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I consigli di Terracciano e Strakosha, l’esempio di Izzo e le sfide con Monachello: alla scoperta di Marone

Francesco Marone

Foto: Mantova Calcio

Da Cetara a Mantova e ritorno, con tanta voglia di ripartire. Francesco Marone è pronto a vivere una nuova sfida dopo aver difeso i pali dei biancorossi nella scorsa stagione: 27 partite, 29 gol subiti e 7 clean sheet nel girone A di Serie C. Una delle gare con la porta tenuta inviolata (0-0) è coincisa con la trasferta a Fiorenzuola, valida per la dodicesima giornata di campionato: fu allora che l’allenatore Maurizio Lauro lo preferì al compagno di reparto Riccardo Tosi. E Marone, che fino a quel momento si era accomodato in panchina, è diventato titolare inamovibile contribuendo a conquistare una salvezza sofferta, festeggiata perciò ancor di più con i suoi ex compagni di squadra. La sua storia nell’intervista esclusiva a LaCasadiC.com.

Francesco Marone
Foto: Mantova Calcio

Marone, l’incontro in sala d’attesa con Armando Izzo ai tempi dell’Avellino e gli allenamenti con Zappacosta e Castaldo

Marone ha compiuto 23 anni lo scorso 10 marzo. Nato a Salerno, ma tifosissimo del Napoli, è cresciuto nei settori giovanili di Avellino e Salernitana. Ad Avellino ha iniziato a muovere i suoi primi passi verso il professionismo incrociando, nella clinica dove era stato convocato per le visite mediche, un difensore che avrebbe fatto strada: “Ricordo ancora quell’estate del 2013. Stavo per entrar a far parte dei Giovanissimi Nazionali dell’Avellino, mi ritrovai in sala d’aspetto con Armando Izzo. Ero un po’ timido, ma mi facevo voler bene da tutti e ci presentammo. Il mio percorso è proseguito con la convocazione in Nazionale Under 15 e l’approdo negli Allievi Nazionali da sotto età, ma ad Avellino ho vissuto dei momenti assolutamente formativi. A prescindere dagli aspetti personali”.

“Quando ti capita di allenarti con gente come Izzo, per l’appunto, Zappacosta, Castaldo e Arini, con cui mi sento ancora oggi, c’è solo da imparare. Anche se sei un portiere. Che emozione giocare contro di loro in amichevole con la Primavera! Li vedevo in tv e poi mi ci ritrovavo in campo insieme ascoltando i loro consigli. Da Izzo ho imparato cosa vuol dire la passione per il calcio. Un ‘cane rabbioso’ in campo. Mi ha insegnato, semplicemente osservandolo, quale fosse l’atteggiamento giusto per fare carriera. Metterci il cuore e la determinazione, feroce, anche in allenamento. Sempre”.

Francesco Marone
Foto: Mantova Calcio

Marone, i consigli di Terracciano e Strakosha e le ‘bombe’ di Criaco a Messina

Da Avellino a Salerno per continuare a ‘rubare il mestiere’ con gli occhi: “Dal 2016 al 2017, intervallate dalle esperienze con la giovanili della Sangiovannese e della Paganese, ho avuto modo di allenarmi anche con Terracciano e Strakosha. Sappiamo tutti la strada che hanno fatto e dove sono ora. Con Strakosha ho fatto amicizia. Arrivò a Salerno per farsi le ossa dalla Lazio. Si vedeva che era un ragazzo talentuoso, chiamato a sopportare la pressione di una piazza calda. Commise un errore grave a Chiavari che costò la partita alla Salernitana contro la Virtus Entella. Si scatenò il putiferio, ma ripartì senza farsi condizionare. Aveva grandi potenzialità e lo ha dimostrato. Porto un bel ricordo di lui così come di Vincenzo Torrente: a tutti chiedevo di aiutarmi a capire i singoli dettagli per potermi migliorare il più possibile”.

E dopo tanta gavetta è iniziato il cammino verso i Pro con un intramezzo, positivo, in Serie D: “La Paganese mi ha dato la possibilità di affacciarmi al professionismo. Ricordo con affetto i compagni di reparto Lys Gomis e Riccardo Galli, che mi hanno dato una grande mano così come il preparatore dei portieri Enrico Limone. Dispiace che Lys abbia avuto quel grave infortunio a Teramo che lo ha costretto al ritiro. Poteva fare molto di più. A Messina ho vissuto un anno e mezzo spettacolare, in una piazza calda come piace a me. E poi lì ho avuto allenatori uno più bravo dell’altro: Ernesto Gabriele, Massimo Costantino, Pino Rigoli. Il vice era Leo Criaco. Non sto io a presentarlo, ma ricordo che lo ‘provocavamo’ dicendogli: “Tira la bomba, tira la bomba”, come facevano i tifosi quando giocava, per invocarne la classica sassata su punizione. E quando rispondeva all’invito e calciava, vi assicuro: aveva smesso di giocare, ma mi piegava le mani.

Marone: “De Zerbi ha ragione, ogni pallone rinviato è una chance per gli avversari”

Poi una riflessione sul calcio contemporaneo visto dagli occhi di un giovane, che paradossalmente, per regolamento, non è più Under: “Sono felice di aver dimostrato che si può essere validi anche se non sei un gigante. Sono alto un metro e ottantadue, per tanti non basta per fare il portiere, ma adesso c’è la tanto chiacchierata costruzione dal basso ed essere bravi coi piedi diventa un aspetto sempre meno trascurato. Per fortuna, da piccolo ho fatto pure il centrocampista e mi ha aiutato tanto la tecnica acquisita. Sono perfettamente d’accordo con la filosofia di Roberto De Zerbi: una palla rinviata nell’altra metà campo è un’occasione per gli avversari. Ho il piacere di conoscere Massimo Carcarino, che è stato match analyst di De Zerbi al Sassuolo. Con lui ci siamo confrontati, mi piace studiare ogni singolo aspetto”.

Il calcio attuale in Lega Pro è condizionato dal minutaggio e dagli introiti che garantisce. Penso invece che bisognerebbe puntare sul merito perché non è giusto che a 23 anni si venga considerati ‘vecchi’ ma anche che tanti ragazzini vengano ‘bruciati’; mandati allo sbaraglio in categorie altamente competitive”.

Francesco Marone
Foto: Mantova Calcio

Marone e il suo idolo: “Reina, senza ombra di dubbio”

E Marone, che ha ancora tutta una vita da calciatore davanti, ha i suoi punti di riferimento: “Mi ispiro a Reina sia per l’attitudine a giocare la palla coi piedi, sia per la reattività su cui lavora in maniera meticolosa puntando a mettere forza nelle gambe”.

Marone, Pasquato, la super parata su Bocalon e le ‘battaglie’ con Monachello

Portieri e attaccanti: “Tre in particolare mi hanno fatto penare la scorsa stagione: il primo è Pasquato, che ho studiato per una settimana intera come calciava le punizioni prima di affrontarlo; il secondo è Bocalon, a cui parai un colpo di testa da distanza ravvicinata all’88’. Battemmo il Trento 1-0, 3 punti fondamentali per la salvezza; il terzo ce lo avevo in casa: Monachello. Appena arrivato mi faceva gol in ogni modo in allenamento, poi, gradualmente, sempre di meno… E così non me le mandava a dire, scherzosamente, quando ha capito che ormai lo conoscevo bene, quando lo neutralizzavo sempre di più. Saluto con affetto il Mantova e i suoi tifosi. Forse ci ritroveremo da avversari, chissà, qualcosa bolle in pentola ma vedremo cosa accadrà da qui alla fine del mercato”.

A cura di Marco Festa