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Pannitteri tra gol e assist: “A Catania volevo smettere…”

19.30 del 31 agosto 2021. Orazio Pannitteri, fino a quel momento giocatore della Vis Pesaro, è fuori lista e vaga assieme al suo legale Claudio Laganà per le sale dello Sheraton Hotel. Crisi, buio: altri sei mesi buttati al vento e un’altra occasione sprecata. E’ in certi momenti, quando tutto sembra contro di te, arriva quella manna dal cielo. In questo caso per Orazio, la manna si chiama Fermana: “Ho deciso di salire a Milano, non riuscivo a stare a Pesaro con le mani in mano. Non ho nemmeno mangiato, ho solo aspettato”. La trattativa nasce qualche ora prima, ma la Vis Pesaro non vorrebbe uno scambio: “Stavo per rovinarmi un altro anno. Devo ringraziare la Fermana, il direttore, la proprietà. Mi mancava vivere lo spogliatoio”. Scambio di documenti, il tempo stringe: “Ho firmato alle 19.58, ero felicissimo. E’ stata un’emozione veramente incredibile”. Trema ancora la voce a Pannitteri, il nuovo fantasista della Fermana: 2 gol e 1 assist in questo avvio di stagione per il classe 1999.

Catania e le voglia di smettere di giocare a calcio

Per un giovane ragazzo siciliano le giovanili del Catania sono un sogno: “Sono arrivato lì quando avevo 9 anni. Ho fatto lì tutta la trafila”. Un sogno, ma qualcosa che non va c’è sempre: “Vedevo sempre i miei compagni andare in prima squadra ad allenarsi, ma io non venivo mai chiamato. Magari sarà stato per la statura. Vedevo ragazzi che ora giocano in serie inferiori o addirittura non giocano più”. E a quest’età queste delusioni spesso sfociano in scelte azzardate dettate dalla rabbia: “Avevo smesso di giocare, non andavo ad allenarmi. Non giocavo mai, ho deciso di concentrarmi sulla scuola. L’anno dopo poi, mio padre, mi ha convinto a ritornare. Davo tutto, ma non venivo premiato”. Ragazzo d’oro con valori antichi, così ce lo raccontano gli addetti ai lavori Orazio Pannitteri, il giovane ragazzo che si ispira a Messi e sogna di diventare più forte di suo padre Ciccio, grande attaccante ora direttore sportivo del Paternò in Serie D.

La Serie D e la gavetta

La prima esperienza lontano da casa arriva con l’Acireale nel 2017, 29 presenze e 2 gol messi lì come bagaglio per il futuro. L’anno dopo ancora girone I, stavolta in Calabria, a Locri: “Mi è servita tanto questa gavetta. Il primo anno mi è servito a capire il campionato. Nel secondo invece ho fatto la differenza”. In fiducia Orazio, in maglia amaranto le reti sono 3 ma il dato che fa impressione sono gli assist spazzati ai compagni: ben 8. In lui si inizia a vedere qualcosa di importante: “Ai più giovani consiglio sempre una Serie D piuttosto che una primavera. Lì davvero inizi a capire il significato dei tre punti. E’ un’esperienza veramente importante. Rifarei tutto”. Partito dal basso per arrivare in alto, ipse dixit: MAI MOLLARE.

Il rapporto col padre e l’amore per il calcio

Orazio Pannitteri, il figlio di Ciccio. Un paragone un po’ pesante, ma l’amore per il pallone nasce proprio da questo rapporto: “Abbiamo dei campi giù in Sicilia. La prima volta che mi ci portò avevo un pallone di Topolino, mi disse di lasciarlo a casa perché lì ce ne sarebbero stati tantissimi”. Per un ragazzo che gioca a calcio, l’approvazione del padre calciatore è tutto ciò che ci si aspetta: “Lui è stato sempre di poche parole, mi ha sempre seguito da dietro. Non mi esalta e non mi butta giù”. Poi il racconto da brividi, frutto della genuinità e dell’amore che solo un figlio per un padre può dare: “Quest’anno per la prima volta ha visto un mio gol nei professionisti dal vivo. Gli ho fatto un cuore dal campo. Viviamo entrambi di calcio, H24”. Ma guai ad esaltarsi, sempre piedi per terra: “La prima partita che ho fatto gol non mi ha chiamato (ride, ndr). Mi ha chiamato mia madre, lui ha detto solo un “bravo” in lontananza”.  Poi la chiosa finale: “Ha detto a mio nonno materno che un giorno sarò un grande giocatore e io sono pronto a fare di tutto per dimostrarglielo”.  Cuore grande e voglia di arrivare: Orazio Pannitteri, non chiamatelo più ‘il figlio di Ciccio’.

A cura di Francesco Marra Cutrupi.

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