Non chiamatelo Robertino. Nemmeno Robertone. Lui è semplicemente Roberto, professione centravanti. Caratteristiche: generoso. E leader dell’attacco del Modena, capolista in condivisione con la Reggiana nel girone B di Serie C. Lui è Ogunseye. C’è stato il suo piede sulla vittoria di Viterbo, che ha permesso alla squadra allenata da Attilio Tesser di continuare la corsa in vetta. Con quel calcio di rigore trasformato al minuto 87 Ogunseye ha interrotto un digiuno che proseguiva dal 24 ottobre 2021, condizionato da un infortunio al polpaccio e un lento ritorno in squadra.
Rewind. All’estate 2021. Quella in cui Ogunseye, madre e padre nigeriani e radici a Mantova, dove è nato il 16 maggio 1995, firma per tre anni con il Modena. Lo fa lasciando Cittadella e la Serie B, cima raggiunta dopo tanta gavetta: Marano, Montebelluna, Prato, Olbia. Latitudini distanti da quelle della Primavera dell’Inter, dove è cresciuto. II suo cartellino è rimasto di proprietà del club nerazzurro fino all’estate del 2017, quella del passaggio in Sardegna. “L’obiettivo di qualsiasi giocatore giovane credo sia quello di arrivare prima o poi in serie A. Ma sarebbe inutile pensare all’Inter e non voglio farlo” ribadiva al momento della firma a Olbia. Quel sogno resta nel cassetto ma da sette mesi la via per inseguirlo è l’Emilia. “Da questo momento sto pensando solo al Modena – raccontava in estate –Ogunseye passa in secondo piano, in primo piano c’è sempre e solo la squadra”.
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Manifesto di un attaccante generoso: che però quel peso di oltre 100 giorni senza gol l’aveva sentito: “Per un attaccante è come aria fresca – raccontava dopo Viterbo – sentivo di tirare quel rigore ed è andata bene. Ci siamo presi la vittoria grazie alla forza del gruppo, alla voglia di tutti quanti di stare sul pezzo e di fare sempre il massimo. Dedico il gol alla mia fidanzata, alla famiglia e ai miei compagni che mi vogliono bene“. Famiglia. Una keyword per Roberto, esempio di integrazione. “Sono nato a Mantova da genitori nigeriani, mio padre arrivò in Italia nell’89 e mia madre lo raggiunse nel ’90 – raccontava al suo arrivo a Olbia – ho fatto tutte le scuole in Italia e mi sono sempre trovato bene, mai nessun problema con i miei coetanei e non ho subìto episodi di razzismo. In campo è diverso, qualche volta ci scappa un insulto di troppo da parte di qualche stupido. Ma io cerco di non farmi distrarre, resto concentrato sulla partita e penso a giocare”. Comprensione e peso: alle parole, ai gesti, agli obiettivi da inseguire.
“Il gruppo fa sempre la differenza, non conosco gruppi che non vogliano vincere. Qui siamo tutti importanti e sentiamo questa maglia addosso” è il concetto che Ogunseye ripete dal suo primo giorno di scuola a Modena. Dove si è presentato con un gol non banale: quello alla Reggiana, nel derby finito 1-1 alla seconda giornata di campionato. Le gioie personali sono 4 in campionato, quelle di squadra hanno garantito sin qui 65 punti.
Quel gol alla Reggiana come in Holly e Benji
Reggio Emilia. Incrocio che evoca dolci ricordi a questo ragazzone dal sorriso buono. Il nastro si riavvolge al 9 gennaio 2021. Campionato di Serie B, recupero della quinta giornata. In campo Reggiana e Cittadella, dove appunto Ogunseye giocava. Nella vittoria per 2-0 della sua (ex) squadra ci fu un tiro combinato, come Holly Hutton e Tom Becker oppure i gemelli Derrick. Un gol da cartone animato, che Ogunseye firmò in coppia con il compagno di squadra Alessio Vita. Dopo una serie di rimpalli in area di rigore, i due calciatori andarono contemporaneamente al tiro, spiazzando Cerofolini. Il tocco decisivo fu di Ogunseye ma al termine del match la Lega Serie B assegnò la rete a Vita. Nel dubbio, anche allora Roberto divise i meriti: “Abbiamo colpito la palla tutti e due. Io l’ho toccata leggermente prima e ho fatto gol, ma l’importante è che sia entrata e che abbiamo conquistato una vittoria così importante”. Perché giocare di squadra è uno stile di vita.
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