonero di Luca Tabbiani, a oggi. Era cambiato l’uomo in panchina ma non l’identità di un squadra che non ha, forse, mai trovato se stessa.
Una svolta cercata, voluta. Ma mai arrivata. Eppure il percorso di Lucarelli al Catania era iniziato come meglio non poteva. Con un successo al minuto 97 contro la Turris. Quella palla che finì in porta proprio all’ultimo secondo. A deciderla fu Bouah. E quella corsa dell’allenatore che è già ricordo, contenuto della memoria. Sotto la curva Nord, ad “abbracciare” metaforicamente la sua gente. Sembrava l’inizio di una risalita e di una storia bellissima. Era l’incipit, invece, di un incubo. Sì, perché dopo la vittoria esterna con il Giugliano (0-1), i siciliani sono entrati in una vera e propria altalena di rendimento. In 17 partite complessive, Lucarelli ha ottenuto 20 punti con 7 sconfitte, 5 pareggi e altrettante vittorie. La media esatta di 1,18 punti a gara. Peggio del suo predecessore, Tabbiani, che in meno partite (12) aveva totalizzato 15 punti, con la media di 1,25 a gara. Quattro furono i successi (uno in meno di Lucarelli), 6 le sconfitte e 2 i pareggi. A Cerignola, dove Di Carmine e compagni persero 1-3, la panchina fu poi affidata a Zeoli, proprio colui che succederà all’allenatore toscano fino a fine stagione (leggi qui).
Nel mezzo, l’altro Catania. Quello cattivo e cinico della Coppa Italia Serie C. Agli ottavi di finale i rossoazzurri eliminarono il Crotone ai calci di rigore (6-5), mentre ai quarti al Massimino terminò 2-0 contro il Pescara. Quindi la semifinale con sconfitta all’andata a Rimini (1-0) e vittoria al ritorno in un Massimino sold out (2-0). Una finale conquistata e con essa la possibilità quasi concreta di partecipare ai playoff. Ma come nel più beffardo degli ossimori, i playout sono una possibilità più che concreta e con essi il rischio serio di non beneficiare dell’assist fornito dalla Coppa (CLICCA QUI per scoprire cosa succede in caso di playout e vittoria della competizione). Un paradosso che spiega perché oggi Lucarelli non è più l’allenatore del Catania: in finale di Coppa Italia ma a soli 5 punti dai playout.
Illusione. Il concetto chiave del viaggio (concluso) di Lucarelli sulla panchina del Catania. Dopo la sconfitta a Latina (1-0) lo scorso 14 febbraio, la società aveva rifletutto sul futuro dell’allenatore toscano. Il club voleva vederci chiaro e aveva rinnovato una fiducia a tempo. Una fiducia poi ripagata con il successo sulla capolista Juve Stabia per 2-0. Un’illusione, come l’intero campionato dei rossazzurri. Dopo quei tre punti, la spina infatti è stata di nuovo staccata. E la luce è andata via, questa volta definitivamente: sconfitta a Taranto (1-0), pareggio casalingo con il Monterosi penultimo (1-1) e ko che ha saputo tanto di umiliazione contro l’Avellino (5-2). La finale di Coppa un lontano ricordo, la separazione con Lucarelli una realtà concreta. Secondo cambio in panchina per i siciliani. Ora, tocca a Zeoli. Capitolo terzo di un film il cui genere non può che essere drammatico.
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