Chiricò ha trovato in Padova la sua città eterna. Difficile creare un legame così forte con i tifosi dopo soli sei mesi, ma Cosimo, detto ‘Mino’, aveva già lasciato il segno nella sua prima parentesi (gli ultimi sei mesi della passata stagione) tanto da essere riscattato in estate. I playoff persi in finale contro l’Alessandria erano un macigno troppo grande per abbandonare la nave. L’obiettivo dell’esterno è sempre stato quello di trovare l’ennesima promozione in carriera e sa che Padova può essere la piazza giusta.
Fino a poche giornate fa sembrava impossibile. L’arrivo di Oddo, le sette vittorie consecutive e la frenata del Sudtirol, hanno riportato entusiasmo e consapevolezza alla squadra. Chiricò ha deciso le sfide contro la Pro Vercelli prima e contro la Giana Erminio poi, e ora, a due giornate dal termine, il destino è tutto nelle mani del Padova. Una storia fatta di tanti viaggi la sua, ma sempre con la voglia di puntare in alto.
Poco più di un anno a Padova e l’impronta di Chiricò si vede. Trascinatore a suon di gol nei primi sei mesi con una promozione sfiorata e in grado di superarsi nella stagione in corso. Dieci reti in campionato sono un record in carriera per l’esterno offensivo. Attaccante ora legato anche alla maglia numero 32. Perché? Facile. Per l’amicizia con Vieri. Tutto è nato il 30 maggio scorso, quando con una tripletta schiantò il Renate nei playoff. In pullman riceve molti messaggi, fra cui quello di De Zerbi – suo allenatore a Foggia – e quello proprio di Bobo Vieri: “Ha il numero 32 e non aggiungo altro…”, scherzò quest’ultimo sui social.
I gol non sono l’arma principale nel suo ruolo, ma nelle ultime due stagioni sembra aver trovato una regolarità impressionante. Cresciuto tra i professionisti con Gautieri a Lanciano, che gli ha insegnato i trucchi del mestiere. Legati entrambi da un amore per Zeman. ‘Mino’ con il boemo non ha mai lavorato, ma chissà come si sarebbe esaltato negli schemi tattici di Zemanlandia e del suo calcio ultra offensivo. Nel frattempo l’ha studiato e osservato, il risultato sul campo ne è la dimostrazione: “Per me è un mito. Quando era a Pescara scappavo allo stadio per vederlo negli anticipi o nei posticipi di B“, rivelerà.
La carriera di Chiricò si potrebbe riassumere in una parola soltanto: promozione. L’attaccante, nativo di Brindisi, è uno specialista nel portare le squadre dalla C alla B cadetteria. Due indizi fanno una prova, ma l’esterno ne ha ben quattro che suonano come conferma. Se non è un record poco ci manca e l’obiettivo ora è la quinta sinfonia con il Padova.
Quattro promozioni con quattro maglie diverse e con la particolarità di aver vinto almeno una volta ogni girone. La prima è storia con il Lanciano tornato in B dopo 88 anni. La seconda con l’Ascoli, promosso dopo l’esclusione del Teramo. A completare il cerchio Foggia, e i festeggiamenti con Pio e Amedeo, poi Monza, dove ha avuto anche la possibilità di scendere in campo a San Siro in un’amichevole contro il Milan e sfidare Theo Hernandez. Il presente ora si chiama Padova.
Che Padova sia la sua oasi felice non lo dicono soltanto i numeri, ma anche l’amore dei tifosi nei suoi confronti. In campo mette grinta, voglia e ed esce sempre avendo dato tutto. I suoi gol decisivi contro la Pro Vercelli e la Giana Erminio hanno portato i biancorossi a meno due dalla capolista Sudtirol. Un legame reso ancor più forte con l’arrivo di Oddo. La rete e quella risposta all’allenatore dopo la vittoria contro i piementesi: “Ha detto che è finito il calcio perché ho segnato di destro? È vero (ride, ndr)”
Un leader silenzioso, poco appariscente ma in grado di trascinare compagni e tifosi. Nella cavalcata del Padova c’è tanto Chiricò. La firma dell’esterno è chiara e le dieci perle in stagione sono merce rara. Capace di esaltarsi nelle difficoltà, ha ancora in testa il sorpasso all’ultima curva dell’Alessandria nella corsa promozione ai playoff nella passata stagione. La voglia di rivalsa è tanta e Chiricò vuole completare l’opera, iniziata e ad ora ancora incompiuta. La Coppa Italia è stata vinta. Ora c’è il campionato. Restano soltanto due giornate per scrivere la storia e chissà che la firma non la possa mettere proprio ‘Mino’.
A cura di Simone Brianti
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