Sofferenza, promesse non mantenute, segni. Quella di Joseph Minala è una storia diversa. Una storia che non potrà mai essere uguale a quella di altri giocatori. Non potrà esserlo per le immagini da cui è iniziata, per i vissuti che riempiono il suo passato. “Non ho mai avuto la possibilità di esprimermi dove meritavo, sono sempre stato giudicato per cose extracalcistiche“. Un velo di amarezza copre e pervade la sua voce. Una storia iniziata nel suo Camerun, lasciato per costruirsi un nuovo futuro. L’arrivo alla stazione Termini con una valigia e un telefono senza SIM: “Arrivai dall’Africa con un signore con la promessa di un provino al Milan”. Una falsa promessa: “Quel signore si allontanò dicendomi che sarebbe andato a prendere dei biglietti. Non tornò più”, ci raccontò in una passata intervista.
Qualche mese fa la scelta di lasciare l’Italia: “Le esperienze nella vita devono essere prese sempre in modo positivo. Sono stato in Lettonia, ma non era quello che cercavo. Ho preferito di chiudere quell’esperienza. C’era la possibilità di venire in Italia, ma ho scelto di venire a Malta e sono contento“. Nel mezzo il calcio e una polemica, quella sull’età, che ha tracciano un segno indelebile nel suo percorso. Il presente di Minala si chiama Sliema Wanderers. La volontà è (ri)guadagnarsi opportunità che già si era meritato. Ripartire, una volta ancora.
Con Joseph ci eravamo lasciati nell’estate del 2022, al termine di una grande stagione in C a Lucca: “Dopo l’anno di transizione alla Lucchese ho avuto la possibilità di andare in Serie B“. I contatti con alcune squadre, come Cosenza e Sudtirol, che non si concretizzano: “Alla Lucchese la volontà era quella di rilanciarsi e tornare in categorie che penso mi competano e che ho dimostrato di meritare“. Delusione e amarezza per il mancato concretizzarsi di quelle trattative: “Ho aspettato club di B, rinunciando alla possibilità di firmare con società importanti di C. Poi sono andato a Olbia e ho cercato di fare lo stesso lavoro fatto alla Lucchese e avere lo stesso tipo di testa, ma non ci sono riuscito. Sentivo di non riuscire a dare quello che avrei voluto. Sono stato onesto e ho espresso la mia situazione al club“.
Perché quando a delle lecite aspettative non corrisponde poi la realtà, non è facile accettarlo. Questione di motivazione, semplicemente. “A Olbia non ci sono mai stati problemi, la società si è sempre comportata bene con me. Mi hanno anche proposto il rinnovo. Non mi sentivo io adatto al progetto e alla categoria, non avevo la testa per poter affrontare quel tipo di realtà. Poi le persone parlano sempre di altro. Io ho dimostrato poco lì e c’erano altre aspettative, ma io mi accorgevo che non potevo dare loro quello che pensavano. Bisogna sempre capire il contesto in cui una persona è, da fuori spesso lo si dimentica“. Lealtà e onestà.
A gennaio la risoluzione con l’Olbia. Poi la scelta di andare in Lettonia al Futbola Klubs Liepāja: “Volevo una nuova esperienza e molti mercati erano chiusi. Non volevo rimanere fermo e si è presentata questa opportunità. A fine stagione ho deciso di cambiare e cercare altro“. Un viaggio che taglia a metà l’Europa. Una traiettoria di 3.500 km. Perché c’era bisogno di questo. Joseph aveva bisogno di un cambiamento: “Malta era il Paese giusto per rilanciarmi. Conoscevo diversi giocatori e mi hanno parlato del campionato. Ci sono diversi italiani e molti stranieri. L’altro giorno ho rivisto Federico Marchetti che gioca in un’altra squadra maltese“. Un campionato che ha sorpreso lo stesso Minala: “C’è un livello davvero competitivo che non mi aspettavo. Quella maltese è una realtà che è destinata a crescere molto. Stanno cercando di cambiare e aumentare il proprio riconoscimento a livello internazionale“.
Nella testa e nella voce rimane il segno di quella ferita che lo accompagna da sempre. “Mi ha rovinato la carriera“, ci aveva confessato in merito alla polemica sull’età. “Non ho mai avuto la possibilità di esprimermi dove meritavo, sono sempre stato giudicato per cose extracalcistiche. Non ricordo una società in cui sono stato in cui non ho dimostrato il mio valore. Le mie prestazioni sono sempre state valutare in modo diverso per la solita questione“. La volontà di continuare a costruirsi il cammino. “Sono consapevole di quello che è stato il mio percorso. Quello che è stato non si può cambiare. Quello che posso fare è lavorare e vedere se si aprono nuove porte, magari delle squadre in cui sono già stato”. Un ritorno in Italia? “Magari. È la mia seconda casa, mi sento italiano“. Sullo sfondo un sogno chiamato Lazio: “Non si sa mai. Sono già stato in un calcio professionistico di alto livello e ci sono entrato in un periodo in cui era più difficile farlo. Mi manca solo l’opportunità per viverlo“. Rapporti, quelli dei tempi biancocelesti, rimasti intatti: “Strakosha, Felipe Anderson, Tounkara li sento ancora. Sono legami che vanno oltre il calcio“.
Tornando con la memoria ai tempi della Lazio la mente si ferma su una figura: Simone Inzaghi. Un significato diverso lo lega all’allenatore dell’Inter: “Capii subito che Inzaghi avrebbe fatto strada. Vedendo la passione, la dedizione e la volontà che ci metteva, si comprendeva che era destinato a una grande carriera. Il tempo passato sul campo, la cura dei dettagli, il modo di parlare e di porsi con noi, motivandoci sempre: tutti segnali delle sue qualità. E i meriti vanno solo a lui. Le occasioni bisogna crearsele. Ogni tanto ci sentiamo ed è sempre un piacere. La sua gentilezza nel rispondermi dimostra la persona che è. Posso augurargli solo il meglio. Sta facendo un bellissimo percorso che lo porterà a molti trofei“. Con la speranza di ritrovarsi di nuovo insieme su un campo di calcio. Malta e l’Italia non sono poi così lontane. In quei km vive la storia di un ragazzo. Una storia di ripartenze. La corsa di Joseph Minala.
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