Mustacchio: “Cassano me ne diceva di tutti i colori. Grato a Mazzarri. Pro Vercelli nuovo inizio”
Quando inizia a parlare del suo primo incontro con il calcio, nelle parole di Mattia Mustacchio si sente un forte velo di nostalgia. Dei tempi in cui, da piccolino, era costretto a scavalcare dei cancelli altissimi per raggiungere gli amici al campetto dall’altra parte della strada. La scuola calcio Cologne si accorse di lui e in un anno, il classe 1989, raggiunse le giovanili del Brescia. Due persone speciali hanno contribuito a tenere in piedi il sogno di Mattia. Il nome di Mustacchio, poi, è finito sul taccuino di Fabio Paratici e della sua Samp “europea”. Nell’esperienza blucerchiata Mattia si allenerà con Cassano e Pazzini , ma soprattutto arriverà l’esordio in serie A con Mazzarri. Più di 250 presenze in B condite da 25 gol, tra Perugia, Vicenza, Carpi e Crotone. Adesso, a 34 anni, Mustacchio alla Pro Vercelli sta ritrovando una seconda giovinezza. Ai microfoni de LacasadiC.com abbiamo ripercorso gli inizi della sua carriera fino ad arrivare al presente, con sette gol in otto partite con la Pro Vercelli.
Mustacchio: “Roberto Clerici mi ha portato al Brescia. Mio padre e mia madre erano operai, devo ringraziare il mio allenatore Facchinetti”
Un pomeriggio di nebbia a Chiari, uno dei tanti. È nel piccolo comune dell’hinterland di Brescia che inizia la storia di un ragazzino, Mattia, che sogna di diventare un calciatore. Tra lui e quel sogno ci sono, prima di tutto, degli ostacoli: “Prima di giocare per il Cologne, dovevo scavalcare dei cancelli grandi per raggiungere alcuni campetti di quartiere. Lì c’erano alcuni amici più grandi di me. Ho conosciuto così il calcio”. La svolta, poi, arriva quando Mattia si trasferisce a due passi dalla scuola calcio del paese: “Qualche mese dopo i miei genitori decidono di cambiare casa. La fortuna volle che a 20 metri dalla nuova abitazione ci fosse una scuola calcio, il Cologne. Cominciai a giocare per loro e finì la fase degli scavalcamenti”. Non passa tanto tempo e il giovane Mattia inizia ad attirare l’attenzione del Brescia. A capo dei biancazzurri in quegli anni c’era Roberto Clerici: “Sono molto affezionato al suo ricordo. Mi prese da piccolo, mi fece firmare subito e mi mise con i più grandi. Era una persona eccezionale. Ed era straordinario anche nel suo lavoro: pochi negli anni hanno scoperto più talenti di lui. Mi rendeva orgoglioso questa chiamata e non vedevo l’ora di iniziare”. Ben presto, però, Mattia sarà costretto a frenare gli entusiasmi. Bisogna misurarsi con un problema. E, questa volta, non sono i cancelli da scavalcare per raggiungere i campetti, ma ben altro: “Abitavamo a più di 30 chilometri di Brescia. Mio padre e mia madre erano due operai. Lavoravano tutto il giorno per me, per loro. Per la famiglia. Non potevano fare i salti mortali per me, anche perché già lo facevano. E io non avevo possibilità di andare a Brescia”. A tenere in piedi il sogno di Mustacchio ci sono delle persone: “Il mio osservatore si propose di venirmi a prendere a casa e riportarmi dopo gli allenamenti. Il mio allenatore, Facchinetti, mi portava spesso a casa sua. Perché così potevo aspettare che mio padre finisse di lavorare e che mi venisse a prendere. Insomma, se non ci fossero state queste persone non ce l’avrei mai fatta”.
Mustacchio: “Fu Paratici a volermi alla Samp. Cassano? Me ne diceva di cotte e di crude. Su Mazzarri e Bonaventura…”
Nel gennaio del 2008, dopo sette anni di formazione nel settore giovanile del Brescia, l’attaccante riceve una chiamata dalla Sampdoria. In quegli anni, le strategie di mercato della società blucerchiata sono nelle mani sapienti del duo Paratici-Marotta. I due dirigenti, infatti, mettono nel mirino Mustacchio e coinvolgono nello scambio anche l’airone Caracciolo: “Avevo fatto bene nelle qualificazione all’Europeo under 15 e da lì la Samp mi iniziò a cercare. Fu Paratici a spingere per l’operazione: Caracciolo andò al Brescia e io alla Samp. Iniziai dalla primavera, ma già a 16 anni cominciarono a portarmi in prima squadra”. Tra il biancazzurro del Brescia e il blucerchiato della Samp c’è un’altra maglia con cui Mustacchio troverà le sue prime presenze, i primi gol e anche un quinto posto al pallone d’oro del Mondiale under 20 in Egitto. È quella azzurra della nazionale under: “Dopo l’under 15 ho avuto un periodo di stallo, ma poi mi richiamò Francesco Rocca con la nazionale under 20 e lì è ricominciata la mia salita. Ai giochi del mediterraneo arrivammo in finale e feci 3 gol. Nel mese dopo, al Mondiale U20, feci doppietta alla Spagna e arrivai quinto al pallone d’oro del torneo. Furono grandi emozioni. E in un certo senso queste prestazioni con la nazionale mi diedero una bella vetrina”. E in quella nazionale c’era un compagno di squadra speciale, Giacomo Bonaventura: “Lo ricordo come un grande lavoratore e una grande persona. In quel periodo delle under lui era spesso alla prese con la pubalgia. Nonostante ciò lavorava il doppio degli altri per curare il suo problema. Era incredibile. Sono contento di quello che sta facendo, lo merita tutto”. Le prestazioni con gli azzurrini, per Mattia, sono un trampolino di lancio per arrivare ad esordire in serie A con la Sampdoria. Non una Samp qualunque, ambiziosa più che mai. Erano gli anni d’oro della Coppa Uefa e del duo terribile Cassano-Pazzini. Era una squadra davvero forte: “Da alcuni punti di vista mi sentivo un pesce fuor d’acqua, sotto altri mi sentivo orgoglioso. Sapevo dove ero. Mi relazionavo con giocatori che fino a poco fa vedevo sulla PlayStation”. Di Cassano, per esempio, Mattia ricorda le sue qualità fuori dal comune. Ma anche le strigliate che gli dava in allenamento, fino ai passaggi a casa con la macchina: “Vederlo giocare era qualcosa di unico. Un fenomeno. In campo danzava sulla palla e nei primi 3 metri era imprendibile. Vedeva delle linee di gioco che nemmeno molti compagni con tanti anni in serie A capivano. Come persona, invece, se gli fate il mio nome si ricorda ancora di me per quante me ne diceva in allenamento. Di cotte e di crude. Però, al di fuori del campo mi ha aiutato molto. Un ragazzo fantastico. Spesso, quando non avevo ancora la macchina, mi portava a pranzo fuori e mi dava il passaggio a casa. Era un ragazzo umile e di cuore. Mi ha capito”. Data indelebile è quella del 28 gennaio 2009: la Sampdoria ospita la Lazio in un Marassi gremito. In panchina c’è Walter Mazzarri, di cui Mattia ha un ricordo speciale. L’allenatore toscano si volta verso la panchina e la sua scelta ricade proprio su Mustacchio: “Esordire in quell’atmosfera è un ricordo indimenticabile. Tra l’altro, di Mazzarri si è sempre detto, e si diceva anche all’epoca, che non facesse esordire i giovani. Con me lo ha fatto. Mi sono posto in maniera umile, come sono io, e lui lo ha capito e mi ha regalato questa chance. Posso solo che ringraziarlo”.
La promozione in A col Crotone: “Messias fuori dal comune. Stroppa mi ha insegnato a giocare a calcio”
“Dopo l’anno con la Samp provo ad andare in B per cercare di giocare più regolarmente – racconta Mattia – nelle prime esperienze, sia con l’Ancona che con il Varese, ho giocato ma non sono riuscito ad integrarmi bene. C’era gente più matura di me e io ho fatto fatica”. I primi momenti di difficoltà, dopo una carriera partita in discesa con la nazionale under e la parentesi Samp. La luce in fondo al tunnel, però, arriva nell’ultimo anno con la maglia del Vicenza: “Ho iniziato a giocare più stabilmente e sono arrivati i primi gol. Arrivavo da un periodo non facile, tutti si aspettavano tanto da me e mi sentivo di non riuscire a ripagare. Quando è così ci soffri di più. L’ultimo anno mi fidai molto dell’allenatore, che era Lopez, e fu anno felice”. Un motivo che lo ha reso ancora più speciale? Questo: “A Vicenza, quell’anno, ho conosciuto anche la mia attuale moglie”. Poi, dal Veneto alle Marche. E precisamente ad Ascoli, piazza a cui Mattia rimarrà legato molto: “Mi hanno dato tantissimo e forse è la città con cui ho legato di più. Ancora oggi i tifosi sono vicini a me: è incredibile. Si è creato questo legame che forse non passerà mai”. Un anno con i bianconeri condito da cinque gol. La ciliegina sulla torta arriva poi con la promozione in B, di cui Mattia è un assoluto protagonista. Le strade dell’attaccante e l’Ascoli, però, a fine mercato si separano: “L’allenatore aveva altre idee, mentre la società fu indecisa fino all’ultimo giorno se tenermi o no. Fu un addio davvero doloroso. Per fortuna, però, lasciai Ascoli per una piazza importante”. Capitolo Pro Vercelli: siamo nel 2015. Sette gol in serie B, stagione da incorniciare e felicità ritrovata: “Per fortuna a Vercelli stavo bene. Quei gol e quell’anno li ho fatti grazie alla stabilità mentale che avevo”. Forse, Mustacchio, aveva capito già in quel momento che i colori della Pro Vercelli sarebbero ritornati. Dopo un anno e mezzo, però, l’attaccante classe 1989 decide si separarsi con il club piemontese e sposare la causa Perugia: “Il mio addio a Vercelli fu di comune accordo con la società. A malincuore, era la soluzione migliore per entrambi. A Perugia nei primi sei mesi con Bucchi ci siamo capiti subito e abbiamo perso la possibilità di andare in serie A per un gol ingenuo. Ci sentivamo davvero forti e ci mangiamo ancora le mani”. Nel 2019 la prima volta nel sud Italia per Mattia. Versante est della Calabria, i colori sono rosso e blu: è il Crotone a dare fiducia al classe 1989. In quell’anno in B, la squadra è guidata dall’esperto allenatore Giovanni Stroppa: “Credo che si possa sempre imparare, ma con lui imparai a giocare veramente a calcio. Facevo fatica ed entrare nei suoi meccanismi all’inizio, ma quando ho capito come si giocava è stato incredibile. Palla a terra, creare soluzioni diverse nello stretto. Sono migliorato tanto in tutto, soprattutto a livello tattico”. Cordaz, Spolli, Messias, Simy. Quella squadra secondo Mustacchio non poteva non andare in serie A: “Eravamo di un’altra categoria quell’anno. Come è risultato a tutti al di fuori, Messias era impressionante e non ci capacitavamo di come fino all’anno scorso fosse sconosciuto”. Dopo l’interruzione del campionato causa Covid, il Crotone può festeggiare il ritorno in serie A: “Una promozione così mi diede una gioia enorme. Eravamo in serie A e io avevo contribuito con tre gol. Vidi i sacrifici fatti passarmi tutti davanti”.
La seconda giovinezza a Vercelli: “Un nuovo inizio per me. Mia figlia ha cambiato quattro asili a causa mia: voglio renderla orgogliosa di suo papà”
Capitolo Pro Vercelli, parte 2. “Quando una piazza mi da tanto affetto, ho sempre piacere a ritornare. In queste scelte, ragiono prima da uomo che da calciatore”. Esordisce così Mattia, quando parla del suo terzo ritorno alla Pro Vercelli nel giugno 2023. La carta d’identità dice 34 anni, ma il campo parla di 7 gol in 8 presenze nella stagione attuale. Mattia, a Vercelli, ha trovato una seconda giovinezza. Il merito? Un insieme di fattori: “Venivo da un ultimo anno e mezzo difficile, ma quando sono tornato alla Pro ho trovato un allenatore, Dossena, che sposa appieno quello che mi piace fare in campo. Mi ha fatto sentire importante e l’ho visto come un nuovo inizio. Mi sono sentito diverso e con più voglia di giocare. La società fin dall’inizio ha creduto in me e con i compagni si è creato già un bel legame. Questo insieme di cose mi sta dando linfa vitale. E ora sto benissimo”. Un ringraziamento speciale, però, va a due persone in particolare che sono nella vita di tutti i giorni di Mattia: “Mia moglie, nei momenti bui, mi ha dato la carica per andare avanti. Devo dirle grazie. E poi c’è mia figlia, che è nata da poco. Negli ultimi due anni ha cambiato quattro asili per gli spostamenti che ho fatto. Per quanto possa essere anche un insegnamento per lei, questo è un sacrificio che io sento e percepisco. E non vorrei vanificarlo. Voglio che mia figlia e mia moglie siano orgogliose di me”. 11 maglie cambiate, ma il record stagionale di gol Mattia l’ha eguagliato in otto presenze e a 34 anni. Quei gol per se stesso, per la Pro Vercelli ma soprattutto per rendere orgogliose di lui due persone. A volte, sono le motivazioni a fare la differenza.