Mai arrendersi. Perdonerete la banalità di due parole trite e ritrite, ma vogliamo immaginare così Roberto Occhiuzzi all’interno dello spogliatoio dell’Olbia al termine del girone d’andata rivolgendosi ai “suoi ragazzi”. Con due sole vittorie dopo 19 giornate di campionato, il destino della squadra sarda sembra essere segnato. Poi la svolta. La rinascita. Un nuovo inizio.
“Questa salvezza mi rende orgoglioso”, aveva detto l’allenatore quando anche la matematica, oltre che il campo, aveva premiato il suo lavoro. E come dargli torto. Un girone di ritorno da media playoff. Sette vittorie, 26 punti conquistati e un cammino che, giornata dopo giornata, ha portato l’Olbia a raggiungere un traguardo, quello della salvezza, che solo pochi mesi prima sembrava inarrivabile. Merito della squadra vero, ma anche chi siede in panchina ( sedeva, pardon ) ha avuto ragione. Il motivo? Spiegato dai numeri. Quelli tattici, che raccontano di un Occhiuzzi in grado di saper leggere i momenti della stagione. Senza mai abbandonare il marchio di fabbrica della difesa a tre ma sapendo, in base all’avversario, come sistemare centrocampo e attacco…e i risultati si sono visti. E poi ci sono i pregi di un allenatore in grado di creare con il gruppo squadra un rapporto di empatia mai messo in discussione, anche quando nel girone d’andata i motivi per gioire erano pochi. La società? Un plauso va fatto anche a loro. Alzi la mano chi crede che, nel calcio moderno, sia “normale” ( per la poca pazienza ) continuare in panchina con lo stesso allenatore dopo 19 giornate in cui la squadra ha perso in otto occasioni. Dura vero alzare anche solo un dito? L’Olbia l’ha fatto. Ci ha creduto, ha sperato. E alla fine ha avuto ragione. Come ha avuto ragione anche lo stesso Occhiuzzi. Deciso a voler raggiungere l’obiettivo, qualunque sia la piazza. Esempio? A Cosenza, quando due anni fa raggiunse una salvezza che ancora oggi definiscono miracolosa, ne fu l’artefice indiscusso. Lui, sulla panchina della squadra della sua città. Occhiuzzi è così. La passione prima di tutto, poi si pensa ai contratti. Anzi, nemmeno a quelli. Da calciatore, e questo serve a far capire anche l’uomo prima che il professionista, stracciò un pre-contratto già firmato con la Ternana per rispondere presente alla chiamata del “suo” Cosenza (dove aveva già giocato anche in B) in Serie D e proprio in rossoblù ha iniziato la sua carriera da allenatore ( CLICCA QUI PER LEGGERE LA SUA STORIA ).
E poi ci sono i singoli. Perché la seconda parte di stagione dell’Olbia non può essere frutto del caso. Se nel girone d’andata bisognava conoscersi ( Occhiuzzi è arrivato in Sardegna a giugno ), in quello di ritorno l’obiettivo era mettere a frutto gli insegnamenti dell’ex Cosenza. Ecco allora che a caricarsi sulle spalle una squadra intera sono loro. Chiamateli pure senatori, anche se a noi non piace etichettare. Da Ragatzu, autore di 19 reti e che per Occhiuzzi è sempre stato “un piacere per gli occhi vederlo giocare” a Dessena che, dopo averle viste tutte in carriera ( ma davvero tutte ), ha deciso che Olbia doveva essere una ulteriore tappa da vivere. Da scoprire. E poi Emerson, all’anagrafe calcistica difensore e che alla voce “assist forniti” risulta essere quello più decisivo al termine della stagione (8). Giusto per citarne qualcuno. In una squadra la cui età media non supera i 25 anni, l’esperienza di pochi giocatori ha fatto la differenza. Al termine della sua avventura in Sardegna, Occhiuzzi porta a casa la salvezza ( con un turno d’anticipo ) grazie a 9 vittorie, 14 pareggi e 15 sconfitte.
Entusiasmo, paura, gioia è quanto la stagione dell’Olbia ha “regalato” ai propri tifosi. Ma la forza del gruppo, unita alla capacità di Occhiuzzi di tirare fuori il meglio dai suoi ragazzi, ha portato al mantenimento della categoria. E forse, raggiungere l’obiettivo quando tutti ( o quasi ) ti danno per spacciato, deve essere ancora più bello….
A cura di Carmine Rossi
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