Quante volte nel calcio, durante i Mondiali o gli Europei, abbiamo assistito a numerosi tentativi per indovinare il risultato? Dal Polpo Paul del Mondiale in Brasile del 2014 al gatto Roger insieme al cane Alfie negli Europei del 2012, dove l’Italia arrivò seconda dietro alla Spagna. Per trovare però il presagio perfetto non c’è bisogno di rispolverare gli archivi di grandi competizioni. In Serie C infatti, la scorsa stagione, ne è avvenuto uno che neanche il regista migliore avrebbe potuto creare. L’autore di quel presagio fu Matteo Rossi, portiere che dopo qualche mese da svincolato è tornato ad indossare i guanti, tra i pali della porta del San Donato Tavarnelle. Ora una nuova avventura: il portiere è pronto per il Picerno. “Domani la incrocia“. Spoiler? Kaio Jorge quella palla la incrociò davvero.
No, Matteo Rossi non aveva né una bacchetta magica né una sfera o qualche portale spazio temporale fra le mani in quel momento. Soltanto il suo telefono, WhatsApp e un po’ di connessione internet. Dall’altra parte dello schermo il suo agente. “Gioca Kaio Jorge” e Rossi non ebbe dubbi: “Gli parerò un rigore“. Così fu. Questione di attimi. Rigore è un termine che nella carriera di Matteo Rossi torna sempre mettendosi in evidenza. Cresciuto con la maglia del Carpi sulle spalle, la strada per diventare un pararigori Rossi la intraprese già da bambino. Prima partita, primo rigore parato. Occasioni, riflessi e destino che lo poneva sempre di fronte a delle scelte: centrale o laterale. Con il Carpi nei guantoni Rossi vive tutto il settore giovanile, vincendo anche un torneo contro la CSKA Mosca. Partita che non si sbloccò fino ai rigori, quando Matteo ne parò tre su quattro consegnando la vittoria alla sua squadra. Il destino chiamò, Rossi rispose. I consigli e gli istinti rubati con l’occhio di chi vuole crescere a Simone Colombi, oggi alla Reggiana, ed il rigore parato a Di Chiara con 50 euro in ballo. Sapere già dove andrà quel pallone.
Da quel momento Matteo Rossi aveva già dimostrato il suo valore. C’era soltanto bisogno di inserirlo nella vetrina del calcio dei grandi. E così fece, in Serie D. La passione diventa definitivamente una quotidianità. Quelli che il giorno prima erano sogni si trasformano in obiettivi giornalieri. Prima al Lentigione, poi nella Reggiana, allora Reggio Audace, sempre nei dilettanti. Lui, nato a Reggio Emilia che parava i rigori sotto gli occhi della sua gente. “Sono di Reggio Emilia. Una responsabilità in più. Una grande società con una tifoseria importante” sosterrà a LaCasadiC. In Serie D Rossi si costruì l’opportunità di esordire nei professionisti. Il prato era quello di casa. Carpi chiamò, Rossi rispose. Ancora. E in quale modo? Semplice, calpestando la riga della porta con l’avversario ad undici metri di distanza. Sette presenze composto da due rigori parati su tre. Benvenuto nei professionisti, Mattia.
Sfruttare le occasioni e ripartire. Quello che fece Matteo Rossi quando la società per la quale aveva i difeso i pali fin da piccolo crolla. La porta non esiste più, tutto da rifare. Rossi si rimboccò le maniche e ripartì dall’Albinoleffe. La prima esperienza con la famiglia lontana. Lui e il calcio, da soli, riflesso del ruolo che deve ricoprire il numero uno. Anche in questo caso, Rossi si fece trovare pronto. Prima l’esordio in Coppa Italia contro la Pro Vercelli, con il rigore che il portiere parò a Bunino sullo sfondo, tanto per cambiare. Poi un altro rigore parato contro la Pro Sesto fino ad arrivare alla partita contro la Juventus Next Gen. Un respiro. Il ricordo del messaggio. “La incrocia“. Vibrazioni. La rincorsa e la scelta, questione di attimi. Rigore parato, ancora. “Ho passato il giorno prima a guardare i video del brasiliano su YouTube per studiarlo” sosterrà il ragazzo. Oggi, Matteo Rossi vuole ritornare a vivere quegli attimi. Ripartire facendo una scelta. Proprio come succede quando gli sguardi di un attaccante e di un portiere si incrociano. Dopo i mesi al San Donato, c’è il Picerno nel futuro del portiere. Sempre una parola d’ordine: ripartire.
A cura di Jacopo Morelli
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