Tra le realtà più importanti di Serie C c’è sicuramente il Padova. Un club dall’incredibile valore storico, capace di ottenere sempre risultati importanti in questa categoria – e non solo. Non c’è da sorprendersi, quindi, che a ricoprire uno dei ruoli più significativi della società ci sia una donna come Alessandra Bianchi, amministratrice delegata del club veneto nonchè nel consiglio direttivo della Lega Pro.
Nella diretta Facebook con Gianluca Di Marzio, Alessandra Bianchi ha raccontato il suo ruolo e quello delle donne in Lega Pro. “Arrivo da ultima perchè tante colleghe mi hanno preceduto. E’ il mio terzo anno come ad, prima facevo tutt’altro nel mondo della finanza. Poi il Presidente Ghirelli mi ha offerto la proposta del Direttivo e l’ho accettata con entusiasmo. C’è tanto lavoro da fare su tanti fronti: visibilità, sostenibilità e attrattività. Non devi solo coordinare, devi metterci del tuo. A me capita ogni tanto di controllare se i seggiolini sono puliti prima della partita, o parlare delle infrastrutture del Padova”.
Non è tutto rose e fiori, ma con i risultati tutto si sistema. “Vengo da un settore in cui la presenza femminile è sempre stata nutrita, qui lo è di meno ma non mi faccio problematiche e non me le sono fatte ad inserirmi. Ho trovato un po’ di diffidenza che però poi passa appena fai vedere di avere voglia di lavorare”.
E la domanda sorge spontanea: qual è il valore aggiunto delle donne nel calcio? “Abbiamo una angolatura diversa, sia nell’approccio che nella valutazione. Facciamo vedere le cose da una prospettiva diversa. Questa è stata la base che mi ha portato a pensare al cambio di guida sportiva e tecnica: stavamo facendo bene ma non abbastanza per affrontare il nostro obiettivo, ovvero il salto di categoria. Dal mio punto di vista, vedevo elementi che non portavano a creare il clima giusto. Il calcio è un business fatto di persone e la chimica è fondamentale”.
Decisioni che comunque non sono state prese a cuor leggero. “Queste scelte le ho fatte in maniera molto sofferta, soprattutto sulla prima decisione del direttore sportivo. Lavoravamo fianco a fianco quasi 24 ore al giorno, ma ho valutato che fosse la decisione più corretta per il bene della società. Lo diranno i fatti, dal punto di vista umano non è stato facile, ma fa parte del mio ruolo. Ci voleva un cambio di passo e speriamo che abbiamo valutato nella maniera corretta”.
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